Prologo

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Il latrato del Dulsca riecheggiò nella notte. Everen, nel cielo privo di stelle, si palesava sbiadito per via delle minacciose e grigie nubi che avevano riempito quella giornata. O almeno fu quello che pensò Lynn quando alzò gli occhi dopo aver cercato invano una luce nell'oscurità.

Cosa le diceva suo padre quando era una bambina? Che, nel luogo da cui proveniva la sua famiglia, c'era un Everen che veniva chiamato luna. A lei piaceva ascoltarlo mentre le raccontava storie sulla Terra: le piaceva così tanto che, a distanza di tutti quegli anni, se le ricordava ancora. Aveva sempre considerato Flesra come il posto in cui non sarebbe voluta nascere, e forse era per questo che la Terra esercitava un fascino irripetibile su di lei.

Si appoggiò a un albero. Inspirò ed espirò, poi lo fece di nuovo, e infine si toccò il fianco sofferente. Il Dulsca le aveva lasciato una grossa ferita: Lynn sentiva il sangue che continuava a fluire al di fuori di essa. Prese una fascia dalla borsa che teneva a tracolla. Controllò che fosse abbastanza lunga da avvolgerle per due volte la vita, e quando notò che lo era, fece un sospiro di sollievo. Dunque si fasciò e in seguito riprese a camminare.

Il buio sovraneggiava. Piccoli luccichii si potevano vedere quando il pallido e disturbato chiarore di Everen colpiva i famelici occhi degli animali che popolavano la foresta. Lynn zoppicava. Ogni volta che il dolore si impossessava di lei, serrava la mascella e digrignava i denti nella speranza che qualcosa cambiasse.

Lo sbattere di poderose ali si manifestò non troppo lontano da dove si trovava lei. Lynn deglutì. Arrancò fino alla corteccia di un albero. Riprese fiato e si nascose dietro il tronco, sperando che il mostro vedesse solo il sentiero che lei stava percorrendo e nient'altro. Pensò a cosa fare se la l'avesse scovata. Perché non aveva ancora trovato l'edificio in rovina in cui aveva lasciato Balmen? Era passato un anno da quando se n'era andata per seguire la crociata di coloro che, prima di rinnegarla, erano stati i suoi maestri. Eppure Lynn era sempre stata sicura che Balmen avrebbe tenuto fede alla promessa che le aveva fatto.

«Rimarrò qua» aveva detto. «Prometto che nulla mi distrarrà dal mio compito.»

Quando era andata via, lui stava finalmente crescendo. Ultimamente stava diventando un bel ragazzo, anche se aveva iniziato a maturare con molto ritardo. Chissà come era adesso. Dopotutto, tra loro c'erano appena cinque anni di differenza.

Qualcosa ringhiò. Lynn rabbrividì nell'udire l'erba che frusciava sotto i giganteschi piedi del Dulsca. Poi ci fu silenzio. Un volatile starnazzò e si librò in volo uscendo dalla chioma dell'albero sotto cui stava Lynn. Una mano munita di lunghi e affilati artigli sfregiò adagio la corteccia, quasi sapesse che c'era qualcosa lì dietro. Era la mano del Dulsca. La pelle grigio chiaro, così liscia da far invidia a ogni bambino, pareva quasi nera. Gli aneliti della creatura cominciarono a farsi strada nella mente di Lynn, che li usò per scandire gli attimi che trascorrevano. Uno, due, tre. Il Dulsca si fermò e si girò. Uno, due, tre. Lynn si sporse: sembrava che stesse abbandonando la ricerca. Uno, due, tre. Ritornò dietro e chiuse gli occhi, tentando di concentrarsi sull'immagine di Jake. Da quando era morto, si era ripromessa di non dimenticarsi né il suo viso né la sua voce.

Un mutismo opprimente si sostituì ai cadenzati respiri dell'essere. Lynn sperò che se ne fosse andato. Uno, due, tre. Eccoli di nuovo. Si voltò lentamente: le gialle iridi del Dulsca la stavano fissando.

Scattò in piedi ignorando i tormenti che le recava il fianco. Estrasse la spada dal semplice fodero posto sull'anca sinistra. «Karkalha, Dulsca!» esclamò. «Karkalha

Gli puntò l'arma. Il mostro latrò e una nauseante e impetuosa alitata si abbatté su Lynn, che percepì un conato di vomito inacidirle la gola. Il Dulsca prese a smuovere le immense ali ornate da spuntoni acuminati. Lei agitò la lama e lo guardò nelle piccole pupille in mezzo a un oceano di una vivida luminescenza. Poi vide qualcosa. Una luce bianca era apparsa dietro il mostro, che si era bloccato come se un gigante lo avesse occluso in una morsa ineludibile. La creatura rimase immobile per qualche istante, prima di iniziare a oscillare. Allora sembrò riprendersi.

Cosa stava succedendo? Lynn non fece in tempo a darsi una risposta, che un accecante bagliore bianco inondò tutto il paesaggio circostante.

Si addormentò con un pensiero. Jake stava tenendo in mano quell'oggetto che aveva definito imprescindibile. Stava dicendo: «Se proprio dovesse succedere, questo finirebbe nelle mani di qualcuno che lo potrà dominare. Deve essere così, Lynn. Dopotutto, me l'hai detto tu: le tenebre tornano sempre ma non vincono mai.»

Dark DawnWhere stories live. Discover now