Capitolo XXIII

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Il viaggio fu lungo e stancante. Soprattutto, però, fu noioso. Non accadde niente e non si parlò di niente, e ciò fece cadere Nathair in una grande depressione. Il carro si muoveva troppo lentamente: non poteva accogliere tutti e quindi doveva stare al passo di coloro che continuavano il tragitto a piedi. Solo a un giorno dall'ingresso nella terra che dovevano raggiungere i due sventurati ebbero la brillante idea di rubare due cavalli a uno sconosciuto per proseguire all'andatura richiesta, ma ovviamente anticiparono di poco l'arrivo, e Nathair si chiese svariate volte perché non ci avessero pensato prima.

Ciò che gli piacque, invece, furono i paesaggi che scorse. I picchi innevati sopra i banchi di nebbia, gli alti alberi millenari che crescevano nelle zone più fredde, il limpido oceano che riluceva a contatto con Uhusyan e il suo colore blu intenso, cosa rara da trovare nel suo vecchio mondo avvelenato. Guardò gli animali che giocherellavano felici e si andavano a nascondere al loro passaggio, e respirò l'aria di montagna davanti ai grandi Laghi del Nord. Poi arrivò il ghiaccio e la neve cominciò a scendere copiosa sulle loro teste, costringendoli a indossare dei mantelli che avevano comprato durante una sosta in un paesino di campagna. Vide i manti bianchi di esseri simili a linci che correvano per le praterie sommerse dal nevischio e si andavano a infilare nelle gigantesche foreste del luogo.

«Siamo vicini a Isvatten» disse a un certo punto Goujelt.

Nathair sembrò risvegliarsi da un sogno. Stava fissando un laghetto ghiacciato alla sua destra, ma probabilmente aveva smesso di guardarlo tempo prima e si era messo a vagare con la mente. Quando l'uomo pronunciò quelle parole, Nathair si stiracchiò, si strinse meglio nel mantello e sbadigliò. «Quanto manca di preciso?» chiese infine.

«Esattamente non te lo saprei dire, ma credo che arriveremo entro dopodomani.»

Nathair sbuffò, tolse un po' di neve dal carro e si stese sul suo legno. La sensazione di bagnato non fu annullata completamente dal tessuto che indossava, ma non gli interessava. Era ancora stanco, si era svegliato da poco e sapeva già che non sarebbe riuscito a sostenere un'intera conversazione se non si fosse sdraiato.

«Sai di essere un po' vago, vero?» gli chiese Nathair. «Comunque questo lo sapevo già. Me l'ha detto Lynn prima di addormentarsi.»

Goujelt rivolse uno sguardo a Lynn, che dormiva rannicchiata in un angolo. «Veramente?»

«Sì, c'ero anch'io» disse Reck.

«Oh!» esclamò Nathair. «Buongiorno, scorbutico. Come mai oggi sei entrato di tua iniziativa in un discorso?»

«Non ci sono entrato. Ho solamente detto che era vero, così smettevate di parlare il prima possibile» replicò Reck.

«Mi dicevano che sei simpatico» proseguì Nathair.

Reck, però, non diede alcuna risposta. Si limitò a spronare verbalmente i cavalli, che aumentarono di poco il trotto. Goujelt, intanto, stava ridacchiando; la penombra creata dal cappuccio lasciava appena intravedere il sorrisetto divertito.

«Lynn mi ha detto che è fatto così» intervenne Jonah, sull'altro cavallo. «Dovremo abituarci.»

«Ma...» esordì Nathair. «Mi soddisfi una curiosità, Reck?»

«Dimmi.»

Nathair stavolta si tirò su, si mise a sedere e si girò verso Reck, accanto cui c'era Balmen, profondamente assopito. «Ma tu a cosa servi ai fini della missione?»

«Non lo so» rispose Reck.

Nei suoi movimenti non ci fu un sussulto, così come nella sua voce non ci fu alcun cambiamento.

Dark DawnWhere stories live. Discover now