Capitolo VI ° Gabriel

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Tornai verso casa, a passi lenti, misurati.

Erano molte le cose che non sapevo spiegarmi.

Portavo con me la sensazione di chi avrebbe voluto fuggire da qualcosa di sconosciuto, anche se avevo la perfetta consapevolezza che non ci sarei riuscita.

Come quando ci si imbatte in uno di quegli incubi, in cui l'angoscia aumenta d'intensità perché il male ti segue, sempre, anche se cambi luoghi o persone.

Era capitato a me, nella realtà.

Avevo sempre davanti agli occhi quei rovi neri, visti, per la prima volta, nei disegni apparsi dal nulla, tra i miei appunti e poi sui vetri della classe ed, infine, quelle stesse spine scure avrei potuto perfino toccarle, sotto la pelle di Isa.

Possibile che Isa ed Isadora fossero la stessa persona?

Se così fosse stato, non avrei mai potuto toccarla, né lei avrebbe potuto fare altrettanto con me.

Ricordavo bene ogni più piccolo particolare della conversazione avuta nel bosco.

Allora come avrebbe potuto farmi del male?

Erano solo strane coincidenze o avevano un nome ben definito, in realtà?
Che cosa avevano a che fare con me?

Come chiamare tutto quello che mi era accaduto da quella sera maledetta dell'incidente in poi?

Ero assorta in una serie infinita di pensieri e congetture, in un rompicapo, che non riuscivo a risolvere.

Senza accorgermi ero così arrivata di fronte alla casa della zia Margie.

La cassetta delle poste era aperta.

" Strano " - riflettei.

La zia non l'avrebbe mai dimenticata aperta.

Dopo aver preso la posta, lei la richiudeva sempre, abbassando la levetta.

Di solito, l'esatta sequenza dei movimenti era quella e lei faceva sempre tutto, così meticolosamente, allo stesso modo.

Possibile che qualcuno l'avesse rotta, forse qualche ragazzo in vena di scherzi idioti.

Oppure il postino, sbadatamente, non l'aveva serrata bene?

Ed ancora strane fatalità del caso oppure qualcos'altro?

Gli ultimi avvenimenti mi avevano fatto divenire sospettosa.

Mi avvicinai e guardai dentro.

Scorsi un biglietto.

Lo lessi, di sfuggita: "Per Angie".

Per me?

Forse era di qualche amica dei vecchi tempi.

Allora, qualcuno si era ricordato di me, forse.

Vuoi vedere che il "ci scriviamo..." che ci eravamo detti, salutandoci, alla mia partenza da Londra, non era stato solo un modo di dire, ma aveva un vero significato ?

Qualcuno aveva rispettato quell'accordo.

Osservai più attentamente la calligrafia, no, non era certo di quelle disordinate ed eccentriche delle mie conoscenze.

Non poteva essere una loro lettera.

Aveva uno stile talmente diverso!

Sembrava far parte di uno di quegli inviti alle feste importanti, tanto erano eleganti e perfetti i caratteri grafici.

Antiqua - Nihil est infinitum 1° libro della saga di "Antiqua"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora