XI

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Finalmente, quelle ore tanto attese sono passate. Ho trascorso l'intera notte a girarmi e rigirarmi sul divano senza mai riuscire a prendere sonno; i nuovi lividi sovrapposti a quelli vecchi facevano malissimo, causandomi dolorose fitte ogni qualvolta li sfiorassi.

Guardo l'orologio: sono le sei del mattino. Ancora un po' presto per dirigermi già in ospedale, ma almeno sembra un orario più normale per alzarsi rispetto alle quattro o alle cinque. Dovrei entrare in camera per prendere un nuovo cambio tra quelli che ho lasciato qui a casa dopo aver fatto le valigie ed essermene scappata via, e sinceramente ho un po' paura che sia sveglio e che gli sia ritornata quella sua voglia malsana.

Appoggio l'orecchio sulla porta in legno per cercare di captare anche un minimo rumore; Thomas russa beatamente, e per quanto possa odiare quel suono al momento mi tranquillizza. Così entro e afferro velocemente e il più silenziosamente possibile un paio di jeans, un'altra t-shirt e la mia biancheria intima. Entro nella doccia e dopo cinque minuti sono già fuori, avrei preferito starci più tempo, rilassare i nervi sotto l'acqua calda, ma non posso fare rumore. Mi vesto in fretta, recupero la borsa che non so assolutamente come ho ancora, le chiavi della macchina, e mi siedo un attimo sul divano per allacciare il famoso cinturino maledetto dei tacchi. Per prenderne un altro paio più comodo avrei svegliato tutto il vicinato visto il rumore che fa la scarpiera aprendosi, così ho preferito lasciare questo.

Manca poco alle sette, infatti i raggi del sole iniziano a farsi sempre più caldi, entrando dalle fessure delle finestre. Il turno delle otto sembra ancora lontano ma qui non voglio trascorrere un momento di più. Sono indecisa se scrivergli o meno un biglietto per informarlo che sono a lavoro, ma poi mi dico che è inutile visto che per sapere di Laura, e soprattutto di Justin, deve avermi seguito per giorni a mia insaputa. Riuscirà sicuramente a sapere dove mi trovo anche oggi.

Esco di casa, percorro il breve sentiero in mattoni dorati circondato da un verde splendente ed entro in macchina. Metto subito in moto e spingo il mio piede sull'acceleratore; mancano meno di un paio di chilometri e finalmente tornerò a respirare.

Sono nella stanza di Justin già da un paio di minuti, e stranamente ancora non riesco a pronunciare nessun'altra parola a parte il mio solito "Buongiorno."
Forse è perché sono troppo impegnata a non far uscire le lacrime copiose, ma quando finalmente mi decido, la voce è già piuttosto incrinata.
«É successa una cosa e non so con chi altro parlarne se non con te.» Prendo una breve pausa, prima di diventare un vero e proprio fiume in piena. Mentre le parole scivolano, insieme alle lacrime, involontariamente disegno dei cerchi immaginari sul dorso della sua mano. È così morbida che baciarla mi manderebbe dritta in paradiso.
Gli racconto del perché me ne sono andata frettolosamente da lui il giorno prima, avendo il bisogno di rifugiarmi in casa di Laura...
«Avevo notato una casa in affitto e volevo solo andare a vederla. Non volevo più pesare su Laura, un paio di giorni mi erano già bastati, ma non ho potuto. Si è presentato Thomas. Non avrebbe dovuto sapere dove mi trovavo e invece lo sapeva. La consapevolezza che lui mi abbia spiato per tutto quel tempo mi fa temere che in questo momento non siamo soli. Ho paura che possa nascondersi in qualche angolo e che senta quello che sto per confidarti. È come se fossi in una gabbia, parecchio più grande, ma comunque in trappola, ovunque io vada.
Abbiamo avuto una specie di lotta in cui io ho cercato di ferirlo, senza molto successo. Alla fine ha vinto lui e mi ha riportata a casa.» Spiego, omettendo la storia del calcio, mentre mi accarezzo la zona colpita con la mano libera.
«Ho pianto per tutta la notte, credo. In realtà non ricordo nemmeno se sia riuscita a dormire per un po' di minuti. La mia mente era troppo impegnata da quei pensieri orribili... è arrivato addirittura a minacciare Laura affinché non venisse a salvarmi, ti rendi conto?», sussurro con voce atona, guardando il suo viso. Il fatto che continui a non reagire mi fa spezzare un altro pezzo di cuore.
«E ha messo in mezzo pure te... In questa storia tu non devi centrare niente, è solo colpa mia se ora lui sa chi e ti userà come mio punto debole per distruggermi perché tu sei... la persona che più sento vicina in questo momento e io ho bisogno di te e ti prego svegliati!!». La mia voce da sussurro diventa piano un urlo di disperazione. Lo imploro di aprire gli occhi mentre il mio discorso perde sempre più lucidità. Sto diventando pazza.. credo persino di aver sentito Justin ricambiare impercettibilmente la mia stretta, ma è solo una mia sensazione perché fino ad un secondo fa non dava alcun segnale, perciò è impossibile, giusto?
Poggio lo sguardo sulle nostre mani e inaspettatamente lo fa ancora. Ho visto le sue dita muoversi, questa volta non posso essermelo immaginato! Oddio...
Alzo lo sguardo sulle sue palpebre stremanti, che un momento dopo rivelano finalmente la sua tonalità di occhi. Un marrone dolce, diverso da quello che avevo immaginato, ma così bello che mi fa mancare la terra sotto i piedi. Mi fissa per un momento, mentre cerco di realizzare che tutto questo è reale, per poi far alzare debolmente l'estremità delle labbra in un sorriso.
«Justin...», dico tremante, mentre sento il cuore correre all'impazzata nel petto.

The Cure || Justin Bieber (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora