Capitolo XVI ° Il momento degli addii-parte seconda

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Sentii il bisogno di uscire fuori, per un attimo.

Da sola.

Lo sarei stata, comunque...

Di lì a poche ore.

Mi infilai il cappotto di Juan.

Mi avvolse una sensazione di buono e di tenerezza.

In quel modo, almeno, avrei potuto percepire un po' di calore umano.

Quello che mi aveva sempre donato, senza clamore, Juan.

Avrei colmato il vuoto che sentivo dentro di me, con qualcosa di gentile, di affidabile e di estremamente puro.

Come un sentimento che ci avvolge delicatamente, ma senza travolgerci.

Come una lieve brezza marina che ci accarezza, durante le ore assolate estive.

Così diversa e lontana dai forti venti di tempesta, che la passione solleva.

L'aria fredda del mattino entrava prepotente nelle mie ossa, a risvegliarmi dal tepore dei miei pensieri.

La nebbia sfumava i contorni dello scenario che mi circondava.

Ed era come se sfumasse anche i contorni della mia vita, che vedevo svanire sempre di più.

Speranze, sogni, nulla era più definito.

Ogni cosa che mi riguardava stava scomparendo.

Ed in quell'istante mi sentii molto egoista, perché non mi sarebbe importato nulla di veder sprofondare, totalmente, l'intera umanità.

Avvolta dal temibile Caos, se solo avessi trovato il modo, anche un solo modo, di salvare Gabriel.

Solo per averlo accanto, al mio fianco, ancora per una volta, per rivivere quei nostri primi incontri.

Cento, mille vite avrei sacrificato.

Avrei sacrificato, senza paura, perfino me stessa.

Con la stessa fierezza negli occhi, avrei affrontato tutto per lui.

La mia stessa morte.

Avrei dato la mia vita per salvare la sua.

E mi misi a pensare, solo di sfuggita, a quello che avrei dovuto temere di lì a poco.

Isadora.

Quale coraggio ci sarebbe voluto per affrontarla ?

Non mi sembrava, in quell'istante, una grande prova.

Pensai che non sarebbe stata una grande dimostrazione di audacia, in confronto a quella che mi avrebbe costretta a separarmi da lui.

E, francamente, mi importava solo di questo tremendo distacco.

Guardai verso la scuola.

Verso quella finestra da dove potevo intravedere Gabriel, a testa alta, immerso nel chiarore dell'aurora.

Era stato il mio primo amore.

Era appena iniziato e già stavo per perderlo.

Così intenso, ma così fugace.

Diverse persone vivono la propria esistenza, senza mai provare nulla del genere.

Altre ancora, sono coinvolte da un sentimento travolgente, che però nasce e muore dentro di loro, perché non corrisposto.

E solo alcune...

Vivono davvero, fino in fondo, il loro grande amore, per sempre.

Ma, nell' arco di tempo, in cui abbiamo il privilegio di esistere, ci sono vite che, pur amandosi, non sono destinate a stare insieme.

E Gabriel ed io appartenevamo a quest'ultima categoria.

Non avevamo potuto stare insieme e gioire se non per un unico momento.

In quel piccolo contatto, nel bosco.

Rubato, a chi ci aveva concesso, davvero molto generosamente, di sfiorarci fisicamente.

Ma per un unico, irripetibile istante.

Ed ero consapevole che non avrei mai più potuto provare la stessa intensità con nessun'altro.

Quel pensiero mi faceva morire, dentro.

Destino bastardo, che mi aveva sottratto ogni cosa.

Ogni affetto.

Prima i miei genitori.

Poi la zia Margie...

Ed, infine, anche Gabriel.

Maledetto, stramaledetto destino, che mi toglieva un sentimento appena trovato.

Un amore tenero ed infinito.

Il tempo scorreva.

Implacabile.

Ed il momento degli addii era arrivato.

Era sempre arrivato, troppo presto, per me.

Inesorabile.

Era giunto per i miei affetti più cari...

Era giunto per lui.

Ed ancora una volta, come allora, non ero preparata.

Ancora una volta, non ero pronta.

Ma, chi mai potrà dire di esserlo davvero, quando si presenta l' ora degli addii.

Sparivano i sorrisi e gli sguardi rubati.

Morivano i sogni di mani sfiorate, di abbracci interminabili.

Addio Gabriel.

Addio vita.

Perché la mia non sarebbe più stata tale.

Non avrei più potuto chiamarla in quel modo.

Come un fiore strappato al suo giardino, troppo presto, avrei dovuto dare l'estremo saluto.

Ancora una volta.

Quante volte ancora mi sarebbe stato chiesto di andare avanti ?

Di dover far finta di nulla, senza farmi troppe domande, senza darmi delle risposte ?

Solo

" Perché alla notte,

inequivocabilmente,

fa seguito il giorno " ?

Ed io, non avrei mai voluto che arrivasse quel giorno.

Avrei preferito, per sempre, una notte infinita.

Una notte senza luce, perfino nella Voragine Nera, ma con Gabriel.

Piuttosto che un giorno, anche un solo giorno, sulla terra, senza di lui.

Dallo spazio delle illusioni:  Addio Gabriel, addio vita. Spariscono i sorrisi e gli sguardi rubati. Muoiono i sogni di mani sfiorate, e di abbracci interminabili. Il tempo di lasciarsi andare a riflessioni interiori è terminato. È giunto il momento di agire ed in fretta.

Antiqua - Nihil est infinitum 1° libro della saga di "Antiqua"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora