Cinque

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Quella sera Chirone fece un lungo discorso sull'inizio dell'estate, dando il benvenuto e bentornato a tutti.
Quell'anno erano arrivati più di venti nuovi semidei figli di divinità minori e una decina di quelle maggiori.
Il maestro fece un lungo discorso di speranza per i tempi futuri, pregando di non vedere altre Grandi Profezie per almeno un centinaio d'anni.
"La scorsa estate siamo venuti a conoscenza dell'esistenza del Campo Giove, il campo romano, e con i pretori abbiamo deciso di dare il via a degli scambi di ogni genere tra i due campi. Potremo allenarci tutti inseme ed imparare gli uni dagli altri."
Ci furono dei mormorii di esultanza.
"Alla fine dell'estate faremo delle gare tra Greci e Romani: combattimenti, cacce alla bandiera, tiro con l'arco e cose di questo tipo."
Percy si alzò in piedi, esultando "Si! Così Grace dovrà ammettere davanti a tutti che sono il migliore!"
Nico lo prese per un braccio e lo tirò giù, per farlo sedere.
Chirone sorrise "Saranno gare del tutto amichevoli, Percy. Comunque spero facciate del vostro meglio."
"Ora" disse il vecchio centauro "Vorrei raccontare una storia ai più piccoli."
Così Chirone si mise a raccontare della guerra contro Gea.
Raccontò di Percy e Jason, dei sette e dello scontro a Roma con i Giganti.
Raccontò di come Nico era entrato ed uscito dal Tartaro, di come aveva trasportato l'Atena Parthenos fino alla Collina Mezzosangue.
Raccontò di come Percy ed Annabeth fossero caduti nel Tartaro e di come avevano chiuso le Porte della Morte.
Descrisse la battaglia contro i Giganti, di come gli dei e i sette li avevano sconfitti.
Infine, raccontò di come Leo Valdez si era sacrificato per salvarli.
Alla fine della storia, tutti gli occhi erano puntati su Percy, Annabeth, Nico e Piper McLean.
Anche Elisabeth, che aveva seguito le avventure del fratello, era rimasta sorpresa.
Una ragazza, la figlia di Ares che quel pomeriggio aveva combattuto con Annabeth, si alzò in piedi "Detesto ammetterlo pivello, ma tu e i tuoi amici avete fatto un bel lavoro." Disse.
"Grazie Clarisse." Rispose Percy evidentemente sorpreso dal suo comportamento.
Clarisse, intanto, con qualche coppino e calci negli stinchi aveva fatto alzare in piedi tutti i suoi fratelli e, dopo un momento di stallo, iniziò ad applaudire seguita da tutti gli altri.
La figlia di Poseidone era ammirata, il suo piccolo Percy era un vero eroe.

Elisabeth era inquieta, suo padre l'aveva chiamata e fatta andare in un grande condominio dicendo che si sarebbero visti lì, che avrebbero parlato e che era urgente.
Quando entrò nell'atrio del palazzo, individuò subito il dio e gli si avvicinò.
"Perché mi hai voluto incontrare qui? E cosa c'è di così urgente?"
L'uomo la prese da parte "Ti devo far vedere una cosa. Ho combinato un disastro."
Disse lui con tono preoccupato.
"Prima però mi devi giurare che mi aiuterai a nasconderlo a Zeus."
A questo punto un campanello d'allarme risuonò nella testa della ragazza, una questione da nascondere a suo zio equivaleva ad un grosso, grosso problema.
"Che hai combinato?"
"Prima devi giurare."
Lei alzò gli occhi al soffitto, conscia che se l'avesse fatto si sarebbe immischiata presto in un grande guaio.
"Giuro sullo Stige che ti aiuterò a nascondere a Zeus qualunque cosa tu mi dirai ." Un tuono scosse il cielo e i due rabbrividirono.
"Perfetto, vieni." Disse il padre agguantandola per un braccio e portandola verso le scale che conducevano agli appartamenti.
Si fermarono davanti ad una porta e Poseidone bussò. Subito venne ad aprire una giovane donna dai capelli castani.
"Sally" la salutò lui. "Lei è Elisabeth, mia figlia."
La donna le sorrise immediatamente "È un piacere conoscerti, io sono Sally. Entrate pure."
Il dio si fiondò dentro la casa, ma la ragazza era rimasta immobile.
"È identica a lei." Disse.
"Per questo ti ho fatto venire. Devi aiutarci."
"Chi è identica a chi?" Chiese la donna.
"Tu, sei identica a mia madre."
"Sally, su di me c'è una specie di maledizione.
La madre di Elisabeth fu la prima donna di cui mi innamorai, quando morì ne fui distrutto. Così mi maledissi, non mi sarei più innamorato di nessuna donna.
Fortunatamente in quel momento Afrodite era vicina e, sentite le mie parole, decretò che ogni mille anni sarebbe nata una reincarnazione di quella donna, così che io fossi di nuovo felice. In questo modo Anfitrite non poteva essere gelosa più di tanto, perché lei è arrivata dopo.
Così ogni mille anni io cerco questa donna e mi innamoravo di lei nuovamente, solo poche volte ho avuto dei figli. Le altre donne sono state scherzi del destino, cotte passeggere, ma mai vero amore." Spiegò il dio del mare.
"Dopo aver raccontato la bella storiella che ne dite di dirmi del perché io sono qui?"
Chiese la ragazza, spazientita.
In quel momento il pianto di un neonato si sparse per la stanza.
"Scusatemi." Disse Sally correndo in una stanza.
Poseidone la seguì immediatamente così, dopo aver aspettato chissà che cosa, sua figlia si vide costretta a fare lo stesso.
Quando entrò nella stanza rimase di sasso.
Poseidone e Sally erano una di fronte all'altro, e il dio teneva fra le braccia un fagottino.
Il suddetto fagottino piangeva.
La ragazza perse un battito "No..." Sussurrò.
Poseidone alzò lo sguardo dal fagottino e guardò la figlia "Liz, ti prego."
"Avevi giurato." Si oppose lei. "Avevi giurato di non avere più figli mortali."
"E tu hai giurato di aiutarmi" ribatté lui.
"Zeus mi ucciderà."
"Non se mi aiuterai a nasconderlo. Me lo hai giurato."
Fu come se un camion le fosse passato sopra "Cavolo!" Urlò frustrata e uscendo a passo spedito dalla stanza.
Ignorò i richiami del padre e uscì dall'appartamento sbattendo la porta.

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