Capitolo 25

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Trevor si sposta dalla porta dopo averla chiusa a chiave, mentre io mi vado a stendere sul suo letto.
Indosso ancora quei pantaloni da pigiama troppo larghi e la camicia di una stoffa troppo leggera, troppo chiara, troppo trasparente.

Trevor si avvicina a me, calandosi lentamente sul mio corpo con l'intento di tornare a baciarmi. O forse sono io che mi sbaglio a capire le sue intenzioni, perché si avvicina alle mie labbra ed inizia a mormorare: «Cleo, io voglio stare con te.»

Allungo una mano per accarezzarlo fra i capelli ricci, e lui socchiude gli occhi mentre accenna un sorriso, uno di quelli dolci e tranquilli, uno dei miei preferiti.
Anche io sorrido, poi scuoto il capo e ritiro la mano, facendomi subito più seria.

«E Giorgia?», gli chiedo, tirando un sospiro.
«Cleo, Giorgia è sempre stata solo un divertimento per me, lei mi viene dietro dall'inizio dell'anno, ma come puoi anche solo pensare che potrei stare con una ragazza fastidiosa come lei?», mi risponde, spostandosi da me per mettersi seduto sul materasso.
«Non è una cosa carina da dire, neanche se parli di una ragazza fastidiosa come Giorgia...», mormoro, scuotendo nuovamente il capo.
«Scusa...», mi guarda lui.

Mi alzo, andando a sedermi accanto a lui sul materasso. Porto le ginocchia al petto e me le stringo contro con le braccia. Socchiudo gli occhi, tirando un sospiro prima di proferire parola.
«Trevor, ora ho altro a cui pensare. Devo trovare i soldi per tornare a Londra, fra pochi giorni ci sarà il funerale della nonna, te l'ho detto», sfrego la guancia sulle ginocchia.

Sento la mano calda di Trevor sulla mia guancia, quindi apro gli occhi per guardarlo.
«Posso prestarti i soldi, me li ridarai quando ne avrai la possibilità, però...», esita, «lasciami venire con te, per favore, voglio starti accanto, Cleo».

Deglutisco, non posso credere a ciò che ho appena sentito. Non posso accettare, mi sentirei una terribile approfittatrice, anche se desidero con il cuore che Trevor stia con me, che mi stia accanto, per consolarmi, per sentirmi al sicuro.

«Mi piacerebbe che tu venissi con me», inizio a dire, «ma non posso accettare che tu paghi il mio biglietto aereo», scuoto il capo.
«Cleo, non essere testarda e orgogliosa per una volta! Ti ho detto che me li ridarai quando li avrai», non alza il tono di voce, anzi, è tranquillo.
«Non si tratta di testardaggine o orgoglio, solo non voglio approfittarmene», rispondo, scuotendo il capo per l'ennesima volta, lentamente.
«Non preoccuparti per questo, Cleo, sono sicuro che mio padre sarà lieto di aiutarti», annuisce, e con un gesto veloce, mi prende per il polso e mi tira verso di lui, abbracciandomi.

Mi perdo fra le sue braccia, nel suo profumo. Chiudo gli occhi e annuisco piano, non potendo far altro che ringraziarlo.
«Grazie, Trevor», mormoro.
«Grazie a te, piccola», mormora a sua volta, posandomi un bacio sulla fronte. Alzo lo sguardo e sorrido nel vederlo, inclinando il capo di lato.
«Come mi hai chiamato?», chiedo.
«Piccola», risponde, posandomi un veloce bacio sulle labbra.
«Se ti prepari, scendiamo a fare colazione. Voglio parlare con mio padre e dirgli del viaggio al più presto», annuisce, ed io annuisco a mia volta.

Mi sposto a malincuore, alzandomi ed uscendo dalla stanza per tornare nella camera nella quale avrei dovuto dormire la notte precedente, così da poter indossare il mio abito e scendere a fare colazione. Non vedo l'ora di tornare a scuola e cambiarmi, questo vestito è scomodo e fastidioso.

Accendo il cellulare, e trovo notifiche da parte di Laila e Sarah. Saranno preoccupate, già immagino come saranno agitate.
Chiamo Laila, che appena risponde, inizia a strillare: «Cleo, dove sei finita? Stai bene?»
«Sì, sto bene, fra poco torno a scuola, poi ti spiego Laila», le dico, quindi metto giù la chiamata, senza aggiungere altro.

Esco dalla stanza dopo aver rifatto il letto, non intendo lasciare la camera in disordine dopo che la madre di Trevor è stata tanto gentile con me, quindi scendo le scale e raggiungo la sala pranzo.
Qui, trovo il padre di Trevor seduto a capotavola con un giornale fra le mani, che di tanto in tanto, sorseggia il suo caffè.
Accanto a lui siede Trevor, che mangia un cornetto fresco in modo buffo. Ha la crema che gli sporca gli angoli delle labbra, è affamato e si vede, ed io non posso far altro che sorridere nel guardarlo.

«Buongiorno», dico, cercando di attirare l'attenzione del padre di Trevor.
«Buongiorno a te... Cleo, giusto?», mi chiede, distogliendo l'attenzione dal giornale e sorridendo. «Siediti pure a tavola, mia moglie è in cucina che sta finendo di preparare la colazione», mi dice. Allora io mi siedo accanto a Trevor, che mi sorride, mentre io ringrazio suo padre.

«Ho parlato con Trevor del viaggio, non preoccuparti, io e mia moglie siamo felici di aiutarti», dice, «e di sapere che nostro figlio sta accanto ad una persona tanto carina come te», continua. «Non ci ha mai portato a casa nessuna ragazza, tanto che mia moglie aveva iniziato a spaventarsi», ridacchia lui.

«Veramente...», inizio, ma Trevor mi ferma, posando una mano sulla mia coscia, proprio accanto alla mia mano.
«Papà, a volte parli un po' troppo però», dice Trevor al padre, ed io lo guardo male, non è carino che lui risponda così al padre dopo la gentilezza che ha messo nelle sue parole precedenti.

Nella sala pranzo, dopo poco, entra la madre di Trevor con due vassoi fra le mani, che posa al centro della tavola.
«Buongiorno!», dice con tono allegro, avvicinandosi al marito per dargli un bacio sulla guancia.
Sui vassoi ci sono dei biscotti e del muffin, entrambi hanno un'aria squisita.
«Li ha fatti lei?», chiedo.
«Certo, prendine qualcuno, tesoro», mi risponde, ed io annuisco, assaggiando i dolci che si trovano su questa tavola ben imbandita.

Durante la colazione, i genitori di Trevor chiacchierano fra di loro, mentre io resto in silenzio ad ascoltarli un po' sì e un po' no, quando Trevor attira la mia attenzione, strappandomi dai miei pensieri.
«Io direi che possiamo anche tornare a scuola, che dici Cleo?»
Io annuisco, e mi alzo con Trevor, che dopo aver salutato i suoi genitori, esce di casa, seguito da me.

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