Monotonia

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Dopo ľ accaduto alla biblioteca io e Marshall ci ignoravamo.
Lui cercava di parlarmi, ma io lo fulminavo con lo sguardo e lo evitavo.
Stupida, credevo veramente di poter diventare amica di un tipo simile? MAI.
Non andavo neanche piú al circolo del calcio e non ascoltavo le canzoni della loro band.
Passavo il tempo solo con Livy, Zelda e altre amiche.
Frequentavo il circolo di karate e battevo tutti.
Dopotutto ero la migliore.
Peró le giornate mi parevano tutte uguali e monotone.
Volevo tornare a casa.

Zelda:
Oggi dovevo uscire con Max.
Cioé veramente ľ avevo costretto.
Mi misi un vestito rosa antico, calze bianche, un golfino bianco e scarpette rosa pallido.
Ormai eravamo a Marzo.
Il sole splendeva e si incominciavano a vedere comparire I fiori.
Passai per il salotto.
Vidi Helen.
Era ancora in pigiama, aveva un volto stanco e aveva saltato il pranzo.
Non la riconoscevo piú dopo la sfuriata che aveva avuto con Marshall.
Diceva che era nostalgia di casa.
Come no.
Salutai Helen e uscii.
Andai verso il dormitorio maschile.
Salii al terzo piano e suonai.
Mi aprí Justin.
«Ciao Zelda!» mi sorrise «Entra pure» lo ringraziai ed entrai.
Mi sedetti in salotto e aspettai Max.
«E-ehm....scusa Justin sai dirmi dove é Marshall?» li chiesi timidamente.
«Mha, stá sempre in giro e torna la sera tardissimo. Non so dove vada di preciso...» rispose lui .
Mi nacque un pensiero in testa.
Mi ricordai di Merl che voleva che il fratello rientrasse in organizzazione.
Marshall in questo momento era vulnerabile.......e se il suo siglillo si rompesse? O cavolo! Dovevo trovarlo e parlargli.
Mi alzai di scatto:«G-grazie per ľ informazione....scusami diresti a Max di rimandare?».
«Va bene...ma che succ..» non fece in tempo di finire la frase che uscii di casa correndo.
Dovevo trovarlo.
Corsi il piú velocemente possibile alľ Accademia.
Chiesi in giro di lui ma nulla.
Girai diversi posti della cittá ma ancora nulla.
A un certo punto arrivai in un quartiere poco frequentato.
Camminai ancora finché non arrivai nella zona peggiore della cittá.
Rabbrividii.
Mi incamminai.
«Hei bambina che ci fai in giro tutta sola?» mi chiese un uomo inquietante.
Mi aveva scambiata per una bambina a causa del mio metro e 40.
Mi scattó ľ istinto omicida e tirai fuori un coltello.
Feci un sorriso e dissi:«Stammi lontano o ti scuoio come un maiale. Cerco una persona Marshall Dixon. L hai mai sentito?» ľ uomo si spaventó e mi disse che ľ aveva sentito nominare lí in giro.
Lo ringraziai e proseguii.
Imboccai un vicolo dove ć era un locale.
Alľ entrata era zeppo di biker.
Entrai nel locale timidamente, e tutti I signori ridevano al mio passaggio.
«Che fai bambina la mammina oggi non ti ha portata a casa?» sentii ridacchiare da un tizio.
Io deglutii e passai avanti.
Alla fine lo vidi.
Era seduto a un tavolo da solo.
Doveva aver bevuto parecchio.
Corsi da lui.
«M-marshall....» lo chiamai.
Ma non mi sentí a causa della musica alta.
Lo richiamai piú forte.
Lui si giró.
«Zelda? Ma che cacchio ci fai qui?» mi chiese stupito.
«S-sono venuta per riportarti a casa....» risposi timidamente.
Lui scoppió in una sonora risata e poi aggiunse:«Dai é meglio che torni a casa dalle tue amiche».
Io lo guardai storto e lo rimproverai:«N-non dire cose simili torna a casa con I tuoi amici...Helen..» a sentire quel nome Marshall sussultó.
«Chiudi il becco. Non voglio piú sentirla nominare» ribatté freddamente.
Rabbrividii.
Era cambiato.
A un certo punto dalľ ingresso comparve un tipo.
Era alto e vestito di nero con il cappuccio che li copriva il volto.
Sentii il mio petto congelare.
Era lui, Merl.
«Chi abbiamo qui fratellino?» chiese scrutandomi con I suoi occhi di ghiaccio.
«Nessuno Merl....una bambina che si é persa» rispose lui.
«Ne sei sicuro? Sai, io lo so chi é lei.....ľ ho giá vista» disse con tono secco «Non é mica la pazza?» ghignó fastidiosamente.
Qualcosa scattó dentro di me.
«Come hai detto?» chiesi.
Lui mi guardó.
Il mio volto aveva cambiato espressione e un sorriso inquietante aveva preso il suo posto.
Sorrise mostrando I suoi canini.
«Mi fai venire sete.....» sussurró.
«Non....azzardarti a toccarla» lo intimó Marshall.
Merl mi afferró per il braccio, io scivolai e sbattei la testa.
Sentivo un dolore acuto.
A un certo punto mi sentii come nel vuoto.
Sgranai gli occhi, guardai sopra di me.
Tutto era Immobile. Guardai verso la porta, ć era Kuro.
Il suo occhio ď oro scintillava, stava bloccando il tempo.
Camminó verso di me e mi aiutó a rialzarmi.
«Chiunque tocchi la mia nee-chan, deve morire...» disse.
Mi mise a sedere, in un nanosecondo colpí Merl e sbloccó il tempo.
Il vampiro si ritrovó scaraventato contro il muro.
Merl si mise a ridere:
«E dunque chi saresti tu nanerottolo?»
E Kuro:«Perdi il tempo in chiacchiere? Non sai che é prezioso?» il suo occhio blu scintilló e improvvisamente il tempo inizió ad andare veloce come un turbine.
Il vampiro si prese vere e proprie mazzate da Kuro.
Era ormai a terra.
«Questa volta ti é andata bene gatto. Non montarti la testa peró, ho capito come funzioni» poi si giró verso Marshall:« Ah fratellino! Salutami Helen ok?» disse con un sorriso ironico.
Scomparve.
«Bastardo.....» sussurró Marshall.

«NIII-CHAAAAN!!!» gridai dalla felicitá.
Lo strinsi forte fra le braccia.
Notai che giró per un momento la testa di scatto.....Ma....era rosso in viso? Nha.....
Poi mi guardó e disse:«Nee-chan NON FARE MAI PIÚ COSE SIMILI!!!» io annuii e mi strinsi a lui:«Promesso promesso» sorrisi.
Inizió ad accarezzarmi le orecchie.
«Ragazzi.....» ci interruppe Marshall «Scusate se ho causato problemi».
«Sei un peso hai messo mia sorella in pericolo. Peró ti consiglio di tornare a casa. Lei ti stá aspettando» sbuffó Kuro con indifferenza.
Marshall sorrise e corse via.

Marshall:
Corsi a perdifiato verso casa.
Arrivai al dormitorio femminile e iniziai a correre sú per le scale.
Non so perché correvo, potevo fluttuare ma non volevo.
Era come se il mio cuore stesse battendo per la prima volta.
Mentre correvo, quasi non investii la responsabile del dormitorio.
Sentivo dei rimproveri, ma erano lontani, sentivo solo la sua risata, e vedevo solo I suoi occhi verdi, volevo vedere Helen.
Erano mesi che mi ignorava, ora non ne potevo piú.
Spalancai la porta del suo appartamento.
Finalmente la vidi.
Era seduta sul tavolo della cucina, filtrava pochissima luce, la vedevo piú stanca e debole, era pallida e I suoi occhi spenti.
Mi guardó:«Ah....sei qui» e io:«si».
Poi ci fu il silenzio.
Lei non mi guardava in faccia, io cercavo di rividere la Helen di sempre.
Mi incamminai verso di lei, li appoggiai una mano sulla testa, e poi ruppi il silenzio:«Scusa» mi limitai a dire.
Ci guardammo negli occhi.
Lei si alzó in piedi e mi tiró un ceffone, finii a terra.
Lei disse:«Questo é perché ci hai messo tanto» poi si sedette accanto a me.
Io mi massaggiavo la guancia, cacchio che dolore quella era una belva.
Mi tolse la mano, e mi tiró la guancia.
«Sei solo un coglione» sbuffó «Comunque ti odio ancora piú di prima tsk».
Le poggiai la mia fronte sulla sua, lei arrossí.
Eccola.
Sorrisi:«Meno male».
Lei sbuffó e si giró dalľ altra parte:«Ora vai via».
Mi alzai e me ne andai.
Finalmente era primavera.

Helen:
Appena uscí, mi affacciai alla finestra.
Mi stiracchiai e respirai a pieni polmoni ľ aria fresca della sera.
Ć erano I colori del tramonto in cielo.
Mi girai verso un albero fiorito.
Sospirai.
Finalmente era iniziata la primavera anche per me.

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