Quella sera faceva freddo in città. Per le strade non vi era nessuno, solo la carcassa metallica di qualche auto solitaria abbandonata ai lati dei marciapiedi.
Era la notte di Santo Stefano.
A Henry piacevano tanto le feste natalizie, quando per qualche motivo la gente si fingeva magnanima e solidale. Sapeva che era tutto un inganno, ma lui preferiva credere che lo facessero per misericordia, anche se non escludeva del tutto il movente del tornaconto personale; come se a lasciando due spicci al barbone di turno ti si aprissero le porte del paradiso!
Comunque, lui se ne fotteva dei motivi. Era ateo. Lo era da sempre. E forse anche per questo si trovava in quella situazione oscena, oltre al fatto d'amare il vino.
Fece qualche passo in cerca di un posto buono dove sistemarsi. Alle mani portava un paio di guanti di stoffa, ma le dita erano scoperte e congelate. Il freddo gli aveva bloccato la circolazione e ora dopo ora la pelle delle falangi gli si tingeva di uno strano colore violaceo.
Bisognava assolutamente che trovasse riparo. Aveva raccattato da un bidone un cartone con mezza pizza dentro, sembrava apposto, ma non poteva fermarsi a mangiare senza una sistemazione per la notte.
Dunque camminò ancora fino a inoltrarsi nel parchetto davanti la stazione. Questo era un parco bello e sistemato il giorno che la notte diveniva un dormitorio per vagabondi ed eroinomani. Bisognava stare attenti a quelli. Per un pugno di mosche ti spedivano all'inferno durante il sonno. Tutto per una dose di merda! Cominciò a guardarsi intorno in cerca di una panchina, ma nulla, tutte occupate.
C'era il pienone! Dal 2008 in poi era divenuto più difficile districarsi per la strada. I barboni si erano triplicati e là fuori sembrava di essere nella savana in mezzo a leoni e agli sciacalli. Se non si stava attenti la mattina ci si svegliava senza mutande. Ma a Henry non importava nemmeno di questo. Le uniche cosa che gli interessavano erano nella sua borsa: un libro sudicio dal titolo "Flash, Kathmandu il grande viaggio" e un bottiglione di vino sfuso da due litri. Non gli serviva altro. Non voleva altro. Certa gente decideva di non accontentarsi mai e probabilmente erano loro quelli che chiamavano "vincenti" , ma Henry in certe cose ci aveva perso gusto da anni, persino i soldi lo avevano stufato. La vita da barbone era un incubo, ma almeno era vita. E quando le mattine si svegliava con l'alba sugli occhi, ogni tanto, gli capitava di non disprezzarla del tutto quell'esistenza. I cazzi venivano dopo, quando le mense chiudevano e i crampi allo stomaco ti facevano contorcere per le strade.
Ad un certo punto eccolo. Un posto decente. Era in un vicoletto esterno la piazza. Una strada chiusa e stretta. C'era un bidone dei rifiuti all'entrata. Uno di quelli grossi. Henry lo oltrepassò e dietro scorse la sagoma di qualcuno altro che diligentemente s'era accaparrato il posto migliore, lontano dal freddo. Continuò a camminare ancora qualche metro, poi fece per sedersi, ma il tizio gli parlò:《riparati pure qui se vuoi. In due ci si scalda meglio per la nottata》. La sua era una voce calma e cordiale, quasi vera. Henry ne fu incantato e decise d'accettare. Il bidone era abbastanza grande da fungere da barriera per entrambi. Sistemò i suoi stracci a mo' di giaciglio sull'asfalto e ci si sdraiò sopra. Quella era la parte più bella della giornata.
Ora che aveva trovato un posto dove dormire...non gli rimaneva che bere.《Non ti ho ancora ringraziato, amico》, Henry aprì il cartone della pizza e la spezzò in due con le mani sporche di polvere《prego, posso offrirti la cena?》,
il tipo - che per tutto il tempo se n'era rimasto in disparte col viso coperto dalla penombra - si girò di scatto. Quando Henry lo vide in faccia riconobbe come qualcosa di familiare fra le pieghe dei suoi lineamenti. Quel viso, quello sguardo ...non gli erano del tutto estranei. Gli rispose di si e ne afferrò un pezzo. Allora Henry tirò fuori dallo zaino il vino e sempre al tizio chiese se ne volesse un sorso. Quello non se lo fece chiedere due volte, allungò il braccio e dopo averne buttato giù una bella sorsata, lo ringraziò.
Bevvero per un bel pezzo, Henry e il tizio senza nome, e solo quando il bottiglione fu mezzo vuoto e loro più storti che dritti, gli venne in mente di presentarsi. Dunque lo fece. Gli strinse forte la mano, dondolandola su e giù per qualche secondo mentre si guardavano in faccia
《Io, comunque, sono Henry》disse,
《piacere Henry, io sono Gesù Cristo...!》
《Oh dio mio》
《No ti prego, non cominciare pure tu...che sono ubriaco》.Questo Gesù Cristo era un tipo in gamba. Simpatico. In molti lo conoscevano. Henry ne aveva sentito parlare sempre di sfuggita, ma da quel che poteva constatarne - e da come beveva - le storielle sul suo conto non potevano che essere vere. Era il figlio di Dio quello... per forza! Persino lui faticava a stargli dietro. Allora Henry spesso s'incantava e lo fissava.
Aveva un modo tutto suo di tracannare vino. Alzava la bottiglia in alto, fiera, tenendola per il collo coi quattro quinti della mano e il mignolino alzato. Era uno spettacolo ipnotico. Quasi sacro!
Aveva sentito dire da qualche parte che Gesù parlava tanto in giro, per il mondo, fra la gente, di continuo; eppure il tizio davanti a lui non spiccicava parola e quando i loro sguardi s'incrociavano Henry lo notava subito che nascondeva qualcosa di strano, pesante, come il dolore di tutta la terra assopito all'interno dell'iride.
《Tutto apposto, amico?》gli chiese, dopo una bella oretta passata a bere. La notte era calata implacabile e apparte lo stridio delle gomme sull'asfalto delle poche macchine che passavano in lontananza, non s'udiva il suono di una mosca volare.
Gesù non rispose. Se ne rimase fermo, in silenzio, a sorseggiare vino fin quando la bottiglia non fu quasi vuota. A quel punto fece una cosa strana. Sempre senza parlare - sempre con quella tristezza nell'animo - alzò la mano a dita chiuse verso la bottiglia, disse:
《La fica è bella, la fica è troppa, ascolta socio, lascia o raddoppia!》. Fu un secondo, forse neanche, un attimo... e oplá, ecco sbucare dal fondo della bottiglia macchiato da grumi di mosto color porpora, una striscia liquida di vino rosso sangue; e aumentó sempre più fino a riempirla.
Eccola là! La bottiglia piena fino all'orlo. Henry non ci credeva. Ma era ubriaco e non insolito a incappare in qualche strano scherzo del cervello quando riversava in quelle condizioni. Si diede un pizzicotto sul braccio ma provò solo un tenero formicolio sulla pelle; allora si prese a schiaffi chiudendo strette le palpebre, ma quando le riaprí il vino era sempre là e sembrava ancor più invitante e profumato di quello che già dondolava nel suo stomaco. Fece un passo indietro un pò terrorizzato, ma Gesù Cristo lo tranquillIzzò 《vieni Henry》 disse《 siediti qui con me e serviti. Ciò ch'è mio è anche tuo adesso. Abbiamo parecchio di qui parlare io e te..e la notte è ancora giovane》.《Cazzo, questo freddo mi spacca le mani. guarda! Non me le sento quasi più! Sono come bucate》
《Non dirlo a me》gli rispose quell'altro. I due se ne stavano spalla a spalla quando Gesù si alzò. Era visibilmente ubriaco,《 cazzo non ho più voglia di starmene qui》disse barcollando sulle gambe; Henry le vedeva bene da lì seduto dov'era. Erano gambe semplici, longilinee, fasciate da un paio di pantaloni scuri ingrigiti dalla polvere,《 mi sono stufato di sto posto di merda. Andiamo?》
《E dove?》.
《Non lo so, basta che andiamo. Ho sprecato troppo tempo prezioso dietro sto bidone puzzolente》
《Prezioso...per cosa? A me il tempo sembra una condanna》
《È una condanna se tu vuoi che lo sia.》
Henry non rispose. Non capiva, o semplicemente non voleva capire.
Lo guardò con lo sguardo di uno che non aveva colto il concetto.
《La vita, Henry...è come una pagina bianca. Bisogna scrivere, scrivere sempre. 》
《Sei solo ubriaco》
《Sono ubriaco di passione, Henry. Adesso alza il culo e diamo un senso a sta serata. Si va! E porta la bottiglia, non si sa mai》.
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Diario Di Uno Stronzo
Truyện NgắnATTENZIONE: contenuto per adulti e linguaggio esplicito. Alcool, droghe e sesso...la strada per l'inferno è lastricata di piacevoli ostacoli.