Capitolo 30

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NICOLE
Io e Giorgio stiamo andando all'obitorio, a Clarissa l' ha portata l' ambulanza.
Estraggo la lettera dalla tasca e me la rigiro tra le mani, indecisa sul da farsi.
< Dovresti leggerla>, mi consiglia Giorgio con tono dolce. Prendo un respiro profondo e chiudo gli occhi, per poi annuire. Deglutisco ed apro la lettera di mia sorella.

Ciao Nico,
innanzitutto mi scuso se questa lettera non sarà all'altezza delle tue aspettative, ma qui tra le due la scrittrice sei tu, non io.
So che è una cosa scontata e che viene scritta da tutti, ma se stai leggendo questa lettera vuol dire che io non ci sono più. Penserai che avrei potuto avere più fantasia ed inventarmi una frase nuova invece di utilizzare questa, che è stata usata da tutti in tutte le lettere d'addio, ma in questo momento è già tanto se riesco a scrivere queste due cazzate. Non starò di certo qui a scrivere una lettera strappalacrime, ho solo bisogno di dirti le ultime cose prima di andarmene.
Vorrei chiederti scusa; so per certo che la mia perdita ti farà soffrire perché, anche se spesso e volentieri litigavamo, ci volevamo bene ed eravamo pur sempre sorelle. "Eravamo" non è corretto da dire, noi siamo ancora sorelle, lo saremo per sempre, anche se quando leggerai questa lettera il mio cuore avrà già smesso di battere.
So che sarà difficile, ma ti prego di non stare troppo male per la mia perdita, pensa che adesso sto sicuramente meglio di quanto non stessi negli ultimi mesi.
Oggi, 2 settembre 2015, sarebbe dovuto essere il giorno più felice della mia vita, invece sarà il giorno in cui metterò fine a tutte le mie sofferenze, me ne andrò per sempre da questo schifosissimo mondo che mi ha tolto tutti i motivi che avevo per essere felice.
Oggi, secondo i piani, avrei dovuto sposare Vittorio e, se esiste una vita ultraterrena, lo raggiungerò per dirgli il fatidico sì.
Vorrei che tu chiedessi scusa a Giorgio se per un po' di tempo l'ho evitato, ma mi ricordava troppo Vitto.
Ad essere sincere, avevo programmato il mio suicidio già da tempo, perciò ho organizzato tutto: ho già acquistato il posto al cimitero accanto a quello di Vittorio, ho già comprato la bara, fatto testamento e tutto, così voi non avrete spese relative al suicidio di una stupida ragazza impazzita per amore. So anche io che il mio è un gesto stupido, ma so che è la cosa giusta da fare. Non voglio più vivere in un mondo che non mi appartiene; sento che è arrivato il mio momento.
Bene, dato che quando leggerai la lettera non ci sarò più e non potrai più rompermi o vendicarti, devo confessarti una cosa: ti ricordi quando avevi 14 anni e mamma scoprì che fumavi le canne e ti mise in punizione dopo avertele date di santa ragione? Beh, fu colpa mia. Mi dimenticai l'erba in bella vista sul tuo letto e lei la trovò. Scusami tanto!
Penso che questa sia la lettera d'addio più brutta che sia mai stata scritta, ma sai, non ho intenzione di essere ricordata in maniera differente da ciò che ero.
Nico, sappi che ti ho sempre voluto e che ti  vorrò sempre bene.
Un bacio,
Clari.

PS: Scusate per il sangue.

Nonostante senta la necessità di sfogarmi,  l'apatia ha preso il possesso su di me e non sono più in grado di esternare alcuna emozione, nonostante dentro mi senta morire. Probabilmente avrei bisogno di piangere, ma non voglio farlo, mi sentirei debole. In questo momento mi tornano in mente le parole che Giulio mi disse dopo che Giorgio scoppiò a piangere nel backstage al live del 26 aprile: " Nicole, piangere non è una cosa brutta, anche i più forti, come Gio', lo fanno", ma nemmeno queste riescono a farmi piangere.
< Clarissa si scusa per averti evitato per un po', ma le ricordavi troppo Vittorio>, comunico a Giorgio, fin troppo seria. Giorgio deglutisce silenziosamente, vedo il suo pomo d'Adamo muoversi con la coda dell'occhio. Mi giro verso di lui come ad incitarlo a dirmi qualcosa, ma l'unica risposta che ricevo, almeno in questo istante, sono delle lacrime che rigano silenziosamente le sue guance.
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo leggermente.
< Sai, io proprio non ti capisco! Come diamine fai a rimanere così impassibile?>, chiede trasformando il tono della voce da dolce ad incazzato ed alzandolo anche.
< Ognuno reagisce in modo diverso al dolore>, rispondo con voce piatta, senza lasciare trasparire alcuna emozione.
< Tu stai reprimendo le tue emozioni, ti tieni tutto dentro, non devi!  Con me non hai bisogno di indossare alcuna maschera, dovresti saperlo!>.
< Non sto indossando nessuna maschera, è solo il mio modo di reagire al dolore, tu fai un piantino ed io divento apatica, c'est la vie>, continuo mantenendo lo stesso tono piatto.
< Non mi piaci quando sei così acida>, si lamenta sbuffando.
< Dovrai abiturarti>.
< Oppure potresti non fare l'acida>.
< Oppure potresti non rompere il cazzo.>.
< Oppure potresti andartene a fanculo!>, ribatte spazientito dalla piega che sta prendendo la conversazione.
< Mi dai fastidio, sai come reagisco quando sto male>.
< Oh, certo che lo so, diventi apatica e vomiti finché non diventi anoressica, tutto per non versare due schifosissime lacrima!>, continua ad urlare e la sua voce, a differenza delle altre volte, inizia ad infastidirmi.
< Non serve ad un cazzo piangere>. Fa una risatina amara e mi guarda con un sorriso strafottente, scuotendo leggermente la testa.
< Ah, perché vomitare serve invece, eh?>.
< Non ho più voglia di parlare con te>. Giro la testa a destra e guardo la città scorrere al di fuori del finestrino.
< Non sai che rispondere, perché sai che ho ragione>, continua quasi fiero di ciò che ha appena detto.
< Senti, tu continua a frignare come una bambina, io continuo a vomitare, okay? Ognuno pensi alla propria vita>; Detto ciò incrocio le braccia al petto e disconnetto il cervello dal mondo esterno. Giorgio caccia un urlo esasperato e tira una botta al volante. Di tanto in tanto lo vedo con la coda dell'occhio che si passa le mani tra i capelli, scompigliandosi la cresta; un gesto derivato dal nervoso, non si sarebbe mai scomposto la cresta di proposito.
Quando arriviamo all' obitorio scendiamo dall'auto  e ci dirigiamo in silenzio verso il medesimo edificio dove eravamo venuti solo pochi mesi prima. Davanti all'edificio, seduti sulla panchina o in piedi, ci sono molti amici di Clarissa e i nostri parenti. Tra tutti i parenti spiccano mia madre e mio padre: quest' ultimo piange a dirotto, ma lui piange sempre, perciò non mi meraviglio, mentre la seconda si sta tamponando gli occhi con un fazzoletto. La sua falsità mi dà alquanto fastidio, si vede lontano un miglio che sta fingendo. Il mio muro di apatia viene rotto e in me si forma una nuova emozione: rabbia.
Mi incammino a grandi passi verso la donna che per ventitré anni ho chiamato "mamma". Indossa un vestito nero abbastanza attillato che le copre a malapena il sedere, dei tacchi vertiginosi ed è truccata come se dovesse andare in discoteca; tutto ciò non fa che aumentare il suo livello di ridicolosità.
< Che tragedia!>, dice facendo finta di essere disperata. Chiedo a Giorgio di reggermi la borsa e lui accetta, senza però capire perché debba farlo.
< Sei ridicola!>, sbotto non appena sono abbastanza vicina.
< Oh amore mio, mi dispiace>, continua con il suo finto tono melodrammatico.
< Ma "amore mio" a chi? È inutile che fai la finta mamma dispiaciuta solo perché c'è gente, a te non è mai fregato un cazzo nè di me nè di Clarissa! Sono stata in coma e non sei venuta a trovarmi nemmeno una schifosissima volta, e per di più dicendo che me lo meritavo perché mi ero sicuramente messa al volante ubriaca! Tua figlia ha passato mesi ad autodistruggersi e tu non le hai mai fatto nemmeno una chiamata!>. Mi interrompo un attimo per riprendere fiato.
< Sei ridicola, cazzo! Si vede lontano un miglio che stai facendo finta di stare male!>.
< Non ti permetto di parlarmi così! Io vi voglio bene!>.
< Ma vattene a fanculo!>. Come risposta ricevo uno schiaffo sulla guancia che mi fa ruotare la testa a destra. Deglutisco per cercare di calmarmi un po', ma con scarsi risultati, così stringo il pugno destro, conficcandomi le unghie nella carne. Torno lentamente con la testa dritta mentre le rivolgo uno sguardo assassino.
<Dovresti esserci tu all'obitorio, puttana>, sputo acida guardandola dritta negli occhi.
< Ma come ti permetti!>, urla con la sua voce stridula avvicinandosi in modo pericoloso a me, ma veniamo entrambe allontanate, io da Giorgio e lei da Ernesto, mio zio, nonché suo fratello, arrivato qualche giorno fa dalla Sardegna. Giorgio mi trascina per un braccio lontano dalla massa di persone, mentre io continuo a inveire contro mia madre.
< Ti sembra normale voler picchiare tua madre, per di più davanti all'obitorio?>, domanda con tono arrabbiato Giorgio non appena siamo abbastanza lontani da non farci sentire. Tutto il nervoso accumulato precedentemente mi fa venire voglia di vomitare, così mi avvicino ad un albero e rimetto, nonostante il mio stomaco sia vuoto. Ho letto su internet che è normale vomitare quando si prova un forte stress, ma ho paura che questo possa ricondurmi sulla strada della bulimia. Giorgio, come sempre, si avvicina a me e mi lega i capelli, per poi restare lì con me ad accarezzarmi la schiena, un gesto che riesce sempre a tranquillizzarmi. Non appena finisco apre la mia borsa e mi porge una salviettina e poi una gomma, dimostrando di conoscermi perfettamente. Ci guardiamo negli occhi per alcuni istanti, poi Giorgio mi abbraccia, senza alcun motivo ben preciso.
<Ti amo>, sussurra mentre mi stringe forte a sè. Tra le sue braccia mi sento debole, sento che la mia barriera di apatia sta cedendo, sento gli occhi diventare lucidi, non voglio assolutamente piangere. So che mi farebbe bene e che probabilmente ne ho bisogno, ma è questione di principio, non voglio farlo.
< Scusami>, sussurro allontanando Giorgio da me dandogli una leggera spinta sul petto per poi incamminarmi nuovamente verso l'obitorio.

SPAZIO AUTRICE
Diciamo che la lite con la mamma non capita proprio nel giorno giusta, ma vabbe. Buona festa della mamma ❤
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Anche "sorreggimi se cado" sta per giungere alla fine!

Sorreggimi se cado~ MostroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora