24- Dolore

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Lily Evans,

Ottobre 1977.

Lily tirò fuori di nuovo la lettera che le avevano mandato i suoi genitori prima di morire, ora mai stropicciata e letta più volte, dalla tasca. Puntò lo sguardo su di essa, mentre ripeteva nella mente ciò che c'era scritto.

La sapeva a memoria, quella lettera.
Non aveva neanche bisogno di rileggerla. Tutte quelle parole risuonavano all'infinito nella sua testa, come un eco insopportabile, assillante e che non smette mai.

In quei giorni le capitava spesso di tornare a pensare alla sua infanzia; spesso quando era sola, senza i suoi amici, o quando tra di loro c'era uno di quei rarissimi momenti di serenità e silenzio.

Allora lì si sentiva mancare. Risentiva la voce di Petunia che la chiamava mostro.

Mostro, mostro, mostro.
Sei un mostro.

La sua vocetta stridula e poi le sue lunghe trecce che con un gesto baldanzoso, si rigiravano, accompagnando l'uscita teatrale di Petunia.

Risentiva sempre quella parola. La sentiva urlare, sussurrare, sibilare, esclamare da sua sorella che non voleva andarsene via.

Da lei e dai suoi incubi più segreti.

Non l'aveva detto a nessuno. Per tutta l'estate era stata felice e allegra; non sembrava neanche troppo triste per la morte dei suoi genitori. Sembrava che l'avesse accettato e superato, quel momento.

Ma non l'aveva accettato per niente.
La considerava un'ingiustizia, la morte. Arriva a tutti il giorno in cui non si potrà più ridere o guardare il mondo, ma quando la morte ti sfiora, è sempre ingiusto.

E quando la morte era passata vicino a Lily Evans, lei aveva cessato di guardare il mondo, per un attimo.

Si era dimenticata di tutto e di tutti, ed era rimasta in uno stato di shock totale. Senza provare nè rabbia, nè tristezza, nè odio.

Il vuoto assoluto, come se fosse un robot incapace di sentire delle emozioni.

Poi il vuoto era stato colmato, e le lacrime avevano bagnato il viso latteo di quella ragazza appena diciassettenne che non meritava tutto quel dolore.

Ma quel dolore, ora, a qualche mese di distanza, stava cercando di inondarla. Vendicandosi perché Lily aveva cercato di metterlo a tacere.

Sospirò leggermente, mettendo via il pezzo di carta macchiato da numerose lacrime, vecchie e non.

Si stese sopra le coperte, fissando il soffitto del letto a baldacchino, respirando affannosamente.

Poteva sentire le urla gioise e le risate dei suoi compagni Grifondoro, al piano di sotto, che festeggiavano la vittoria di Quidditch contro i Corvnonero.

Non aveva voglia di unirsi a loro. La loro felicità in quel momento le risultava estremamente fastidiosa e insensata.

Normalmente avrebbe partecipato a una festa del genere, ma in quel momento voleva solo stare da sola.

-Posso?- sentì chiamare qualcuno da fuori. Quel qualcuno bussò circa tre volte poi entrò.

-Lily!- esclamò Remus, vedendola. Nel frattempo Lily si era messa seduta sul letto. -Che ci fai qui?-

-È il mio dormitorio- rispose lei, accennando a una risata, che non convinse per nulla il suo amico.

-C'è qualcosa che non va? Ti senti bene?-

Classe 1971 // Marauders EraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora