- Un amore! Davvero un amore- esclamò Madame Joséphine con aria sognante. Rughe sottili le solcarono gli angoli degli occhi sbiaditi mentre sorrideva alle due giovani donne che le stavano davanti.
- Con quel vestito e i vostri sedici anni radiosi...
Paola spalancò gli occhi di fiordaliso in un'espressione ingenua. - Lo credete davvero, Madame? Sarò... La regina della festa, come si usa dire?
L'anziana sarta spalancò le braccia. - Ma come dubitarne, ma petite?
Lanciò un'occhiata interrogativa all'accompagnatrice della sua giovanissima cliente, intenta a palpare distrattamente un pezzo di velluto color del cielo notturno abbandonata in un angolo.
Lo sguardo della donna era fisso sul tessuto, ma le pupille scure che risaltavano in un contrasto quasi febbrile nel volto pallido di un ovale perfetto sembravano trapassare il velluto blu senza vederlo, perse in remote meditazioni.
- Non credete, Mademoiselle Marianna?
Lo sguardo scuro e brillante si spostò quasi pigramente dalla stoffa a Madame Joséphine. - Dicevate, signora?
- Vi chiedevo se vostra sorella...
- Oh, sì, certo. Bellissimo.
La sarta strinse le labbra. Marianna Mazzotti era forse l'unica cliente che riuscisse a comunicarle una sgradevole sensazione di disagio. Non che fosse scortese, mai, per carità. Ma la faceva sentire lo stesso una perfetta imbecille. La studiò di sottecchi. Marianna aveva solo sei anni più della sorella Paola, ma negli occhi dallo sguardo intenso, nel naso sottile e diritto, nelle labbra piene e pallide, c'era come una severa maturità in strano contrasto con la freschezza della carnagione lattea e del giovane corpo flessuoso.
Madame Joséphine ne valutò le curve con sguardo da intenditrice. Era un piacere vestire quelle proporzioni perfette. Anche la giovane signorina Paola, per la verità, era molto graziosa. Più bassa di statura e fin troppo bionda, con un incarnato appena roseo e degli splendidi occhi innocenti di un azzurro intenso.
- E per voi, Mademoiselle Marianna, niente vestiti nuovi? Che cosa indosserete alla festa? - domandò alla fine, cercando di intavolare una conversazione cordiale. Marianna sollevo le sopracciglia brune. - Vorrete farmi cosa grata, signora? - disse, per tutta risposta.
Sorpresa, la sarta si affrettò ad annuire. - Naturalmente, Mademoiselle.
Marianna fece un breve cenno d'assenso col capo.
- Poiché vi conobbi a Porta Nuova molti anni fa, quando era ancora in vita mia madre, e conobbi i vostri genitori, e sappiamo bene entrambe che non siete più francese di me, abbiate la compiacenza, ve ne prego, di chiamarmi semplicemente signorina, e non Mademoiselle. È già abbastanza duro sentire parlare in francese i francesi autentici che ci hanno invaso la città senza doverci mettere anche noi a far loro il verso.
Il tono era gentilissimo, ma ciò nonostante Madame Joséphine, alias Giuseppina Maggioni, avvampò.
- Come desiderate - riuscì a balbettare.
Paola lanciò alla sorella un'occhiata di disapprovazione. - Bene, Madame, mi garantite che per domani sera l'abito sarà pronto?
- Senza fallo. Ve lo manderò a casa nel pomeriggio.
- Grazie.
- Faccio chiamare una carrozza.
Marianna scosse la testa. - No, grazie, signora. Dobbiamo ancora fare qualche acquisto da queste parti.
- Come preferite, Mad... Signorina. Buone spese. Arrivederci.
- Arrivederci, signora.
La porta di legno decorato si chiuse silenziosamente alle spalle delle due sorelle. Marianna considerò con un sorriso ironico la targa dorata in una grafia a svolazzi: Madame Joséphine de Mai, couturière.
Prese a scendere le scale sollevando appena l'orlo dell'abito grigio da passeggio. Paola la seguì, riannodando i nastri del cappello chiaro.
- Sei insopportabile, lo sai?
Marianna voltò appena la testa, continuando a scendere.
- Perché?
- Quella scenata era proprio necessaria?
- Che scenata? Io non ho fatto scenate.
- Ah, davvero! L'hai fatta rimanere malissimo.
L'altra non si prese la briga di rispondere. Attraversarono il cortile interno tenuto con cura in mezzo al quale mormorava una fontana neoclassica nuova di zecca.
Paola prese il braccio della sorella. - Ehi, aspettami!
- Su, muovi i piedini, ma petite, siamo in ritardo - replicò Marianna, rifacendo scherzosamente il verso a Madame Joséphine.
- Non hai risposto alla mia domanda.
Marianna si fermò davanti alla fontana candida e per un momento fissò la sorella con una strana espressione, a metà tra l'amaro e il divertito.
- Non preoccuparti per Madame Joséphine. Non perderà il sonno per così poco. Lei è di quelli che sanno vivere. Fino a ieri ha avuto clienti austriache, oggi ne ha di francesi, domani chissà, come la storia e gli uomini vorranno. Sempre pronta a sorridere, col suo bel repertorio di frasi fatte: "Un amore! Etonnant! Epatant! Merveilleux!" Che si tratti di una vecchia generalessa austriaca o d'una diciottenne di Porta Comasina. Ah, no, sta' certa, non ne soffrirà.
Paola scosse la testa, rassegnata.
- Non sarai mai la cinica che fingi di essere, Marianna. Fai più male a te stessa che agli altri, col tuo sarcasmo.
- Tu cerca di essere meno ingenua, piuttosto - tagliò corto Marianna.
- Oh smettila. Questa mania di famiglia di voler mangiare un francese a pranzo e uno a cena comincia a darmi sui nervi. Tanto più che prima ce l'avevate con gli austriaci.
- Francesi, austriaci, che il diavolo se li porti! Peggio per noi che ci siamo illusi che dalla Francia potesse venire la libertà. Nessuno ci darà la libertà e l'unione, finché non ce la prenderemo con le nostre forze. Le prigioni erano piene di patrioti sotto l'Austria, e sono ancor più piene sotto la Francia!
Paola alzò le spalle. - Mi sembra di sentire papà. Be', Melas o Buonaparte, io devo comperare dei nastri nuovi per il mio cappello di paglia dell'anno passato.
- Perché, quelli vecchi che cos'hanno che non va?
- Sono tutti sciupati. Bisogna cambiarli per forza. Altrimenti domenica non potrò mettere il cappello.
- Domenica? Che cosa succede domenica?
- Succede che Enrico ci porta in gita fuori Milano.
- Ci porta? E chi lo ha deciso, di grazia?
- Be', io, naturalmente.
Erano uscite in strada. Il sole stava tramontando e mandava barbagli rossastri sulle finestre delle case di Milano. Quel tardo pomeriggio del settembre dell'anno 1800 lasciava presagire una serata mite, smussando gli spigoli degli edifici della città con i suoi chiaroscuri dorati.
- Già, tu, naturalmente - replicò Marianna polemica. - Ma io non ci verrò.
- Oh, no! Lo sai che papà non mi lascerà andare da sola...
- Tanto di guadagnato. Starai a casa a fare esercizio al pianoforte e a ripassare un po' di grammatica francese, visto che a te i francesi piacciono tanto.
Paola si fermò di colpo e batté un piede per terra, stizzita. - Lo fai apposta! Marianna, lo fai apposta!
Marianna si voltò, con negli occhi una luce d'indulgente divertimento che contrastava col tono burbero della risposta.
- Avanti, non fare storie per la strada. Lo sai bene che finirai con l'averla vinta tu; papà ti darà ragione, e io passerò la domenica ad annoiarmi a morte e a contendere la mia coscia di pollo alle formiche. Va bene così?
- Mon Dieu! Non credo ai miei occhi!
Paola si lasciò sfuggire un'esclamazione di sorpresa. Marianna si girò di scatto per vedere chi aveva parlato.
- Due angeli! Deux anges du paradis!
Due soldati francesi le stavano fissando con aperta ammirazione. Uno era basso, tarchiato, e portava i gradi di sergente. A occhio e croce, Marianna pensò che potesse avere una quarantina d'anni. Era scuro di carnagione, di occhi e di capelli, e sulle guance mal rasate spiccava una cicatrice fresca.
L'altro, quello che aveva parlato per primo, era magro e dinoccolato, con un gran ciuffo di capelli rossastri e gli occhi chiari incredibilmente strabici.
Paola arretrò istintivamente d'un passo, più sorpresa che spaventata. Marianna diede un'occhiata intorno. I rari passanti camminavano frettolosi, qualcuno le guardava di sottecchi e proseguiva per la sua strada: le uniformi dei due importuni scoraggiavano chiunque pensasse di intervenire.
Prese nella loro discussione, le due sorelle non avevano visto né sentito i soldati avvicinarsi.
- Bonsoir, mes amours - salutò cerimoniosamente Occhi Strabici.
- Bonsoir - replicò gelida Marianna - Vieni, Paola, andiamo.
- Andiamo? E dove? - domandò il sergente sorridendo, in un italiano quasi incomprensibile.
- Via, signore, fate luogo!
- Comment? - chiese Occhi Strabici, divertendosi un mondo.
Spazientita, Marianna fece un passo, ma il francese le si parò davanti. La giovane donna mosse allora un altro passo di lato, poi un altro, e Occhi Strabici, sghignazzando, la imitò ogni volta, ammiccando al sergente.
- Signore! - esplose Marianna. - Lasciateci in pace! Andatevene per la vostra strada! Allez!
- Una scorta d'onore per le belle damigelle - rise il sergente, per nulla intimidito, accostandosi a Paola che era rimasta in silenzio, un po' allarmata, a sgranare sui due soldati i suoi occhioni innocenti.
- Bella damigella bionda, io ero a Marengo con Buonaparte. Vi abbiamo liberati, sì? Via l'Austria, viva la Francia! Siate gentile con i liberatori! Datemi il braccio e gridate con me: "Vive la France!"
E allungò una mano verso Paola.
Marianna fu lesta a spingerla fuori tiro e ad affrontare il sergente.
- Adesso mi hai seccata, eroe di Marengo. Va' via o chiamo gente, capito? Compris?
- Non sarà necessario, Mademoiselle.
Paola si voltò per prima. Dalla via laterale già buia era sbucato un uomo. Portava l'uniforme di ufficiale francese, ma il suo italiano era pressoché perfetto. Marianna lo fissò e arretrò d'un passo. Un alleato? O un nemico in più?
L'uomo parve capire la sua esitazione. Adesso non era più in ombra e Marianna poteva distinguerne bene le fattezze.
Era alto e snello, e la divisa ben tagliata modellava le spalle solide e i fianchi sottili. I bottoni e le spalline brillavano appena nel sole morente. Teneva una mano appoggiata all'elsa della spada. Nel volto pallido, magro, dal naso imponente e la bocca dura, brillavano i più begli occhi verdi che Marianna avesse mai visto: le iridi color del mare profondo erano ombreggiate da ciglia nere come i capelli, così lunghe e così ricurve da far invidia a una fanciulla.
Quell'uomo con gli occhi così belli non può essere un nemico, le disse il cuore. Quell'uomo è un ufficiale francese, attenta! Le disse la mente.
- Sono spiacente per l'accaduto - continuò l'ufficiale. Poi si rivolese ai due soldati, irrigiditi sull'attenti. Parlò in francese, così rapidamente che Marianna non capì. Ma capirono i due soldati, che balbettarono qualcosa di simile a un nome e un reggimento e se la diedero a gambe con la maggior dignità possibile in quel frangente.
Quando si furono allontanati, seguiti dallo sguardo gelido del loro superiore, quest'ultimo accennò un inchino.
- Le mie scuse più sentite, signorine. Sono il capitano René Saurrois. Avete la mia parola che quei due saranno puniti.
Marianna annuì. - Sono Marianna Mazzotti. Mia sorella Paola...
Il capitano s'inchinò di nuovo. - È proprio il caso di dire... Enchanté.
Marianna gli lanciò un occhiata ostile. Francesi! Aveva mandato via i suoi subordinati per avere campo libero, il vigliacco!
- Si è fatto tardi, dobbiamo andare. Buonasera.
E si avviò a passo deciso.
Paola fissò Saurrois, poi Marianna.
- Ma, dico! Marianna! Almeno il tempo di ringraziare!
Saurrois la guardava, un po' sorpreso. Marianna lanciò un'occhiata di rimprovero alla sorella. All'improvviso, sentiva che doveva assolutamente andarsene. Non sopportava lo sguardo attento di quegli incredibili occhi verdi.
- Se mia sorella ha dimenticato le buone maniere, io me le ricordo ancora. Vi siamo grate, capitano. Saremo liete se verrete a trovarci, qualche volta...
- Paola!
- Mia sorella vuol dire che sono sfacciata - proseguì Paola, imperterrita. - Ma non è vero. Sono solo sincera.
Gli disse l'indirizzo e, con un gesto tenero e goffo al tempo stesso, gli porse la mano.
Sorridendo, Saurrois si piegò in un inchino impeccabile, prese la manina guantata di Paola e vi posò un bacio castissimo.
- Grazie, signorina Paola. Sarà un onore.
Vedendo le labbra del francese posarsi sul guanto bianco della sorella, Marianna avvertì per una frazione di secondo una fitta strana, vagamente dolorosa, che la indusse a tornare indietro di qualche passo.
Fissò il capitano a viso aperto, irritata più con se stessa che con lui.
- Non ho ritenuto di dovervi ringraziare, signore, perché non avete fatto altro che il vostro dovere.
- Marianna!
Paola era sgomentata.
Saurrois rimase impassibile. - È la verità, signorina Mazzotti. Sono perfettamente del vostro avviso.
Fermata a mezzo nel suo slancio bellicoso dall'arrendevolezza dell'ufficiale, Marianna fissò per un momento gli occhi verdi che l'avevano tanto colpita e fu certa di scorgervi un bagliore divertito. Arrossì e si morse le labbra. Si sentiva improvvisamente stupida e infantile. Per darsi un contegno, sistemò i nastri del cappello grigio perla.
- Io... Io credo che sia meglio andare.
Il capitano fece un cenno d'assenso. - Come preferite. Ma non ritenete opportuno che vi accompagni? Voglio dire...
Di fronte a questa proposta, Marianna ritrovò tutta la sua combattività. Alzò una mano per farlo tacere.
- Non c'è bisogno che aggiungiate una parola. Ho capito perfettamente. La risposta è no, grazie.
Paola le lanciò un'occhiata preoccupata.
- E se incontriamo di nuovo quei due? O qualche loro commilitone?
Marianna alzò le spalle. - Non ci serve una scorta. E soprattutto, non ci serve una scorta francese. So difendermi da sola, io.
La sorella aggrottò le sopracciglia. - Be', meglio per te. Invece io credo che se non fosse intervenuto il capitano Saurrois...
L'altra strinse le labbra, punta sul vivo, e si ostinò a negare l'evidenza. - Questo è da vedersi.
Saurrois dissimulò un sorriso. - Apprezzo la vostra sicurezza, signorina. Davvero. Ma credo sia mio dovere accompagnarvi almeno a una carrozza. Del resto... - Esitò e mosse una mano in un gesto vago, come se volesse aggiungere qualche cosa e non si decidesse a tradurre in parole il suo pensiero.
Marianna annuì. - Del resto, non posso impedirvelo. È questo che volete dire, immagino, signor capitano. - Le ultime due parole erano più sputate che pronunciate.
Il capitano la fissò. Quell'ostilità appena contenuta non lo stupiva affatto. Sapeva benissimo quali fossero i guasti della politica di rapina condotta negli ultimi tempi dalla Francia. Con la fredda imparzialità che lo induceva a riconoscere il valore anche nel peggior nemico, si ritrovò a guardare con aperta ammirazione quella giovane donna. L'indignazione le aveva arrossato un po' le guance pallide; gli occhi scuri e brillanti, che dovevano essere capaci di esprimere una grande dolcezza, sembravano intorbiditi da un rancore di lunga data. Le labbra piene erano serrate in un'espressione dura che rendeva più spigoloso l'ovale di quel volto raffaellita.
René conosceva bene il cognome Mazzotti. Umberto Mazzotti, direttore del "Monitore ambrosiano", antiaustriaco, antifrancese, democratico e patriota, doveva essere il padre delle due giovani donne che aveva davanti.
- Signorina Mazzotti, la mia presenza non vi disturberà. Non voglio certo indurvi a camminare al fianco di un francese. Starò a qualche passo di distanza. Quale che sia la vostra opinione, intendo dimostrarvi che non tutti i francesi sono come quei due individui che vi hanno importunate. Potrete accettarmi, così.
Parlava in tono pacato, quasi senza accento. Marianna notò che arrotondava lievemente le "erre" e scivolava un po' alle desinenze. Ricordò la sue voce tagliente quando si era rivolto a due subordinati. Adesso, l'intonazione era così calda, suadente, appena vibrata, che pareva un altro uomo.
Paola lo fissava affascinata. Si era piegato un po' in avanti per dare più peso alle parole, ma ciò nonostante Marianna doveva alzare la testa per guardarlo i viso. Non si aspettava tanta umiltà da un ufficiale di Buonaparte. Ma certo, doveva essere tutto calcolato. Dannato francese!
Abbassò gli occhi sulla mano che il francese continuava a tenere appoggiata sull'elsa della spada e cercò disperatamente una qualsiasi risposta elusiva che non suonasse troppo insensata.
Proprio in quel momento, nella strada ormai deserta, passò loro accanto una carrozza vuota. Marianna si voltò di scatto e agitò la mano in un convulso gesto di richiamo. Aveva le guance in fiamme.
Il cocchiere si affrettò a fermare la carrozza pochi metri più avanti. Paola sorrise al capitano, che non staccava gli occhi da Marianna. - Spero che ci rivedremo - disse con semplicità. Poi sparì nella carrozza con un agile balzo.
Saurrois si avvicinò a Marianna e s'inchinò rigidamente.
- Ecco che l'esigenza di una scorta non ha più ragion d'essere - mormorò. - Tuttavia, mi riservo di dimostrarvi in futuro quanto vi ho detto a proposito di noi francesi, signorina Marianna.
- Buonasera, capitano - rispose lei, senza guardarlo in viso. Era così impacciata che salendo in carrozza sollevò un po troppo la gonna, mostrando, al di là della scarpina nera a tacco basso, la caviglia sottile e qualche centimetro di polpaccio inguainati di bianco.
Non appena fu seduta, alzò lo sguardo imbarazzatissimo verso il capitano. La sua espressione mentre richiudeva lo sportello dall'esterno diceva chiaramente che non si era perduto lo spettacolo.
Mentre il francese faceva un passo indietro e s'irrigidiva in un ultimo saluto, Marianna si sporse e disse l'indirizzo al conducente. Quando si ritirò dal finestrino senza avere il coraggio di lasciare un'ultima occhiata a Saurrois, le parve di sentirlo esclamare un Au revoir pieno di nostalgia e di promesse.
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Marianna, mon amour
Historical FictionNell'inquieta e affascinante Milano napoleonica del 1800, Marianna, una giovane milanese bella e coraggiosa, e René, un ufficiale francese reduce da troppe battaglie, s'incontrano, si scontrano, si cercano, si perdono, s'ingannano, si sfuggono, si o...