Diciannove

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È curioso il modo in cui, la maggior parte delle volte, scelte insignificanti e magari prese senza pensare alle conseguenze che ne seguiranno possano creare così tanti problemi.
Certe volte si prendono decisioni prese alla leggera ed è proprio questo prenderle alla leggera la causa di tutti i problemi che si presenteranno in seguito.
Apollo non aveva la più pallida idea del perché il cugino gli avesse ringhiato contro in quel modo quella mattina, e non riusciva nemmeno a capire il senso delle parole da lui pronunciate il giorno prima.
Non sapeva nemmeno il motivo per cui Elisabeth avesse deciso di andarsene con così poco preavviso, proprio nel momento in cui le cose tra loro avevano cominciato a funzionare.
Cioè sono magnifico! Perché se n'è andata?
In quel momento il dio era seduto sul muretto vicino al laghetto delle canoe insieme a Sun. La bambina stava cercando di prendere il suo arco e di incoccare una freccia, senza successo.
La freccia continuava a scivolare via dall'arma, e l'arco sembrava troppo grande per lei.
Apollo decise che per la sua sanità mentale non posso mica diventare matto a causa di una donna, io fosse meglio chiedere consiglio ad un esperto, qualcuno di cui potersi fidare e che conoscesse il pensiero delle donne.
"Sun" la richiamò il padre.
"Mhmm?" Fu la risposta molto interessata della bambina mentre, nella maniera più concentrata del mondo, cercava di incoccare quella maledetta freccia.
"Credi che ci sia qualcosa di sbagliato in me?" Le chiese Apollo.
Sun si fermò a pensare appoggiando la freccia a terra "Certo che no. Tu sei il papà migliore del mondo!"
Apollo sorrise con affetto alla figlia sentendo quella risposta, era la prima volta che un suo discendente gli diceva quelle parole. E sentirle dire della bambina gli fece provare un piacevole calore all'altezza del cuore.
Aprì la bocca per parlare, ma lei continuò impettita. "Però come fidanzato fai proprio schifo." Disse con quel tono ingenuo e intelligente allo stesso tempo che solo i bambini avevano.
"Come, scusa?" Chiese il dio leggermente irritato e stupito dal coraggio della figlia nel pronunciare quelle parole.
Io sono magnifico in tutti i sensi.
"È semplicissimo da capire, papà. Non sei il fidanzato ideale, cambi ragazza ogni secondo! Per i primi giorni sei gentile e carino, ma poi il tuo unico desiderio è fare le... cosacce, come dice Zia Hazel." Sun alzò il visino con fare saputello.
"Che hai detto? Le-le... Chi ti ha detto questo?" Disse non riuscendo a capacitarsi del fatto che la figlia avesse detto cosacce.
"E dopo aver fatto le cosacce te ne vai da un'altra! Lo ha detto la mamma!"
L'occhio del dio iniziò a ticchettare in modo strano.
"La mamma ha detto che io faccio le cosacce?" Chiese di nuovo.
"Si!" Rispose la bimba sorridendo.
"E cosa intendi tu, per cosacce?" Chiese sperando che la bambina non intendesse dire quello che credeva di aver capito.
Lei arrossì e abbassò lo sguardo.
"Beh... Sai quando due persone si vogliono bene... E arriva la cicogna... Ma insomma papà non devo mica dirtele io queste cose!" Sbottò infine.
"Non posso credere di parlare di questo con te." Borbottò Apollo mettendosi una mano tra i capelli.
"Però forse hai ragione."
"Certo che ho ragione." Disse lei tornando a concentrarsi di nuovo sul l'arco.
"Tesoro, forse quell'arco è un po' troppo grande per te." Le disse Apollo.
"No..." Rispose lei incoccando la freccia. "Ce la faccio..."
Lasciò andare la freccia e questa, visto che non aveva una traiettoria studiata, cadde nel laghetto, sprofondando.
"Sun..."
"Ops!"
"Vieni" disse Apollo. La bambina gli salì in braccio e si sedette sulle sue gambe.
"Dimmi, che cosa dovrei fare secondo te per essere un fidanzato ideale?"
Lei gli sorrise e rivolse lo sguardo verso il Sole "Vediamo... Prima di tutto dovresti fare alla tua fidanzata molti regali! Come la collana che hai regalato alla mamma!"
Il dio sorrise "E che altro?"
"Tanti orsetti di peluche, gioielli, fiori, cioccolatini..."
"E cos'altro dovrei fare?"
"Devi trattarla bene, portarla in giro..." La bambina si fermò all'improvviso.
"Papà?"
"Si?"
"A te Elisabeth piace davvero?"
"Io... Sun... Ma che domande fai?" Disse Apollo abbassando lo sguardo.
"Dico sul serio papà. Liz sembra simpatica, non prenderla in giro."
"Io non la prendo i giro." Disse lui cupo.
"E allora perché se n'è andata?"
"Non lo so..." Soffiò piano.
Ad un certo punto un corvo nero atterrò sulla spalla di Apollo e gli cinguettò qualcosa all'orecchio.
"Cos'hai detto?" Chiese lui arrabbiato all'uccello.
Quando lo vedo lo ammazzo, e non me ne frega un accidente se ora sono mortale.
L'animale cinguettò delle scuse e volò via prima che il dio potesse fargli del male.
"Che ha detto?" Chiese Sun.
"Niente di importante, piccola. Vieni qui." Disse lui ritrovando la calma esteriore.
Si distesero sull'erba. Lei appoggiò la testa sulla spalla del padre e lui l'abbracciò piano.
Passarono alcuni minuti in cui i due non dissero niente, guardarono le nuvole e il cielo.
"Papà?" Lo chiamò ad un certo punto.
"Si tesoro?"
"Devo dirti un'altra cosa che assolutamente non devi fare con le ragazze."
"Dimmi."
"Tu russi. Tanto. Non farlo."
Apollo si alzò a sedere di scatto.
"Che cosa?!" Strillò.
"È vero! Will dice che potresti far crollare la cabina 7!"
"Cosa dice Will?!"
"Fai un baccano tremendo ogni notte." Disse lei risoluta.
"Non è possibile! Io non ho mai russato in quattromila anni! E sono perfetto! I perfetti non russano!"
"Tu sì."
"Io non russo, Sun."
"E allora perché prima di andare a dormire ci mettiamo tutti i tappi per le orecchie?"
"Ma per non sentire il canto del gallo, ovviamente!"
"Noi non abbiamo un gallo." Disse lei piccata.
"Bé allora dovremo averne uno!" Urlò Apollo. "Vieni qui monella che non sei altro!"
Disse prendendo la bambina per i fianchi e iniziando a muovere le sue dita affusolate sul suo corpo.
Lei scoppiò a ridere.
"Papà! Mi fai il solletico!"
"Ma davvero?" Chiese lui con un finto tono sorpreso "Io ti sto accarezzando!"
"Papà ti prego! Smettila!" Disse lei in preda alle risa.
"Lo farò solo se ammetti che io non russo!"
"Ma non è vero! Russi peggio di un elefante!"
"E allora continuerò a farti il solletico fino alla fine dei tuoi giorni!"
Sun iniziò a piangere da quanto rideva e ad un certo punto in preda allo sfinimento gridò "Va bene! Tu non russi!"
Apollo smise di solleticarle la pancia e sorrise vittorioso. "Visto? Lo dicevo io che non russo."
Lei alzò gli occhi al cielo. "Sei proprio un bambino, papà."
"È quello che penso anche io." Disse una terza voce.
Apollo alzò lo sguardo e si guardò intorno portando un braccio davanti alla figlia, protettivo.
"Sono quaggiù, cugino."
Il dio abbassò lo sguardo verso il lago.
Appoggiato con le braccia al molo c'era un ragazzo dai capelli scuri molto simile a Percy.
"Papà chi è?"
Lui non rispose, indurì lo sguardo e chiese brusco al cugino "Che cosa vuoi, trombettista stonato?"
L'altro gli sorrise "Così mi ferisci, cugino."
"Per te sono il divino Apollo." Ringhiò lui.
"Da dove viene tutto questo astio per me?" Chiese lui innocente.
"Non fare l'innocente con me Tritone, sono il dio della profezia e certe cose le so."
"Ora sei mortale."
"Facciamo così, tu adesso apri la bocca e inghiotti la tromba."
"Vorrei tanto farlo ma vedi, non ci entra." Rispose il ragazzo ampliando il sorriso.
"Sei un dio. Adattati."
"Non c'è bisogno di tutta questa scortesia, Apollo. Sono qui per due ragioni."
"Non mi importa, vattene."
"Mmm... No."
"Ho trovato questa sul fondo del lago." Disse cambiando argomento e porgendo a Sun la sua freccia. "È forse tua?"
Lei annuì e si avvicinò al dio per prenderla ma Apollo le sbarrò la strada.
"Ferma Sun." Si avvicinò al cugino e gli strappò l'arma dalla mano "Non avvicinarti più a qualcosa a cui tengo." Disse con tono duro.
"Tieni tesoro." Diede la freccia alla figlia "Andiamo via."
"Fermi!" Tritone si agitò nell'acqua. "Ho detto che avevo due ragioni per essere qui. Una la sai, ma l'altra..."
"Tu hai la coda!" Gridò la bambina.
Tritone sorrise. "Certo. Vuoi toccarla?"
"No!" Si impose il padre. "Tu non puoi palpare le sue stupide squame."
"Ma..."
"Niente ma, signorina. Se vuoi puoi andare da zio Percy e chiedergli di giocare con gli ippocampi, ma con lui" indicò il tritone "Non devi averci niente a che fare."
Lei annuì, spaventata dallo sguardo d'odio che Apollo rivolgeva a Tritone. Prese arco e freccia e andò verso la cabina tre.
Quando se ne fu andata Apollo sia avvicinò al dio con i pugni serrati e gli mollò un gancio destro. Il viso di Tritone scattò a destra, seguito da un sonoro crack.
"Ahia." Disse massaggiandosi la mascella.
"Non lamentarti."
"Per essere mortale picchi ancora bene."
"Io picchio bene sempre e comunque, ricordalo."
"Certo cugino..."
"Parla velocemente. Non ho tutta la giornata."
"Sono qui per Liz."
"Non hai il diritto di parlare di lei dopo quello che hai fatto."
Gli occhi di Apollo, solo per un momento, ritornarono ad ardere del fuoco d'oro che lo distingueva dagli altri dei quando era una divinità. Una scossa di energia investì la piccola radura ma, così com'era apparsa, sparì in pochi secondi.
Per pochissimi attimi, Apollo era tornato ad essere una divinità.
Tritone era sbigottito, tanto che aveva nuotato indietro per alcuni metri.
"Come..?"
Apollo era sbigottito quanto lui, ma non voleva darlo a vedere e perdere l'aura di sicurezza che si era creata intorno a lui.
"Mi hai capito?" Chiese duro.
Tritone rimase in silenzio per alcuni minuti, ancora stranito dall'accaduto di poco prima.
"Liz sta male."
"Non hai risposto."
"Non posso non parlare di lei. Sono qui per rimediare."
"Sei un'idiota."
"Senti." Disse Tritone nuotando di nuovo verso il molo.
"Non ho fatto tutta questa strada per niente. Le ho spezzato il cuore dicendo la verità, ma tu sei colpevole quanto me per aver deciso di accettare le condizioni di tuo padre."
"Non avrebbe dovuto saperlo per forza."
"Siamo stati entrambi cretini, ma se ora non fai qualcosa..."
"Io? Sei tu che glielo hai detto!"
"Ma credevo che lo avessi fatto tu già da tempo!"
"Vai al tartaro, pesce." Disse Apollo prima di girarsi e camminare verso gli alberi.
"Cosa provi per mia sorella, dio del Sole?" Gli urlò Tritone.
Apollo si fermò e abbassò la testa. "Qualcosa mai provato prima." Sussurrò. "E non ho la più pallida idea del perché lo Sri a dicendo a te."
"Vuoi riprendertela?"
"Secondo te? Ora per colpa tua non mi parlerà comunque. Figurati se le chiedo di sposarmi." Disse tirando fuori dalla tasca una scatolina di velluto rosso.
Tritone spalancò gli occhi.
"Ho accettato la proposta di Zeus solo perché avevo già in mente di sposarmi. Avevo commissionato questo una settimana prima ad Efesto."
Giocherellò con la scatola. "Ma ora non servirà più a niente." Disse affranto.
"Dici davvero? Guarda." Gli chiese il cugino sorridendo.
Il dio del sole si girò verso Tritone. Il ragazzo aveva spostato alcune canne cresciute vicino all'acqua. Dietro di loro era nascosto un piccolo schermo di un messaggio-Iride.
Solo che lo schermo era vuoto, mostrava solo una stanza ben arredata del nuovo palazzo di Poseidone.
"Sta arrivando." Disse sorridendo il dio minore. "E ricorda che mi dovete entrambi un favore!" Urlò prima di tuffarsi in acqua.
"Aspetta! M che Cos..."
L'acqua del lago ribollì. Due sagome stavano salendo in superficie.

Angolo autrice: non uccidetemi!
Buona sera, mi scuso per il ritardo ma in queste due settimane ho fatto l'animatrice al grest della mia parrocchia e non ho avuto tempo di scrivere.
E poi ieri... È uscitoooooooo! The trials!!!! L'ho comprato ieri sera e l'ho finito!!! E...(spoiler) Solangeloooooooooooo😍😍😍😍
Scusate ma sono schizzata. I miei genitori mi guardavano male ogni volta che leggevo Will e Nico nella stessa frase.
Chi altro ha preso il libro?
Voglio subito il secondo!!!!
Ok, basta. Ditemi che ne pensate di questo capitolo e votate!
P.s siamo alla fine delle storia.

Blood BrothersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora