Capitolo IX

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- Questa non è una carrozza. È uno strumento di tortura! - Esclamò Enrico, raddrizzando con un gesto irritato il tricorno che un ennesimo sobbalzo della vettura aveva quasi fatto cadere.
Marianna teneva gli occhi chiusi, appoggiata all'indietro sullo schienale imbottito.
- Questo viaggio è un inferno. Sembra che Luigi non riesca ad evitare una buca, dico una! Sta invecchiando, quell'uomo. E poi siamo partiti da un'eternità. Possibile che ancora non siamo a Binate? - Continuò il biondo.
Con un gesto d'impazienza, Marianna si affacciò al finestrino. - Non mancherà gran che. - Disse, dando un'occhiata agli alberi che costeggiavano la strada polverosa e si facevano sempre più fitti man mano che procedevano. - Tra poco arriveremo al Folto della Strega, e di lì ci sarà un quarto d'ora al massimo per Binate...
- Il Folto della Strega! Chissà perché lo chiamano così...
- Una leggenda.
- Una leggenda, certo. - Enrico alzò le spalle. - Questa benedetta carrozza fa un rumore tale che sento a malapena quello che dici. - Tacque un momento, assorto. - Ma... Non è un galoppo, questo?
- Che cosa?
- Ascolta... Dei cavalli... Dietro di noi.
Marianna si affacciò di nuovo. La carrozza svoltò sollevando un gran polverone che la fece tossire, ma riuscì a vedere distintamente il gruppo di cavalieri che si avvicinava. Ritirò la testa di colpo, pallida come se avesse visto un fantasma.
Enrico le posò una mano sul braccio. - Che c'è? Chi sono?
Marianna rispose muovendo appena le labbra. - Francesi.
- Francesi? Oh, Gesù! Ma ce l'hanno con noi?!
Marianna alzò le sopracciglia. - Questo non lo so. Dove conduce questa strada?
- Da qui in avanti, passa il bivio, a Binate.
- Non ci sono altre possibilità?
- Direi di no.
Marianna annuì. - Allora, o sono diretti a Binate, o...
Si affacciò di nuovo. Ora il gruppo era più vicino. La ragazza spalancò gli occhi, sgomenta. L'ufficiale che cavalcava in testa alla colonna di una trentina di soldati, lo avrebbe riconosciuto ovunque.
- Saurrois! - Gridò Enrico, che a sua volta si era affacciato al finestrino opposto. - È lui! - Poi si rivolse al conducente. - Corri, Luigi! Sferza i cavalli, per carità! Va', va'!
- No! - La voce di Marianna era dura e autorevole. - Nemmeno per sogno. Accosta e fermati. Scappare non serve a niente.
Sul lato destro della strada si allargava un vasto prato con in mezzo un unico albero contorto. Da quel punto in avanti, gli alberi ai due lati della strada intrecciavano i loro rami fino a formare una galleria verde e buia che proseguiva per circa mezzo miglio: il Folto della Strega. Luigi fermò la carrozza davanti al prato, all'imbocco dell'ombrosa galleria vegetale.
Non appena la carrozza fu ferma, Enrico aprì lo sportello e scese, poi porse la mano a Marianna e lasciò scendere anche lei.
A un centinaio di metri, Saurrois ebbe un gesto di stupore e spronò il cavallo; arrivato davanti a Marianna, tirò le redini con mano fermissima e balzò di sella proprio davanti alla ragazza che lo fissava in silenzio.
- Sacrebleu, Marianna! Che ci fai... - Si corresse, rendendosi conto che non erano soli. - Che ci fate, voi, qui?
I suoi soldati si erano fermati dietro alla carrozza e stavano a guardare la scena, incuriositi.
- Anche voi, Resnati?
Marianna lo guardò negli occhi.
Il mantello blu del capitano era quasi grigio di polvere. Il francese si tolse il cappello e si passò una mano sui capelli neri e folti che gli ricadevano sulla fronte.
Le sue iridi verdi sostennero tranquillamente lo sguardo indagatore di Marianna.
- Potete rispondermi? - Sostenne, aggrottando le sopracciglia. - Mi guardate come... Come un'apparizione.
La ragazza ritrovò finalmente la voce e la disinvoltura necessaria per replicare. No, René non mentiva. Non era lì per lei. Lassalle non era riuscito a sapere chi fosse il misterioso "M", o almeno, non ancora.
- Scusate, capitano. Abbiamo visto arrivare dei soldati a cavallo... Ci è parso più prudente fermarci al lato della strada, ecco tutto.
René sembrava perplesso. - Oh, capisco... Dove siete diretti?
Marianna lo fulminò con lo sguardo. Chi si credeva di essere, per fare tante domande?
- Per la nostra strada, capitano. Buon viaggio. - Rispose Enrico, e gli girò decisamente le spalle per risalire in carrozza. Nel volgersi all'improvviso vide, immobile tra la folta vegetazione al limitare della galleria verde, qualcosa di simile a un volto umano. Fu questione di un attimo, e subito il volto sparì.
René disse qualcosa al sergente dai baffi rossi che cavalcava al suo fianco nella colonna, poi si rivolse alla ragazza.
- Avete visto che strano, Marianna? - Le domandò.
Lei alzò le spalle. - Sarà stato qualche paesano... Vi ha visti e si è spaventato, ecco tutto.
- Siete diretta a Binate.
- Qualcosa in contrato? - Domandò Enrico.
René scosse la testa. - Anche noi.
Marianna sussultò. - Anche voi?!
Saurrois scoppiò a ridere, e il cavallo che teneva per le briglie s'impennò. - Buono, buono! La signorina non può proprio soffrirci, e non ce lo manda a dire.
Enrico strinse la mano di Marianna. - Con permesso, capitano. - E si accinse a risalire in carrozza per la seconda volta.
- Posso aiutarvi? - René prese a sua volta la mano della ragazza per baciarla, ma lei si ritrasse come se avesse visto un serpente.
- Che andate a fare a Binate? - Esclamò con rabbia. - Non ne avete già combinate abbastanza, laggiù?
Il sergente dai baffi rossi si irrigidì di colpo, allarmato. René sembrava contrariato. - Gentile signorina... - Disse, ironico. - Il sergente Roch capisce l'italiano.
Marianna rimase in silenzio, imbarazzata.
Saurrois alzò le sopracciglia. - Vi faccio notare che io rispondo civilmente alle vostre domande, anche se potrei tacere. Bene, a Binate c'è un certo parroco... Responsabile degli ultimi disordini.
Enrico ebbe un sorriso ironico. - Ah, ah! Vi state specializzando, vedo, capitano... Adesso fate lo sbirro di professione! Un povero vecchio prete...
Saurrois lo fermò con un gesto. - Il povero vecchio prete è un nobiluomo di quarant'anni fedele all'Austria che dal pulpito aizza i contadini contro i francesi e i giacobini! - Poi si rivolse a Marianna con un sorrisetto provocatorio. - E dunque, cara signorina, che lo vogliate o meno, dovremmo fare la stessa strada.
Lei sbuffò. - Vedrete che bella accoglienza che vi faranno i contadini! Se fossi in voi, mi preparerei a sentirmi insultare e anche a vedere volare qualche sasso! Il vostro sergente Roch - Aggiunse, lanciando un'occhiata di scherno all'uomo con i baffi rossi. - Dovrà mettersi il cuore in pace, visto che conosce così bene l'italiano, e permettere che venga messa in discussione la reputazione sua e di sua madre e di tutta la discendenza... Ehilà, sergente! - Proseguì, vedendo l'espressione del francese. - Non guardatemi in quel modo. Risparmiate le vostre occhiate di fuoco per i paesani furibondi. Ne avrete bisogno.
- Se sarà necessario, useremo la sciabola. - Replicò il sergente, punto sul vivo.
- Roch! - Esclamò Saurrois, con voce dura. - Fino a prova contraria gli ordini li do io, n'est-ce pas?
Marianna alzò le spalle. - Il solito epilogo. Dannazione. Dannazione!
René le si avvicinò e le posò una mano sul braccio. Lei alzò la testa di colpo.
- Guardami bene in faccia, Marianna.
Marianna lo fissò ed Enrico, infastidito dalla confidenza che René prendeva con Marianna, fece altrettanto.
- Non mi diverte andare in giro ad arrestare gente. Lo capisci, questo? Il drappello francese che ha fatto sosta nei dintorni qualche tempo fa si è comportato male, è vero. Ma ciò non toglie che ogni volta che vanno in chiesa quei paesani subiscano una specie di indottrinamento antifrancese da quel prete. - Esitò, poi riprese a parlare. - Ritengo mio dovere arrestarlo. Perché credo nei valori della rivoluzione. Perché quei contadini devono capire che l'89 c'è stato anche per loro.
- Pf... Nobili parole. - Replicò Enrico, beffardo. Ma Marianna era stata toccata da quel discorso. Lasciò che René le baciasse la mano e chiuse lo sportello.
Poi l'ufficiale montò a cavallo.
Dall'interno della vettura, Marianna lo vide alzare una mano guantata di bianco per dare il via alla colonna.
Impressionato, Luigi avviò i cavalli al trotto, lanciando occhiate inquiete ai francesi che si erano disposti in doppia fila dinanzi alla carrozza.
- Tutti bene, Luigi. Vai. - Gli gridò il biondo. - Facciamo la stessa strada, ecco tutto.
- Che paura che ho avuto... - Mormorò Marianna, prendendo la mano del ragazzo.
Enrico sorrise e abbracciò stretta la mora.
Si erano inoltrati nel Folto della Strega e all'interno della carrozza era quasi buio.
- Che meraviglia! Che frescura! - Esclamò Enrico. - Non ricordavo che fosse così bello!
- Il luogo dove si dice che nelle notti di luna piena di aggiri il fantasma di una strega arsa viva nel '400.
- Tanto per stare allegri! - Rise il biondo.
Una denotazione cui fece eco l'urlo strozzato di Luigi e un tonfo violento sul tetto della carrozza interruppe bruscamente la conversazione. Marianna, scioltasi un po' rudemente dall'abbraccio d giovane, si affacciò in tempo per assistere allo scatenarsi del putiferio.
Agili come scimmie e tanto numerosi da non potersi contare, indistinti fantasmi nel buio del Folto della Strega, degli uomini armati si erano lanciati all'assalto della colonna francese.
Uno di loro, dopo aver sparato al cocchiere che giaceva riverso a cassetta, era balzato sul tetto della carrozza e aveva preso le redini, conducendo la vettura a un galoppo sfrenato oltre la galleria arborea, nel sole, sulla strada luminosa, più avanti.
Sballottata nella carrozza, aggrappata al braccio di Enrico, Marianna si vide sfilare davanti la colonna francese impegnata in un furibondo corpo a corpo con gli assalitori. Riuscì a scorgere René intento a menare gran colpi di sciabola per tenere a bada due spettri urlanti. Poi altri uomini lo aggredirono alle spalle e il francese cadde; subito gli furono addosso in cinque, otto, dieci... Marianna si morse le labbra per non urlare. "Fa' che si salvi! Fa' che si salvi!" Pensò.
Con un grande scossone, la carrozza si fermò, fu circondata da una dozzina di individui e lo sportello si spalancò di colpo.
Enrico sollevò lo sguardo, terrorizzato. Guardando l'uomo che aveva spalancato lo sportello, Marianna compreso lo spavento dell'amico.
Lo sconosciuto, che doveva avere una quarantina d'anni, era una specie di gigante in abito contadino. Ma non era tanto la sua mole a impressionare, quanto la vistosa cicatrice rossastra che gli attraversava il volto e lo rendeva cieco da un occhio, conferendogli un'espressione tra il beffardo e il minaccioso.
- Scendete, svelti. - Ruggì il gigante.
Enrico scese per primo, sotto lo sguardo attento dei contadini. Non appena mise piede sulla strada di terra battuta, il contadino che si era messo a cassetta spinse giù ridendo il cadavere del cocchiere. Marianna abbassò lo sguardo su Luigi, poi alzò la testa per vedere in viso il suo assassino: era poco più che un ragazzo, doveva avere più o meno la sua età.
La ragazza si portò una mano alla gola. Le sembrava di soffocare dall'angoscia. Dov'era René?
Poi lo vide. Due robusti contadini lo tenevano per le braccia, benché avesse le mani legate dietro la schiena. Da un taglio sulla fronte il sangue gli gocciolava sulla guancia destra. Sul petto, all'altezza della spalla sinistra, la giubba blu era lacerata e lasciava intravedere il petto insanguinato.
Ferito, ma vivo! Le sembrò all'improvviso di poter respirare liberamente. Saurrois sembrava calmissimo.
- Guarda, guarda! - Esclamò il gigante sfigurato. - Che ci fanno due piccioncini come voi con una scorta francese? Chi sei, ragazzo?
Un contadino anziano gli si parò davanti. - Io li conosco! Il ragazzo è un Resnati, l'altra è la figlia maggiore di Mazzotti! La proprietaria di villa Elisa. - Fissò su Marianna uno sguardo minaccioso. - Non ti ricordi di me, eh, padrona Marianna?
- Non mi pare... Hai lavorato per mio padre? - Rispose la ragazza timidamente.
- Ma sentitela! Non puoi ricordare, vero? Bene, allora ti farò tornare la memoria. Sono Antonino Cavezzani. Ca-vez-za-ni. Tuo padre, quel dannato, che bruci all'inferno, mi ha cacciato perché ho tardato a pagar l'affitto, due anni fa. L'ho pregato, l'ho supplicato, nossignore! Niente da fare. La mia vecchia è crepata. I miei figli se ne sono andati. Dopo trent'anni che lavoravo per quel bastardo di Mazzotti... Che venite a fare a Binate? A dare lo sfratto a qualche altro poveraccio, per mantenere te e quell'altra puttana di tua sorella? Per fare la bella vita, mentre qui si crepa di fame?
René, a pochi passi di distanza, lanciava occhiate incoraggianti a Marianna.
Il gigante aggrottò le sopracciglia. - Beh, vediamo che cos'hanno addosso questi due... - E allungò una mano verso la mora, che si ritrasse inorridita, coprendo istintivamente la collanina d'oro che portava.
- Ti daremo tutto quello che abbiamo indosso di valore. - Dichiarò Enrico. - Un momento di pazienza.
- Non ce n'è bisogno... - Chiocciò il contadino. - Quello che vogliamo ce lo prendiamo noi! - Staccò la collanina dal collo di Marianna e si fece consegnare un anello e una spilla da Enrico.
Il gigante fissò Marianna. - Una signora come te non porta altri gioielli?
- Non ne porto mai. Di questi tempi si possono fare brutti incontri...
- Sei una persona ragionevole. E allora come mai una persona ragionevole si fa scortare da questi porci francesi? Questo bastardo ha ammazzato due dei nostri. - Disse il contadino, accennando a René.
Il capitano sollevò le sopracciglia ma non replicò.
- Allora, tu sei il capo, no? - Chiese ancora il contadino, questa volta rivolto a Saurrois. - Perché facevi da scorta a questi qui?
René scosse la testa. - Niente scorta. Facevamo la stessa strada.
Il gigante lo studiò un momento in silenzio, poi guardò Marianna.
- Voi due vi conoscete bene. - Osservò. - Vi ho visti parlare, poco fa.
Saurrois annuì. - Sì, ci conosciamo. Io... Ho arrestato il padre della signorina. Umberto Mazzotti.
- Ah, ecco. Uno sbirro. E adesso, fammi indovinare, volevi arrestare il prete, eh? Peggio per te, francese. Peggio per te.
- Permetti una domanda, mio gigantesco amico? - Chiese René in tono leggero. - Chi diavolo siete voi? Paesani di Binate o che altro?
-Beh, francese, non so se questo nome ti dirà qualcosa. Tieniti forte, mio bel capitano. E anche tu, ragazza. E tu, biondino, che te ne stai nascosto lì dietro. - Fece una pausa a effetto, e sembrò diventare ancora più gigantesco man mano che si raddrizzava sulla persona per concludere con voce stentorea: - Siamo gli uomini del Barone.

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