GIORGIO
< Io, sono il fidanzato>, rispondo avvicinandomi alla donna seguito da Giulio e da Chiara; mi aggiusto nervosamente il cappellino e faccio un respiro profondo.
Ho paura che mi dica qualcosa come :" ehi, la tipa è schiantata, levatevi di culo e andate all'obitorio ". Magari non me lo direbbe così, ma il messaggio sarebbe lo stesso.
< Andate a prendere dei vestiti per la ragazza, deve essere ricoverata>, mi comunica leggende distrattamente qualcosa su un foglio.
< Oh cazzo, questo vuol dire che è viva?>, chiedo sorridendo e tirando un sospiro di sollievo.
< Certo, non ricoveriamo le salme>, risponde ironica.
< Oddio>. Anche Giulio tira un sospiro di sollievo e si porta una mano sul petto.
< Giulio, per favore, rimani qui e aspetta se dicono qualcos'altro. Chiara, puoi venire con me a prenderle i vestiti? Non so bene cosa prenderle>, domando ai due dopo esserci allontanati.
< Certo>, risponde subito Chiara.
< Se ci sono novità ti chiamo>, dice Giulio annuendo.
Posò una mano sulla tasca sei pantaloni per cercare le chiavi e non appena mi accorgo di non averle mi porta le mani davanti al viso.
< Cazzo, ho lasciato l'auto in mezzo alla strada!>, esclamo.
< Fa niente, andiamo con la mia>, mi rassicura Chiara.
< Domani mi toccherà passare dalla polizia per sapere che fine ha fatto, non penso l'abbiano lasciata lì in mezzo strada>, penso ad alta voce. Usciamo a passo svelto dall'ospedale e altrettanto velocemente raggiungiamo la smart di Chiara.
< La macchina è direttamente proporzionale all'altezza tua e di Giulio>, ci scherzo su, giusto per sdrammatizzare un po'. Lei mi sorride e mi rivolge il dito medio, per poi salire in auto. Sento il cuore mancare un battito: è lo stesso gesto che mi ha fatto Nicole proprio prima di essere travolta dall'auto, e ciò mi fa rivivire tutta la scena di poche ore fa, il che causa un aumento dell'ansia dentro di me. Più che ansia è paura, forse; non so bene cosa sia. Mi sembra di rivedere davanti a me: l'auto di Nicole rovesciarsi e lei che perde molto, troppo sangue. Rivedo persino i volti delle persone illuminati dagli inquietanti colori delle luci delle sirene.
<Giorgio, che hai?>, chiede Chiara, vedendomi sicuramente sbiancare.
<N-niente>, rispondo tremando come una foglia. Un altro attacco di panico. L'ennesimo. Nelle situazioni difficili il mio corpo reagisce così, è matematico.
< Giorgio, calmati. Fa dei bei respiri>, mi incita Chiara, ma non riesco proprio a respirare.
Sento il mondo come lontano da me, vedo Chiara parlare al telefono ma non riesco a capire cosa stia dicendo. Mi accascio a terra, continuando a tremare come una foglia.
Mi prendo i capelli tra le mani, facendo cadere il cappello, ma non sono abbastanza lucido da preoccuparmene.
Sento scuotermi per le spalle, alzo la testa e vedo Giulio davanti a me. Mi porge delle pasticche e capisco che mi sta dicendo di prenderle. Le prendo dalla sua mano e cerco di ingoiarle, ma non riuscendoci le sputo sulla mano e inizio a tossire. Chiara estrae dalla borsa una bottiglietta d'acqua piena per metà, la apre e me la porge. Rimetto le pasticche in bocca e prendo una sorsata d'acqua, riuscendo finalmente a mandare giù le pasticche. Continuo a tremare ancora per qualche istante, poi mi calmo.
< Stai bene?>, domanda Chiara abbassandosi per arrivare alla mia altezza.
< Sì, grazie>, rispondo rivolgendo un'occhiata ai due fidanzati. Giulio mi porge una mano e mi aiuta ad alzarmi; Chiara mi rimette il cappellino e io me lo giro indietro.
< Andiamo?>, mi incita. Annuisco e saliamo sull'auto di Chiara.
< Vuoi un po' di musica?>.
< Sì, grazie>. Accende lo stereo e mette in moto l'auto. Durante il tragitto verso casa mia rimaniamo tutti e due in silenzio ad ascoltare l'orrenda musica che passano alla radio; ammiro Roma di notte dal finestrino: è proprio bella la mia città.
Arriviamo abbastanza velocemente a casa, scendo e vado ad aprire il portone.
< Cazzo Gio', che paura! Pensavo fosse un ladro!>, urla Tommaso dopo aver sceso di corsa le scale.
< Oh certo, perché un ladro entrerebbe dalla porta, tra l'altro con le chiavi>, ribatto ridendo per l'ingenuità di mio fratello.
< Non si sa mai... Ehi, ciao Chiara!>, dice dopo aver notato la ragazza dietro di me
< Ciao Tommi>, lo saluta Chiara alzando la mano.
< Tommi, accompagna Chiara in camera mia e di Nicole, io vado a cercare il borsone>, ordino dirigendomi verso lo sgabuzzino.
< A che te serve il borsone?>, domanda perplesso.
< Nicole ha avuto incidente in auto, la devono ricoverare in ospedale>, spiega Chiara facendo una smorfia.
< Porca madonna! Che cazzo è successo?>.
Spiego a Tommaso le dinamiche dell'incidente, mentre le immagini riaffiorano nella mia mente, ma questa volta resto calmo, grazie alle pasticche che ho preso poco fa.
Chiara va nella camera mia e di Nicole accompagnata da Tommaso, mentre io vado alla ricerca di un borsone, che trovo poco dopo e porto in camera, dove trovo una serie di vestiti ben ripiegati disposti sul letto.
< Le ho preso qualche pigiama , un paio di tute e un jeans e una maglia per quando uscirà. Dove sono i suoi trucchi, le spazzole, il caricabatterie del telefono e la sua agendina?>.
Indico a Chiara i posti dove sono le cose che ha chiesto e ripongo ordinatamente nel borsone le cose che ha già preparato.
< Vengo anche io in ospedale>, annuncia Tommaso entrando in camera.
< Ma no Tommy, tanto si tratta solo di aspettare, rimango solo io>, lo rassicuro rivolgendogli un sorriso.
< Allora ti faccio compagnia>, insiste.
< Okay, fatti accompagnare da Chiara in macchina, io prendo la moto>. Quella moto sono mesi che è chiusa dentro al garage, non la uso praticamente mai.
< Non credo sia una buona idea, non mi pare tu sia nelle condizioni adatte per guidare>, mi rimprovera Chiara, dimostrando di essere veramente preoccupata per me.
< Tranquilla, mi aiuta a rilassarmi>.
< Sicuro?>.
Annuisco e porgo a Chiara il borsone, che si mette in spalla ed esce.
< Stai attento, Gio'>, si raccomanda prima di uscire poggiando una mano sulla mia spalle. È una brava amica, Chiara, sia per me che per Nicole.Salgo sulla mia moto, che oramai uso raramente, e parto in direzione dell'ospedale. L'aria fresca della notte frizza sulle mie mani, che sono diventate molto fredde.
Guidare mi ha sempre tranquillizzato, ma dopo ciò che è successo a Vittorio, e ora anche a Nicole, non mi piace più così tanto; basta una minima distrazione, tua o di un'altra persona alla guida, e potresti essere coinvolto in un incidente. È assurdo, la vita di ognuno di noi è appesa a un filo.
Ho ancora paura per ciò che possa essere successo a Nicole, se l'hanno ricoverata vuol dire che ha subito danni abbastanza gravi. Il problema è che non so quanto siano gravi.
Ho paura, davvero paura. Paura di ciò che accadrà, paura anche che tutto ciò sia successo per colpa mia; se solo non le avessi dato quel piccolo vantaggio per quella stupidissima gara ora ci sarei io all'ospedale, e sinceramente l'avrei preferito. L'unica cosa che voglio è il suo bene, anche a discapito della mia salute.
Arrivato all'ospedale trovo Chiara e Tommaso ad aspettarmi davanti all'entrata del pronto soccorso. Entriamo e ci avviciniamo al box.
< Senta, sa dirmi qualcosa su Colombo Nicole?>, domando cercando di apparire il più gentile possibile.
L'infermiera controlla per qualche istante al computer, poi porta lo sguardo su di me. Ha uno sguardo spento e un accenno di occhiaie, come se fosse a lavoro da troppe ore, e probabilmente è così.
< Quarto piano, terapia intensiva. Stanza 7>, risponde con aria annoiata, ma la mia attenzione ricade su due sole parole: terapia intensiva. Non è un buon segno, non lo è proprio per niente. Solitamente in quel reparto ci vengono messi i casi gravi, e a quanto pare anche Nicole lo è.
< Terapia intensiva? Che cosa le è successo?>, chiedo allarmato, sentendo subito i battiti accellerare.
< Mi dispiace ragazzo, non so dirti altro>.
< Okay, grazie mille. Possiamo salire a portarle i vestiti?>, continuo, cercando di limitare il tremolio della mia voce.
< Solo una persona, dato che l'orario di visita è finito. Per quanto riguarda gli orari di visita in terapia intensiva sono come quelli di tutti gli altri reparti, una persona può, volendo, starci anche tutto il giorno, tranne durante le visite dei dottori. I bambini non sono ammessi. Se vuoi sapere le condizioni di salute della persona ricoverata dovrai chiedere ad un'infermiera del piano il dottore o la dottoressa di riferimento e dovrai chiederle un colloquio>, mi spiega l'infermiera con la solita aria annoiata che mi urta il sistema nervoso.
< Okay, salgo io a portarle i vestiti>, comunico ai tre; saluto i due fidanzati e mio fratello, che Giulio e Chiara si sono offerti di riaccompagnare. Mi dispiace che si siano scomodato per nulla, ma ciò significa che ci tengono davvero a Nicole.Chiamo un ascensore e salgo fino al quarto piano; non appena arrivo al piano la porta si apre sulla sala d'attesa. Seduta su una sedia c'è una ragazzina che sta piangendo a dirotto e c'è un ragazzino al suo fianco, che credo sia il fratello, che la sta consolando.
< Vedrai che nonno si rimetterà>, la rassicura il ragazzo, ma questa singhiozza ancora più forte. Odio gli ospedali, sono così tristi: è pieno di gente che soffre, o perché è un paziente o perché è una persona cara di un paziente; io appartengo alla seconda categoria di persone, e avrei tanto voluto rientrare nella prima, giusto per evitare che Nicole soffra ancora.
Apro il portone che conduce al reparto di terapia intensiva e mi ritrovo davanti un dottore.
< Ragazzo, l'orario di visita è finito da un bel pezzo>, mi rimprovera con sguardo severo.
< Lo so. La mia ragazza, Nicole Colombo, è stata ricoverata poco fa, sono venuto a portarle i vestiti>, ribatto insicuro, atteggiamento che sicuramente non mi si addice.
< Oh, ma certo, li consegni pure a me>. Porgo al dottore il borsone un po' deluso, visto che speravo di poter entrare a salutare Nicole.
< È lei il dottore di riferimento per Nicole?>.
< Sì>.
< Può dirmi qualcosa? La prego, sono preoccupato>, lo supplico, quasi.
< La sua ragazza ha subito un trauma cranico, né lieve né grave, ma le ha provocato un leggero stato di coma. Non si preoccupi, dovrebbe svegliarsi nel giro di una settimana, abbiamo fatto molti esami>, mi comunica con la stessa tranquillità che avrebbe usato per ordinare un panino al Mc Donald.
COMA. C-O-M-A. Le lettere che formano questa parola risuonano nella mia testa, provocandomi delle fitte al cuore. Ho un groppo in gola, mi sento come morire.
< G-grazie>, sussurro balbettando prima di uscire correndo dal reparto e poi dall'ospedale.
Prendo la moto e torno velocemente a casa. Non appena entro in camera mi butto sul letto e scoppio a piangere, sentendo il cuscino impreganto del suo odore così dolce e familiare.SPAZIO AUTRICE
Allora, volevo dirvi una cosa: mi è capitato in molte fan fiction di leggere che qualcuno andava all'ospedale e di leggere cose assurde. Ecco, proprio per evitare anche io di scrivere cazzate, dato che non sono di certo un medico, mi sono documentata su internet. Ciò che scrivo sull'ospedale, sui dottori e quant'altro non è preso da Internet, è ciò che succede nell'ospedale della mia città, perciò potreste non trovare riscontro con ciò che avviene nei 'vostri'.
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto 😘
![](https://img.wattpad.com/cover/66871758-288-k287283.jpg)
STAI LEGGENDO
Sorreggimi se cado~ Mostro
FanfictionSecondo libro della trilogia. A seguire: "Proteggimi, siamo rondini con il guinzaglio~Mostro". " Quando si prova un dolore lancinante la cosa più sbagliata che possiamo fare, ma che alla fine facciamo tutti, è quella di chiudersi in se stessi e di e...