Epilogo

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Ritto in cima allo scalone della chiesa, lo sguardo volto verso il basso, René Saurrois aspettava la sua futura moglie.
Era trascorso ormai più di un anno dall'episodio decisivo nell'ufficio di Lassalle. Nel Febbraio del 1801 era stata firmata la pace di Lunéville tra la Francia e l'Austria, e la Repubblica Cisalpina sarebbe ben presto divenuta Repubblica Italiana, con Napoleone Bonaparte presidente.
Quasi tutti gli invitati erano già arrivati. In piedi, accanto allo sposo, c'erano coloro che avevano avuto una parte più importante negli avvenimenti di quei giorni a cavallo tra il Settembre e l'Ottobre del 1800.
Lassalle, un po' vecchio e con i gradi di generale sull'uniforme di gala; il sergente Roch, che si era accorciato i baffi rossi per l'occasione; Antonietta, strizzata in un abito grigio nuovo di zecca comprato appositamente per il matrimonio della "padroncina". C'era Matilde, con il suo immancabile vestito grigio scuro ed anche Paola, accanto a lei, sempre bellissima, con un vestitino bianco a righe blu, che metteva in risalto l'azzurro dei suoi occhi.
Riva era entrato per curiosità, per vedere Marianna un'ultima volta, forse, per vederla sposare quel dannato francese. Se n'era andato subito dopo aver dato un'occhiata alla sala, ancor prima che la cerimonia iniziasse. Era più magro che mai e sembrava perseguitato da una tossetta sottile, allarmante. Si vociferava che fosse scappato in Austria.
Era presente anche Enrico, appoggiato ad uno stipite di una porta – color avorio, coi ricami blu, molto elegante, la porta s'intende: lui, invece, era vestito di viola scuro. Un abito sobrio, più adatto a un funerale che ad un matrimonio.
Del dolce cherubino che era, era rimasto solo l'aspetto. Non era più l'Enrico dalle cravattone estrose, dai discorsi patriottici e folgoranti; del carismatico ragazzo che tutti ricordavano, era rimasto ben poco. Che cos'era cambiato in lui effettivamente, nessuno avrebbe saputo dirlo: non si era più fatto vedere dopo la fatidica sera a casa Mazzotti. A Marianna questo dispiaceva, avrebbe preferito averlo accanto a lei, sottobraccio, mentre l'accompagnava all'altare, da René, ruolo che sarebbe spettato al padre Umberto.
Resnati, invece, aveva gli occhi vuoti, lo sguardo spento, azzurro cenere. Fissava i capelli castani di Marianna, che percorreva lentamente gli scalini bianchi, per raggiungere Saurrois.
Con la mano piccola e pallida sollevava leggermente l'orlo della gonna, quel tanto che le permetteva di camminare. Così fredda, eppure così aggraziata nei movimenti.
Quella ragazza riusciva ad essere semplice e meravigliosa allo stesso tempo. L'abito che indossava era bianco e si allargava maestosamente dalla vita in giù. Niente pizzi, niente ricami, un taglio a impero, all'ultima moda, che rispecchiava la modestia tipica dei Mazzotti.
René incrociò le braccia sul petto e posò il piede sullo scalino appena sotto di lui, studiandola divertito mentre saliva e sorrideva con la grazia che le era solita. Il francese era in abiti borghesi: sotto il frac grigio si intravedeva il panciotto dello stesso colore; i calzoni aderenti mettevano in risalto le lunghe gambe nervose; la camicia bianca, dal colletto piccolo e alto, era chiusa da una cravatta estremamente sobria. Unica concessione al gusto militare, gli stivali neri lucidissimi.
- Ci siamo, ci siamo! - Sussurrò Paola all'orecchio della governante.
Marianna era ormai vicina allo sposo, il bel volto illuminato da un sorriso di beatitudine. René scese di slancio i primi gradini e la ricevette tra le braccia, sollevandola quasi di peso e stringendosela al petto.
Gesto inappropriato, forse, esagerato, che sollevò alcuni bisbiglii. Il gesto di un uomo innamorato.
Dopo un paio d'ore all'incirca, quando la cerimonia era ormai conclusa e dopo che i due sposini si erano scambiati il famoso bacio, la folla si riunì nel cortile per dar loro ultimo saluto.
Fu Lassalle il primo a prendere la parola e a richiamare l'attenzione. - Signore e signori, per favore! - Esclamò. - I nostri sposi novelli ci verranno presto portati via dalla carrozza che è in attesa proprio dietro di noi e per un mese almeno, nel turbine della vita mondana che condurranno a Parigi, ci dimenticheranno... Prima che se ne vadano, però, voglio dire loro qualche cosa... A René, complimenti per la sua nomina a maggiore! Alla felicità della deliziosa signorina Saurrois! I migliori auguri d'ogni bene...
René si guardò intorno.
- Grazie. A voi, Jacques. A te, Roch. A te, Matilde. A voi, dolce Paola... - Abbassò la voce. - Ed alla mia unica, eccezionale Marianna, che oggi fa di me l'uomo più felice del mondo.
Marianna sorrise. - Avrai tempo di vedermi tanto da non poterne più. - Lo minacciò scherzosamente, prendendogli il braccio.
Paola abbracciò la sorella e baciò sia René, che Lassalle e Roch, facendoli arrossire come due scolaretti.
Si salutarono con calore, continuando a scambiarsi auguri e promesse fin davanti alla carrozza. Poi la coppia prese posto.
- Mi raccomando, ragazzi miei. Non intendo lasciare questa valle di lacrime prima d'aver fatto da padrino a un piccolo erede...
- Non ci avevo ancora pensato. Eh, già. - Rise. - René, come ti vedi nel ruolo di padre di un marmocchio bruno e rosa?
- Mi ci vedo benissimo, Marianna cara.
Il sorriso divertito della ragazza si spense alla vista di un ragazzo biondo dalla giacca viola allontanarsi velocemente dalla piazza e dare un'ultima occhiata frettolosa al calesse. Avrebbe voluto salutare anche un'altra persona prima della partenza...
A un gesto di Lassalle, la carrozza si mosse. Lentamente, girarono intorno al cortile e uscirono in strada.
Destinazione: Parigi.
Marianna e René, a bordo, rimasero al finestrino finché una svolta ad angolo retto cancellò d'un tratto le figure note che agitavano le braccia in segno di saluto.
Poi René ritirò la testa e si fece più vicino alla moglie. - Come ti senti?
Lei sorrise e lo abbracciò. - D'incanto.
Saurrois abbassò con un gesto rapido le tendine scorrevoli. Lei lo guardò smarrita. - Che cosa fai? Non c'è sole...
Lui non si prese la briga di rispondere e si limitò a cercarle le labbra.
A cassetta, il cocchiere canticchiava una vecchia ballata che parlava di un cavaliere e di una dama innamorati decisi a non lasciarsi mai, mai più.

Marianna, mon amourDove le storie prendono vita. Scoprilo ora