Le mie mani sfiorano i tasti bianche e neri del pianoforte che mi ha vista crescere e che mi ha fatta innamorare della musica. Le note di una delle canzoni che non ho mai fatto ascoltare a nessuno, risuonano tra le pareti dello studio di mio padre dove, da piccola, mi chiudevo per passare le giornate intere a cercare di imparare bene a suonare questo strumento. Il piano è sempre stata la mia più grande passione che sono riuscita ad accostare al canto, successivamente. Will to live è stata composta poco prima di trasferirmi a Londra e nessuno, nemmeno Deb, sa della sua esistenza. Non è qualcosa che amo condividere con la gente perché, con questa canzone, ho decretato la fine di un brutto capitolo della mia vita. Di quel capitolo. Non canto, lascio solamente alle note la possibilità di scivolare fuori, senza romperne l'armonia e assaporandone anche il gusto amaro del suo significato. Non so perché mi sono ritrovata a suonare proprio questa canzone, è solamente sgusciata fuori e le mie mani hanno fatto il resto. New York, la città delle opportunità, e anche a distanza di anni, continua starmi stretta, custodendo tra i suoi grattacieli anche la mia storia. Continuo a far scivolare le dita sui tasti, ormai, consumati dal tempo e da tutte le volte che sono stati premuti, prima di riportare la mia attenzione alla porta dello studio, dove mio padre mi guarda sorridendo.
"Ehi!" lo saluto, alzandomi e andandogli incontro. Lo abbraccio come facevo da bambina e fino a qualche anno fa. La distanza, soprattutto da lui, per i primi tempi, mi ha logorata. È sempre stato il mio punto di riferimento e dovermici allontanare, mi è costato caro.
"E' sempre bello sentirti suonare." Stingendomi nel suo abbraccio. "E' nuova?" riferendosi alla canzone.
"In verità no. L'ho scritta prima di trasferirmi a Londra." Evitando di guardare i suoi occhi. So che ha capito, è lo ringrazio segretamente, per star cambiando discorso.
"A che ora hai l'aereo?" chiede, riportando lo sguardo nel mio. Gli sorrido e, davvero, non saprei cosa fosse successo se non avessi avuto lui al mio fianco.
"Domattina alle dieci. Anche Dylan va via domani?" chiedo, avvicinandomi al piano e recuperando il mio cellulare. Il nome del biondo mi fa sorridere, e sono proprio curiosa di sapere cosa mi ha scritto oggi. È strano come siano cambiate le cosa. Se prima che tutto succedesse, non lo sentivo per mesi quando erano in tour, adesso non fa altro che mandare messaggi e chiamarmi appena può. So che non è salutare tutto questo, proprio in vista della loro nuova partenza per il nuovo tour. Ma è più forte di me, di noi. In questi giorni, posso affermare, che ci siamo sentiti più di quanto non abbiamo fatto da quanto ci conosciamo e l'unico a non sopportare questa cosa è, ovviamente, Louis considerando che, a suo dire, si sente messo da parte visto che le mie telefonate, prima di Niall, erano tutte destinate a lui.
"Si." Avvicinandosi e posizionandosi di fronte a me, sorridendo. "Non so cosa sia successo in questi giorni ma, ti prego, continua a fare tutto quello che stai facendo. Non m'importa cosa, ma fallo. Non sorridevi così da anni e, ti prego, non smettere." Alle sue parole mi avvinghio di nuovo a lui e, con non poca fatica, cerco di trattenere le lacrime. Mi lascia un bacio tra i capelli e, quando alzo lo sguardo, noto i suoi occhi lucidi che mi fanno tremare l'anima. Sorrido per lui, per me, per Niall, perché finalmente vedo uno spiraglio di luce in fondo al tunnel che per anni mi ha tenuta prigioniera e che sta, pian piano, mollando la presa. Sorrido, perché, non ho paura di dirlo, non più, sono felice.
Erano anni che non passavo una serata sola con mio fratello e, ieri sera, non ci siamo fatti mancare proprio nulla. Cinema, cena e passeggiata fino a Central Park. Oggi è il giorno delle partenze e, sia io che Dylan, stiamo preparando le ultime cose prima di raggiungere rispettivamente l'aeroporto e New Haven. Avrei voluto che venisse anche lui ma il viaggio verso il college è lungo e non voglio fargli perdere altro tempo. Dopo un abbraccio strappalacrime, saluto mio fratello sperando di rivederlo presto e mi affretto a salire in auto di mio padre, per poi dirigerci al JFK. Nessuno, tranne Deb, sa che sto per tornare a casa, considerando che anche a Niall avevo detto di star pensando di rientrare nel week-end scaturendo in lui non una buonissima reazione. Dopo aver salutato mio padre, fatto il check-in e saliti sull'aereo, ci prepariamo a cinque ore di volo, pronta a riabbracciare i miei amici e a stringermi tra le braccia del biondo.
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Sulle note del cuore // Niall Horan //
FanfictionA ventidue anni, ritrovarsi a fare il lavoro dei propri sogni, è qualcosa che renderebbe felice chiunque. Non dico che io non lo sia, ma è come se mancasse qualcosa. La fama, il successo, i soldi non contano nulla se ti senti sola anche quando sei c...