Capitolo VII parte II

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Gli brillavano gli occhi.
Marianna sollevò le sopracciglia, perplessa. - Oh! Immagino che vi sia venuto in mente per caso.
Riva alzò le spalle. - Bene, pensavo che potesse interessarvi... Ora che il "Monitore ambrosiano" non esiste più...
- Oh! Una proposta, allora. Molto bene. Vi ascolto, tanto più... - Lo guardò di sottecchi. - Che siete venuto per questo.
L'uomo la fissò. - Diffidate di me?
Marianna scosse la testa. - Niente affatto. Siete molto prevedibile, tutto sommato.
Riva accavallò le lunghe gambe e si accomodò meglio sulla poltrona. - Non dev'essere un complimento.
- Che cos'avevate proposto a mio padre?
- Un'alleanza.
- E lui che cosa vi aveva risposto?
- Mi aveva risposto... Be', dovevamo riparlarne...
Marianna si alzò e si avvicinò al caminetto.
- Vi aveva risposto di no, Gualtiero. Via, siate sincero. Non è detto che io vi dia la stessa risposta. Molte cose sono cambiate. Mio padre non c'è più.
Gualtiero tamburellò pensiero sul bracciolo della poltrona. - Già - mormorò. - Comunque, la proposta è la seguente: la prossima settimana uscirà il primo numero d'un foglio clandestino...
- Clandestino?
- Clandestino.
- Austricante, immagino.
Riva scosse la testa. - No. Antifrancese. Ci collaboreranno ex redattori del giornale di vostro padre... Anche persone di provata fede antiaustriaca... Unitari, anarchici...
- Qualche nome?
- Chiedete troppo...
- Allora non se ne fa nulla.
Con un sospiro, Gualtiero nominò una decina di persone che Marianna conosceva.
- Mmm... Bene. Badate, non riuscirete a convincermi che resisterete alla tentazione di propagandare le vostre simpatie su quel foglio, ma non importa. Per il momento, ho in corpo tanta rabbia contro i francesi che sono disposta a fare il vostro gioco... Anche se non sarebbe giusto.
- Una politica di alleanze... - Cominciò Riva.
- Ah, no. Risparmiatemi il resto. - Appoggiata alla mensola del caminetto, lo fissava, pensierosa. - Credo di avere qualche cosa di pronto... Sì, penso che possa andar bene. Aspettatemi.
Lo lasciò, salì di corsa in camera sua, frugò tra le carte in disordine sulla sua scrivania e ritornò veloce in salotto con dei fogli in mano.
- Ecco. Leggete.
- Di che cosa tratta?
- Oh, propaganda di bassissima lega... Mi riferisco a quella lavandaia quindicenne aggredita due giorni fa da francesi ubriachi...
Gualtiero annuì con entusiasmo. - Quel che ci vuole, per far leva sul sentimento del pubblico... Leggeranno e s'indigneranno. Con quale pseudonimo volete firmarlo?
Lei esitò. - Come vi pare.
- Con un'iniziale?
- Vada per l'iniziale.
Riva ripiegò i fogli e se li mise in tasca.
- Sono contento che abbiate accettato...
Lei non rispose.
Gualtiero si alzò e le si avvicinò.
- Qualunque cosa... Sono a disposizione vostra e di Paola.
Marianna si sforzò di sorridere. - Grazie, ma non ci serve nulla. Buona serata, Gualtiero.
- Anche a voi. E se mi permettete un parere professionale, cenate presto e andate a dormire. Il sonno è la miglior medicina.
Lei annuì stancamente.
Riva uscì in fretta, la mano in tasca a proteggere il "pezzo" per il nuovo giornale.
Marianna tornò davanti al caminetto e prese a contemplare in silenzio il ritratto della mamma.
Il suo pensiero, inquieto, rievocava gli avvenimenti del passato recente. Non era contenta di aver accettato la proposta di Gualtiero. Inoltre quell'articolo che aveva scritto in una notte insonne dopo la morte di suo padre riecheggiava i luoghi comuni della propaganda antifrancese e si prestava benissimo a venire strumentalizzato da persone come Riva. Avrebbe dovuto riflettere di più, prendere tempo.
Forse, avrebbe dovuto rispondere come aveva risposto suo padre: no. Anzi, meglio: non avrebbe nemmeno dovuto scrivere, prigioniera com'era della rabbia, del dolore e del desiderio di vendetta che guidavano la sua penna invece della ragione fredda e imparziale.
Ma ormai era troppo tardi.
In un gesto di stizza, batté il palmo sul bordo della mensola. - Che stupida incosciente! - Mormorò.
- Chi è stupida e incosciente?
Marianna si voltò di scatto. Paola le sorrideva, il volto pallido in contrasto con il vestito nero, i capelli biondi sciolti sulle spalle e fermati da un nastro dello stesso colore dell'abito.
- Paola! Ti sei svegliata... Come ti senti?
- Bene, ora. Bene. - Le si avvicinò e alzò lo sguardo al ritratto della mamma.
- Le somiglio davvero tanto?
- Sì.
Sospirò e posò una mano sul braccio della sorella maggiore.
- Di chi parlavi, prima?
Marianna si strinse nelle spalle. - Non importa.
- Importa, invece. Ormai siamo sole, tu e io. Non puoi più considerarmi una bambina viziata... Lo so che molte volte mi comporto male, lo so che tu sei più grande e più saggia, ma vorrei essere partecipe... Di tutto, Marianna. Altrimenti, non riuscirò mai a... A diventare una vera donna. Capisci quello che voglio dire?
Marianna annuì, un po' sorpresa.
- Paola, io... Bene, a dire la verità non mi aspettavo un discorso simile... Sono così contenta... - Le sorrise, un po' impacciata.
Quelle parole gravi e il vestito nero sembravano aver invecchiato di colpo la bambina allegra e spensierata.
- Vieni, sediamoci qui, mentre aspettiamo che Matilde ci chiami per la cena. Dopo quel che è successo, non abbiamo ancora trovato il tempo di parlare un po', noi due... Notai, amici, collaboratori del giornale... Un gran via vai.
Marianna seguì la sorella e sedette vicino a lei sul divano.
- Saurrois è stato qui. - Osservò Paola.
Marianna alzò la testa di scatto. - Sì - rispose, stupita. - Ma tu come...
- Matilde. Me l'ha detto Matilde. Che cosa voleva?
La giovane donna alzò le spalle. - Era dispiaciuto.
Paola annuì. - Credo che dica la verità. Quell'uomo mi è simpatico. Con questa faccenda... Voglio dire, dopo che papà... Si è trovato in una situazione piuttosto brutta.
Marianna strinse le labbra. - Ah! Ma come...
- Sì, Marianna, sì. Lasciami dire. Lui non ne ha colpa. Ma quell'uniforme... E il fatto che l'abbia arrestato proprio lui... - Sorrise timidamente. - Sto cercando di essere obbiettiva, ma non mi aiuti gran che.
L'altra non rispose.
- E Riva? Che cosa è venuto a fare?
- Voleva sapere come stavi. - Mentì Marianna. La bugia le venne alle labbra così spontanea che la sorella non dubitò per un instante che ci fosse sotto ben altro.
- Ah, gentile...
- Sì, molto gentile. Non ha voluto fermarsi a cena.
- Peccato.
Marianna si affrettò a cambiare discorso. - A proposito di renderti partecipe... Dovremmo fare quanto prima una capatina a Binate. Adesso che papà non c'è più, bisogna che ci rendiamo conto di persona dell'andamento di tutta la tenuta.
- Ci perderemo in una selva di numeri e di resoconti...
- Non credo. Ho già cominciato a dare un'occhiata alle carte di papà, e non c'è poi molto di così incomprensibile.
Paola alzò le mani in segno di resa. - Benone. Vorrà dire che di tutti questi problemi te ne occuperai tu.
Marianna sorrise. - Potremmo fermarci qualche settimana a villa Elisa, magari.
Paola annuì senza entusiasmo. - Potremmo. - Replicò. - Ma, se devo essere sincera, la vita di Binate non mi entusiasma affatto. Mi annoio a morte, laggiù.
- Con tutto quel che avremo da fare, non ci rimarrà tempo sufficiente per annoiarci. Comunque, se la prospettiva non ti va, vorrà dire che ci fermeremo soltanto lo stretto necessario. Se preferisci, potrai aspettarmi qui...
- Ah, questo no. Verrò con te.
Matilde si affacciò alla soglia.
- La cena è servita.
Paola balzò in piedi e le andò incontro.
- Sai le ultime novità, Matilde? Presto faremo un viaggetto a Binate.
Matilde aggrottò le sopracciglia.
- Binate?
Marianna si alzò a sua volta e seguì la sorella e la governante in sala da pranzo.
- Perché quell'espressione contrariata, Matilde?
La governante si voltò a guardarla. - A dire la verità, ho ricevuto notizie poco belle...
- Da chi e a che proposito?
- Da Antonietta, la custode di villa Elisa. Siamo sempre state molto amiche, fin da quando eravamo giovani... E ci scriviamo spesso. L'ultima lettera di Antonietta è arrivata proprio stamattina. Ma non mi pareva il caso di parlarne subito...
- Capisco. Che notizie, allora?
- Il clima, in paese, è molto teso. Un reparto francese si è accampato nei pressi di Binate e ci sono stati incidenti.
- Che genere di incidenti?
- I francesi hanno saccheggiato un paio di botteghe... Hanno infastidito delle ragazze del paese e distrutto una cappella votiva dedicata alla Madonna del rosario.
Marianna scosse la testa. - Che imbecilli! Fanno di tutto per alienarsi le simpatie delle masse. E ci riescono a meraviglia.
- Non è tutto. Due contadini sono rimasti uccisi.
- Di bene in meglio. - Marianna guardò Paola. - Se le cose stanno così, bisognerà che vada da sola. Tu mi aspetterai qui a Milano. Non sarebbe prudente...
Paola aggrottò le sopracciglia. - Non una parola di più. - Replicò, decisa. - Se tu ci vai, non vedo perché non dovrei accompagnarti. E non insistere, perché non riuscirai a convincermi.
Matilde annuì energicamente. - Sì, signorina Marianna. Verremo con voi.
Marianna strinse le labbra. - Se non fosse così assurdo, il vostro comportamento si potrebbe definire encomiabile. Io devo per forza fare un salto laggiù. Sono tempo difficili: l'epizoozia, la crisi, le guerre... Adesso che papà è morto, se non prendo in mano la situazione dei nostri possedimenti di Binate, sarà un pasticcio. Ma voi non avete motivo di seguirmi, dopo la lettera di Antonietta. Le insurrezioni paesane degli ultimi anni dovrebbero aver insegnato qualcosa...
Paola alzò le spalle. - Che insorgano pure.
Marianna scosse la testa, esasperata. - Santo cielo, Paola, santo cielo! Avevi dodici anni quando Buonaparte entrò a Milano per la prima volta. Pavia insorse al grido di "morte ai giacobini".
Matilde fece un frettoloso segno di croce. - Ah, se mi ricordo! Subito dopo di sollevò Binasco e poi Varese, Cremona...
- E allora? - Insistette Paola, senza capire.
- E allora, "giacobino", in quel frangente, divenne sinonimo di patriota, di non austricante, di borghese, di possidente... Papà si trovava a Pavia, in quei giorni. Era la fine di Maggio... Se la cavò per miracolo, nascondendosi in una cantina.
La sorella di fece seria. - Ma papà è morto nelle prigioni dei francesi...
- Perché papà, come noi, ha creduto nei francesi, ma poi, quando si è reso conto di aver sbagliato, lo ha scritto chiaro sul suo giornale. Contro l'Austria e contro la Francia, per l'Italia libera e unita!
- Questo lo so bene.
- Appunto. Come ti ho detto, sono anni difficili, di fame, di malattia. I nostri cittadini sono esasperati. I francesi non hanno portato il benessere, e in più li offendono con provvedimenti contrari alle loro più sacre tradizioni... - Marianna sorrise. - Quella cappelletta che hanno distrutto... Sì, me la ricordo. Era considerata miracolosa.
- Che sciocchezze!
- Sciocchezze di questo genere sono state spesso la goccia che fa traboccare il vaso.
- Peggio per i francesi.
- Peggio per tutti noi, testolina. - Replicò Marianna. - Il fondo di Binate è di proprietà dei Mazzotti. I Mazzotti sono patrioti, antiaustriaci, borghesi e sfruttatori.
- Ma che cosa stai dicendo?
- Quello che pensano i nostri contadini. Sono stata abbastanza chiara?
Paola annuì. - Direi proprio di sì. E a maggior ragione partiremo con te, vero, Matilde?
- Verissimo, signorina Paola.
E per prevenire una rispostaccia di Marianna, la governante sorrise dolcemente e aggiunse: - Ma vi prego, a tavola, o la cena diventerà immangiabile.

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