Sei

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La stanza era avvolta nel silenzio. Due dei tre letti della cabina 3 erano occupati.
Elisabeth era vicino alla finestra, da cui proveniva una tenue luce.
Lì, un raggio di sole più potente degli altri si posò sul suo viso, delicato come una carezza.
La figlia di Poseidone aprì gli occhi, lentamente, e si tirò a sedere.
Sbadigliò, aprendo la bocca senza alcun ritegno producendo un suono simile a "waann mlmlml", e fece alcuni versi indistinti aprendo e chiudendo gli occhi.
Si mise una mano tra i capelli sciolti, scombinandoli in un ammasso confuso e si lasciò ricadere sul cuscino.

"Sapevo che non eri una persona mattiniera, dolcezza, ma credevo avessi un po' più di classe. "

La ragazza borbottò qualcosa simile a "Vattene via riccioli d'oro, è ancora presto"
"Suvvia, il sole è sveglio, perciò io sono sveglio!"
Apollo si sedette sul bordo del letto dell'amica, togliendole le coperte da sopra il viso.
"Ridammele!" Pigolò lei cercando di recuperare le coperte a tentoni e allungando la e più del dovuto.
"Sveglia, sveglia pigrona!"
"Sei un rompiscatole." Borbottò lei chiudendo gli occhi e facendo a meno delle coperte.
Lui si alzò in piedi e le lanciò il lenzuolo in faccia.
"E tu sei sei poco collaborativa. Me ne vado, non voglio stare dove non sono benvoluto."
Girò i tacchi e dirigendosi verso la porta, ma venne presto colpito alla nuca da un oggetto indistinto.
Quando si girò vide che l'affare incriminato era il cuscino su cui prima l'amica aveva poggiato la testa, solo che adesso l'oggetto era ai piedi del dio.
Apollo lanciò un'occhiata di sfida alla ragazza, che intanto si era seduta sul letto e lo guardava a braccia incrociate.
"Se è la guerra che vuoi, la guerra avrai." Disse raccogliendo il guanciale e prendendo la mira.

La porta dell'appartamento si spalancò e Poseidone fece il suo ingresso nella piccola casa Jackson.
"Cosa vuol dire che Apollo lo sa?" Ringhiò il dio entrando in soggiorno.
Sally che era tornata a casa da poco, non rispose.
Quando aveva aperto la porta si era trovata davanti un ragazzo che parlava con la sua figliastra, all'inizio credeva fosse un amico, ma poi, dopo che si fu presentato, lei andò nel panico.
Se il dio avesse detto a Zeus dell'esistenza di suo figlio sarebbero stati tutti morti.
"Papà!" Strillò Percy correndo verso il dio.
Poseidone gli sorrise, lasciandogli una carezza.
Adocchiato il dio del sole in fondo alla stanza gli si avvicinò, minaccioso.
"Prova a toccare in qualche modo mio figlio, ragazzino, e rimpiangerai di non poter morire."
"Non farò assolutamente niente a tuo figlio, noi siamo amici, vero Pulce?" Disse Apollo rivolgendosi a Percy.
Il bambino annuì sorridendo. "L'amico di Liz è tanto simpatico. E mi ha insegnato a giocare a nascondino!" Disse tutto contento.

Poseidone incenerì con lo sguardo il dio più giovane.
"Che cosa credi di fare, Apollo?"
"Stai tranquillo zietto, manterrò il tuo segreto."
"Come faccio a sapere che non andrai a spifferare tutto a tuo padre?" 
"Perché me l'ha giurato." Disse Elisabeth spuntando dalla cucina.
"Mi ha anche promesso di proteggerlo, come io l'ho promesso a te."

Dopo un primo momento Apollo, che si avvicinava sempre di più ad Elisabeth, scivolò su un paio di boxer con i pesciolini rossi e, con la grazia di un dio (da leggere ippopotamo) cadde a terra.
Durante la caduta, Apollo, cercando qualcosa a cui aggrapparsi, afferrò il braccio dell'amica portandola con se sul pavimento.
Lei, cercando a tentoni qualche appiglio, riuscì in qualche modo a tirare giù anche il comodino.
La caduta produsse un fracasso infernale, tanto che Percy, il quale non si sarebbe svegliato nemmeno con lo scoppio di una bomba, aprì gli occhi.
"Che succede?" Chiese boccheggiando e facendo scattare Vortice.
Si guardò intorno, guardingo, e non notando niente di strano pensò di essersi sognato tutto.
Poi, però, dei mugoli di dolore gli fecero posare gli occhi su un ammasso indistinto.
Sul pavimento, ingarbugliati in un miscuglio di braccia, gambe e un lenzuolo, c'erano Apollo ed Elisabeth.
"Ehm..."
"Percy, ben svegliato!" Salutò il dio mostrando un sorriso smagliante.
"Ciao" la sorella gli sorrise, timida.
"Che cosa è..."
"È colpa sua!" dissero in coro.

Blood BrothersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora