Capitolo 30

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Quando la cena è pronta, scendiamo in sala da pranzo. Qui troviamo lo zio Carl che è da poco tornato dal lavoro, e appena mi vede, mi abbraccia forte. Poi saluta Trevor, e dopo averglielo presentato, ognuno prende posto a tavola.

La zia è stata molto brava, il suo minestrone è ottimo, ed è caldo abbastanza da scaldarci in una serata tanto fredda come questa. Durante la cena, zio Carl ci racconta del lavoro, ma è evidente che la tristezza ha ormai occupato gran parte della sua anima, eppure finge di stare bene. Forse per la zia Anna, forse per la figlia Marta o per me, o magari perché non vuole farsi vedere debole davanti ad uno sconosciuto. Sta di fatto che pare che la sua giornata lavorativa abbia portato a casa i suoi frutti.

«Chi ne vuole ancora un po'?», chiede la zia quando tutti hanno finito di mangiare il proprio piatto. Io alzo la mano, e la zia mi versa un altro po' di minestrone.

***

«Tuo zio è molto simpatico», mi dice Trevor mentre mi stringe a sé con un braccio.
Dopo cena, siamo saliti in camera mia per riposare un po', ed ora ci troviamo in questo grande letto, a parlare dei miei zii, della cena, e della lunga giornata che ci attenderà domani.
Mi nascondo contro di lui e chiudo gli occhi, mentre lui mi parla delle impressioni che ha avuto sulla mia famiglia.
Mi dice anche che non sono la sola a credere che Marta sia incinta; la sua pancia è grossa, il suo appetito è tanto e mi è sembrata molto stanca.

«Vorrei parlarle ma ho paura di sbagliarmi e di fare una brutta figura chiedendole se aspetta un bambino», ridacchio appena pensandoci. «Magari ha solo messo su qualche chilo».
«Hm», risponde Trevor, «ma la sua pancia è troppo rotonda per essere solo ingrassata».
Mi tiro su, spostandomi da Trevor e avvicinandomi alla porta. «Vado a parlarle, tu fila a letto che domani dobbiamo alzarci presto», gli dico.
«Non posso restare qui?», mi chiede sfoggiando una sorta di sguardo dolce, o tenero, o qualunque cosa sia quell'espressione.
«Assolutamente no!», rispondo. «Se la zia ti trova qui, sono guai», gli dico, mentre lui si alza. Si avvicina a me e prende il mio viso fra le mani per stamparmi un bacio delicato sulle labbra, poi esce dalla stanza.

Busso alla porta della camera di Marta, ed una vocina mi dà il permesso di entrare. «Avanti!»
Apro la porta e vado a sedermi accanto a Marta, sul letto, che sta leggendo un libro. Lei sorride appena mi vede, ed io ricambio.
Non so bene come iniziare il discorso, ma vorrei togliermi ogni dubbio sulla pancia di mia cugina.

«Marta, c'è qualcosa che vorresti raccontarmi?», le chiedo, ma lei sembra perplessa. Riprovo. «C'è qualcosa che dovrei sapere?» Nulla, lei non risponde, anzi, mi sembra non capisca neanche cosa io stia intendendo.
Indico la sua pancia, allora lei finalmente capisce tutto ed inizia a ridacchiare, poi si fa più seria e annuisce. L'abbraccio forte e lei ricambia, e se devo dirla tutta, sono contenta per lei.
«Chi è il padre?», le chiedo. Forse ho toccato un argomento un po' delicato, perché il suo sorriso si spegne e lascia il posto ad una espressione più cupa.
«Scusami», mi limito a dirle.
«Non preoccuparti», mi rasserena.

Quando torno in camera, disteso sul letto, trovo Trevor. È sdraiato a pancia in giù e tiene una gamba giù dal materasso, mentre abbraccia il cuscino e respira profondamente. I capelli ricci e castani si appoggiano sulla stoffa del cuscino, e la sua espressione è, oltre che assonnata, tranquilla. Sembra sorridere, e cavolo, glielo bacerei quel sorriso.
Mi avvicino, dopo aver chiuso la porta, senza fare troppo rumore, e mi stendo accanto a lui. Resto un po' nell'angolino del materasso per non dargli fastidio, ha preso tutto il posto lui. Ma mi accontento del fatto di stargli vicino, gli scosto i capelli dalla fronte e sorrido mentre storce il naso fra un sospiro e l'altro.

Spengo la lampadina sul comodino accanto a me e alzo le coperte, è ora di dormire, domani sarà forse una delle giornate più lunghe della mia vita, oltre che triste, e devo prepararmi a dare l'ultimo saluto alla nonna. Anche se forse non ci si prepara mai abbastanza per salutare un'ultima volta qualcuno di caro, o più semplicemente, non ci si può preparare per un ultimo saluto e basta.

Trevor, nel sonno, allunga un braccio e lo adagia lungo il mio fianco, come se temesse che io possa scappare durante la notte. Ma dove vuole che vada senza di lui? Mi lascio stringere e chiudo gli occhi, ed ogni volta, è come fosse la prima, con lui.

«Dormi?», una vocina mi giunge all'orecchio.
Apro gli occhi e rispondo a tono basso di voce «no, tu?». Lui ridacchia.
«Se dormissi, non ti avrei chiesto se dormi», mi risponde. Io sorrido.
Ha completamente ragione, che sciocca che sono.
«Non riesco a dormire», mi dice.
«Come mai?», gli chiedo mentre lo guardo nel buio.
«Sto pensando, sono agitato», risponde, poi posa il capo sul mio petto, sfregando la guancia sul mio seno. Sorrido a questo gesto dolce ed intrufolo una mano fra i suoi capelli, accarezzandoli delicatamente. Ha la guancia calda, lo sento scottare sulla mia pelle. Con un gesto della mano gli faccio girare il viso per posare le labbra sulla sua fronte e sentire se si sta ammalando, ma lui è più veloce di me e con un cenno del capo, mi ruba un bacio. Sorrido e resto al contempo sorpresa dal suo gesto, ma sono ancora dell'idea di sentire se la sua fronte scotta o meno. Mi avvicino nuovamente al suo viso, ma le mie labbra si trovano ancora contro le sue, questa volta coinvolte in un bacio più lungo, ma più lento.

La camera è buia, solo il chiarore della luna lascia intravedere qualcosa all'interno della stanza, ed il silenzio che regna nella casa ci toglie le parole di bocca, anche se a me, più che il silenzio, le toglie Trevor, le parole di bocca.
Mi stringe forte fra le sue braccia e si sposta su di me, è confortante sentirlo qui accanto a me proprio ora. Anzi, è confortante sentirlo accanto a me sempre. Quando ci siamo conosciuti, non era così, con il tempo è diventato meno arrogante e scontroso, più dolce. Ora è tutta un'altra cosa, tutta un'altra storia. La nostra storia.

Il bacio si sta dilungando più del solito, quasi mi manca il fiato, e qui sotto le coperte fa caldo, ora. Nel frattempo, Trevor si è fatto spazio fra le mie gambe, le quali cingo e stringo intorno la sua vita per sentirlo più vicino a me. Come quando tieni tanto ad una persona, che vorresti sentirla parte di te, non staccarti mai da lei, averla continuamente perché non ti basta mai.

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