10-Fuga

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CAPITOLO X

Will si sentì toccare la fronte diverse volte, ma riuscì ad aprire gli occhi solo dopo qualche secondo.
Un uomo stava parlando, sembrava un medico dal tono professionale.
Si guardò intorno e non vide la camera di un ospedale o dei camici bianchi, ma solo una stanza elegante con mobili di fine ottocento. Una donna parlava con l'uomo, sembravano essere vecchi amici.
Alzandosi dal divano sentì una fitta alla tempia che pulsava dolorosamente.
Quando smise di pensare al dolore, iniziò a pensare a ciò che stava facendo prima di ritrovarsi in quel salotto. Stava raccogliendo un cellulare viola davanti al cancello della famiglia Branagh. In quel momento capì. Si girò verso la donna e ne riconobbe i tratti, era Lindsay, la moglie di Kenneth, era in casa sua, per di più con l'aspetto di Thomas.
Si chiese se l'avessero già smascherato.
"Tom, come ti senti?", no, non l'avevano ancora scoperto.
Mantenne la voce bassa e rauca come aveva fatto con Kenneth in prigione: "Bene, credo... Cos'è successo?"
"Il giardiniere ha visto che un uomo ti stava aggredendo ed è corso ad aiutarti.", spiegò la donna.
"Chi è stato?", aveva bisogno di saperlo.
"Non lo sappiamo, era coperto da una sciarpa ed è scappato via quasi subito."
Will si ricordò del cellulare e iniziò a cercarlo tastando tutte le tasche.
"Avevo un cellulare viola con me! L'avete visto?", il tono speranzoso.
"Non abbiamo trovato nulla fuori dal cancello, forse, ti è stato rubato."
Era probabile, sicuramente era stato l'assassino di Luke e Benedict.
"Comunque è stata avvertita la polizia, verranno qui per il verbale. Ora mettiti seduto. Ti faccio portare una tazza di thè caldo, ti farà bene. Voglio presentarti il dottor Steel, un caro amico di famiglia, ha detto che la tua ferita alla testa non è grave."
Ringrazio l'uomo, ma l'idea di parlare con la polizia proprio non gli piaceva. Con quell'aspetto poi, era da evitare.
Il campanello suonò, non erano i giornalisti fermi davanti al cancello, ma la polizia.
"Strano, sono già qui?", domandò la donna senza aspettarsi risposta. Will si innervosì: "Posso usare il bagno?"
Doveva essere sicuro che il suo aspetto fosse passabile. La polizia sarebbe stata più minuziosa di quanto lo erano state le guardie e l'avvocato in carcere, forse, avrebbero controllato la ferita alla testa coperta da un semplice cerotto. Con il dottore era stato fortunato; aveva prestato più attenzione alla ferita recente e non al trucco di Wanda.
Salì di sopra, sperando di trovare la porta del bagno, Thomas l'avrebbe trovata visto che sicuramente conosceva la casa.
La trovò quasi subito. Il fiuto da detective non l'aveva abbandonato del tutto.
Si fermò a guardarsi allo specchio, le due piccole protesi simili a cicatrici non si erano staccate. Il trucco che imitava le ferite recenti non si era ancora sciolto, per sua fortuna era autunno e l'aria fresca non permetteva al sudore di lavare via i finti lividi dell'esplosione.
Uscì dal bagno, sperando di liberarsi presto dei poliziotti ed andare da Thomas.
Sulle scale iniziò a sentire la voce della donna rotta dal pianto e dei poliziotti, l'amico medico si teneva in disparte.
"Signora Branagh, lo sò che è difficile... Deve capire... La morte di Kenneth... Avvelenato... Prigione..."
Sentiva solo dei pezzi della conversazione per via della porta semi-chiusa che attutiva le voci, ma ne aveva afferrato il senso. Kenneth era stato avvelenato in prigione e lui era il penultimo ad averlo visto. Anzì era Thomas ad averlo visto.
"Signora... Ha sentito Thomas Hiddleston...?", domandò uno degli agenti.
"A dire la verità... Sopra...", rispose singhiozzando.
Le cose si stavano mettendo male.
Cercò di capire quale fosse la via di fuga più rapida. Non poteva farsi fermare con quell'aspetto, anche se avesse dichiarato di essere un agente, ci sarebbero volute ore prima che qualcuno riuscisse a identificarlo. Il suo distintivo l'aveva Thomas e il porto d'armi era in auto con la pistola, dove li aveva lasciati prima di entrare in carcere.
Doveva correre da Thomas, se il killer era arrivato a Kenneth, nessuno era al sicuro.
Si lanciò verso il portone d'ingresso, lo spalancò convinto che bastasse arrivare alla cinta muraria e scavalcarla, ma si trovò di fronte un poliziotto che piantonava l'entrata.
Lui lo riconobbe e fece per afferrarlo, Will gli sbattè il portone in faccia facendo un tale fracasso che tutti sentirono.
Alla sua destra vide un pannello con il citofono e dei comandi. I comandi dei due cancelli, li schiacciò entrambi e corse di sopra, mentre i poliziotti stavano per avvicinarsi.
Fece i gradini due a due e puntò verso il bagno. Era l'unica stanza che conosceva e sapeva di potersi chiudere a chiave. I poliziotti erano più vicini. Fece in tempo a chiudersi e spalancò la finestra.
Sulla destra c'era un terrazzo, riuscì a salire su un sottile cornicione dall'aria instabile. Lo percorse, ma si sentì cadere. Afferrò appena in tempo il parapetto del terrazzo e si issò sopra.
L'attraversò correndo, fino a raggiungere un groviglio di piante rampicanti sostenute da una struttura di legno. La usò come scala per scendere e si ritrovò vicino all'entrata.
Il poliziotto rimasto fuori lo vide e lo rincorse.
Will scelse di correre verso il cancello principale, che si era aperto, e verso i giornalisti. Fino a quel momento non avevano superato il limite della proprietà, ma quando viderò tutta quella confusione, riconobbero Thomas e gli corserò incontro.
Lui inseguito dalla polizia, aspettò fino all'ultimo prima di fare una svolta a destra evitando un cameraman che colpì con la sua telecamera il poliziotto distratto dalla sua improvvisa svolta.
Saltò con agilità un cespuglio. Evitò due alberi con rami troppo bassi, aveva buoni riflessi, il terzo però lo colpì con la spalla sinistra a causa dell'erba scivolosa.
Il dolore gli tolse il fiato, strinse i denti e riuscì ad arrivare alla cinta muraria che in quel punto era più bassa all'interno e molto alta all'esterno.
Uno dei poliziotti lo stava inseguendo, l'altro era diretto al cancello secondario, pensando di vederlo correre verso una delle due vie d'uscita, troppo lente a richiudersi, mentre il terzo poliziotto era a terra per via dello scontro con la telecamera.
I giornalisti si erano bloccati, incapaci di capire cosa stesse accadendo.
Will balzò sul muro, urlando per il dolore alla spalla. Sotto di lui un salto di quattro metri sull'asfalto. Più in là, vide un furgone della televisione fermo, decise di raggiungerlo.
Come un gatto percorse qualche metro in bilico sul muro, mentre il poliziotto faceva grandi salti nel tentativo d'afferrargli una gamba. Quando ci riuscì, Will era già arrivato al di sopra del furgone e si era lasciato cadere verso l'esterno, sentendo il poliziotto mollare la presa.
Il furgone attutì la caduta, però non la fermò e Will rotolò sul parabrezza per poi schiantarsi sull'asfalto sulla spalla già malconcia, avvertendo un dolore lancinante.
I poliziotti nel tentativo di fermarlo, si erano chiusi all'interno e ora i cancelli tardavano a riaprirsi.
Will corse verso la sua auto a pochi passi e partì a razzo, impedendo agli agenti di vedere in tempo la targa.
Will, per stare più tranquillo, abbandonò l'auto.
Perse una decina di minuti nel cercare la sua pistola all'interno del veicolo, trovando solo il porto d'armi.
Qualcuno l'aveva presa e la cosa lo fece infuriare e imbarazzare allo stesso tempo.
Fermò un taxi, sperando di non essere visto dalla polizia.
Doveva andare da Thomas in albergo per spiegargli tutto, prima che le cose peggiorassero. C'era molto che non gli aveva detto e prima che lo facesse qualcun altro, doveva chiarire tutta la faccenda, ne sentiva la necessità.
Quando arrivò nella camera d'albergo non trovò Thomas, ciò lo spaventò a morte. Temeva che gli fosse successo qualcosa di brutto.
Accese la luce in cerca d'indizi di lotta e vidè un biglietto sullo specchio della camera.
Un solo nome: "Sif".
Will imprecò in irlandese.
Le cose si erano già complicate.

Tom Hiddleston - OSSESSIONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora