Quindici

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Qualcuno si era dimenticato di chiudere le imposte delle finestre.
Raggi di luce, infatti, invadevano la stanza.
Ed erano tremendamente fastidiosi, tanto che Apollo aprì gli occhi, chiudendoli subito dopo per il contatto con la luce avvenuto troppo velocemente.
Cercò, allora, di abituarcisi piano piano.
Anche se era il dio del sole, poteva esserne infastidito comunque, specialmente di prima mattina.
Aprì piano le palpebre, e si ritrovò a fissare un soffitto da cui pendevano cavallucci marini di bronzo.
Strano Pensò Lì appesi non dovrebbero esserci dei piccoli soli?
Quella mattina, poi, il dio aveva un gran mal di testa, segno che la sera prima aveva bevuto.
Doveva ancora abituarsi al suo essere mortale, il che includeva anche il mal di testa dopo essersi ubriacato.
Spostò lo sguardo verso il letto di Will.
Vide suo figlio riposare beatamente. Insieme a lui dormiva una ragazza dai capelli biondi e Will... Aveva un rivolo di bava che scendeva gocciolando dalla guancia fino al suo cuscino.
Tutto normale, anche se si contava il fatto che Will aveva i capelli scuri e nella stanza c'erano solo tre letti.
Appeso sopra il letto di Will, poi, c'era un corno di Minotauro.
Aspetta un momento... Apollo strizzò gli occhi, per guardare meglio. Will non ha i capelli neri!
Il biondo si mise a perlustrare con gli occhi la stanza in cui si trovava.
E non era certamente la cabina di Apollo.
Sentì un peso sulla sua spalla, così girò la testa per vedere cosa c'era appoggiato.
Per le mutande di Ade!
Elisabeth dormiva di fianco a lui e aveva la testa appoggiata su di lui.
I ricordi della sera prima gli invasero la mente.

L'aveva incastrata tra il tronco dell'albero e il suo corpo, non le aveva lasciato nessuna via di fuga.
Voleva vederci chiaro in quella storia.
"Perché mi eviti?" Le chiese di con la sua voce baritonale.
"Perché nell'ultimo secolo mi sembri diversa?" Sussurrò "Perchè ho il sospetto che tu provi qualcosa per me che va oltre l'amicizia, Liz?"
"È solo una tua impressione."
"Davvero?" Chiese lui mettendosi a ridere. "Perché io sono un dio, vedo tutto e sento tutto. Non posso essermi sbagliato."
"Anche i migliori sbagliano, a volte."
"Già. Ma io non sbaglio mai." Apollo incatenò i suoi occhi dorati con quelli color del mare di Elisabeth.
Gli venne in mente del patto che sua sorella Artemide aveva stretto con suo padre per salvarlo da quella vita mortale.
Lui doveva prendere moglie.
Quando l'aveva scoperto aveva subito pensato di sposarsi con una mezzosangue, di non renderla immortale, aspettare che invecchiasse e poi continuare con la sua vita come aveva sempre fatto.
Ma se avesse sposato un'immortale...
"Perché, se fosse davvero così, se ti dicessi che anche io provo qualcosa per te, tu cosa faresti?"
Apollo abbassò le iridi ambrate e, per un piccolo secondo, si chiese che sapore avessero le labbra dell'amica.
"Apollo..." Chiese la ragazza.
Il dio si avvicinò impercettibilmente a lei socchiudendo gli occhi.
"Io non..."
Attirata come da una calamita, lei ruotò leggermente il capo, chiudendo le palpebre.
Forse a causa dell'alcool, forse perché lo voleva fare da tempo, Apollo appoggiò delicatamente le labbra sulle sue.

Elisabeth sapeva di mare ed estate e le sue labbra erano fresche e salate.
Apollo fu il più delicato possibile, anche per godere appieno di quel momento speciale.

Non fu qualcosa di passionale o ardito, ma un semplice e timido sfiorarsi delle labbra.
Fu qualcosa di piccolo è innocuo, ma entrambi sentirono i fuochi d'artificio esplodere dentro di loro.
Si staccarono dopo poco e, quando lo fecero, Elisabeth abbassò lo sguardo, stordita.
"Apollo... Io... Noi non..."
Lui le prese il viso tra le mani, con una delicatezza inaudita e fece aderire le loro fronti.
"Non dire niente, almeno non stasera." La pregò lui.
Lei sembrò sul punto di voler ribattere, ma si trattenne da dire quello che le era passato in mente.
"Aspettavo da secoli questo momento, Liz."
Disse con vice tremolante "Ma credevo di essere solo un amico per te."
Lei sorrise "Non lo sei mai stato."
Gli occhi di lui si illuminarono "Davvero?"
"Davvero."
Apollo sorrise ancora e, chiudendo gli occhi, fece aderire di nuovo le loro labbra.

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