XXIV

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«Ryan?»

Sono seduta sul bordo del letto di Justin, ad osservare ogni particolare del copriletto colorato in modo da farmi tornare alla mente ogni minimo ricordo mozzafiato della notte precedente. Devo pur trovare un modo per far smettere le lacrime di scendere, e questo per il momento sembra piuttosto efficace. Non mi accorgo nemmeno quando Justin mi raggiunge, sorvolando silenziosamente la porta con le mani occupate.
Fa un passo avanti, sovrastandomi con la sua altezza. «È andato via», risponde, poggiando i fiori sul letto, accanto a me. Li fisso assorta per un attimo, ripensando a tutto quello che ho provato quando me lo sono ritrovato davanti in ospedale. Sono successe così tante cose che sembra quasi che non sia successo solo ieri.
«Li avevi lasciati al piano di sotto», spiega, afferrando poi il kit da pronto soccorso e cercando di capire cosa dovrebbe fare.

«Lo so, non potevo portarli a casa», ribatto, sentendo un nuovo groppo alla gola. «Faccio da sola, non preoccuparti», mi offro, notando quanto sia in difficoltà. Prendo il disinfettante e un po' di ovatta e con mani tremanti mi avvicino ad uno specchio appeso al muro. Non mi sono ancora vista, non ne ho avuto il coraggio prima, ma ora sono obbligata. Spalanco gli occhi, faccio paura. Non riesco a capire per quale motivo Justin non sia ancora scappato a gambe levate da tutti i miei casini e dalla mia faccia insanguinata.

Non ci credo che... lui mi abbia ridotto così, non posso crederci. Qualche giorno fa mi aveva baciato, e quel bacio era diverso, quasi come se volesse dirmi che una parte di lui ancora mi amava. Che fine ha fatto?
Riprendo a singhiozzare, più forte, allontanandomi come scottata da quello specchio maledetto. Sono orribile.
«Non ci riesco», ammetto, bagnando con le lacrime la spalla muscolosa di Justin, il quale mi ha subito accolta tra le sue braccia non appena ha notato un'ombra nei miei occhi. Lo fa sempre. Mi permette sempre di aggrapparmi a lui, evitandomi di sprofondare in qualunque buco nero. Grazie Justin, penso, ma purtroppo non ho il coraggio di pronunciarlo.

«Non devi», mormora nel mio orecchio, lasciandomi poi un dolce bacio umido sotto di esso. «Siediti qui, lascia fare a me.»

Annuisco senza dire una parola, ubbidendogli. Mi fa allargare di poco le gambe, posizionandosi tra di esse.
«Alza un po' il mento», ordina. Lo faccio. Seguo con attenzione i suoi movimenti, come il suo braccio si flette nella semplice azione di bagnare con un po' di liquido la nuvoletta di ovatta, come passa il batuffolo fresco sul mio viso, con una delicatezza tale che quasi non lo sento, fatta eccezione per quelle piccole scosse di dolore.

«Non mi stai facendo male; puoi strofinare un po' più forte», gli concedo.

«Non voglio essere rude.» Sorrido, nonostante anche questo piccolo movimento mi procuri dei problemi, ma è inevitabile.

«Ecco, dovrebbe andare. Non riesco a pulire bene questa parte, ma...»

«Non preoccuparti, hai fatto abbastanza. Grazie.» E questa volta lo dico sul serio.

Le sue labbra si curvano in un dolce sorriso, mentre mi scruta attentamente negli occhi. Gli si formano anche delle piccole rughette ai lati. «Ho una voglia matta di baciarti», dice ad un tratto, tutto d'un fiato. Mi si mozza il respiro.

Lo voglio anche io, da morire. Dopo quello che è successo ieri sera ogni suo sguardo sul mio corpo brucia dieci volte di più, così come aumentano le scosse ogni volta che mi sfiora. Ma questa mattina, tornando a casa, ho fatto una promessa a me stessa. Non dirò mai che non sarebbe dovuto succedere, solo che non potrà più accadere in futuro. E quello da cui Justin mi ha salvato è solo un altro elemento che mi permette di restare ancora più ferma e convinta sulla mia decisione, non il contrario. Non posso rischiare che qualcun altro si faccia male, oltre me. Thomas ha minacciato Laura solo perché mi aveva dato un posto dove dormire per un paio di notti... Quanto tempo ci vorrà perché arrivi anche a Justin?

The Cure || Justin Bieber (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora