Ero a casa. Pierre aveva portato dei funghetti allucinogeni. Non chiedetemi dove trovasse certa roba perché non saprei rispondervi. Ricordo solo d'averne ingurgitati tre grammi con una lattina di birra per compagnia e d'essermi sdraiato a guardare un film. S'intitolava: Paura e delirio a Las Vegas. A me non piaceva granché l'idea di sprecare il tempo davanti scatole di plastica inanimate e poi avevo la fobia delle pubblicità, mi terrorizzavano; ma avevo letto tutti i libri che m'ero portato dall'Italia, non scrivevo da un mese e la mia mente era troppo stanca per elaborare una qualsiasi altra forma di passatempo quotidiano. Giacqui in stato di semincoscenza per mezz'ora prima di riuscire a sentir qualcosa. Nel frattempo cercavo di dare una spiegazione valida alle mie mosse. Ero stato da sempre un tipo razionale, cinico quanto basta. M'ero tenuto lontano dalle droghe più per buon senso che per codardia. Adesso sentivo come la mancanza di barriere cerebrali capici d'arginare la mia curiosità dell'ignoto. Sapevo di trovarmi su di un terreno scivoloso e per questo mi muovevo lento ma costante. Dopotutto, sapete come si dice: la curiosità è cosa assai buona, ma delle volte ammazza.
La stanza era piccola e buia. C'erano un letto, un comodino, un armadio e una scrivania. Sulla scrivania la Tv. Dentro la Tv, un mix contorto di luci e pixel prendevano le sembianze di due uomini su di un'automobile. Viaggiavano nel deserto. Uno di loro era calvo, indossava degli strani occhiali arancioni e fumava sigarette da un tubicino di plastica fra le labbra. Non capivo bene che cazzo ci facessero nel deserto. L'auto era una decappotabile rossa mezza scassata. Il pelato se ne stava sul sedile anteriore con una valigetta traboccante di droghe sulle cosce mentre il suo amico guidava. La storia m'intrigava. Accanto sentivo il respiro pesante di Pierre farsi sempre più docile man mano che le scene si surriscaldavano, fino a stopparsi del tutto nel momento in cui i protagonisti imbevettero un pezzo di stoffa con un liquido incolore che chiamavano "etere". Insieme, se l'erano portata alle narici e ne avevano sniffato il contenuto. Pierre non fiatava. Provai a voltarmi ma qualcosa me lo impedì. Ero come ipnotizzato. Fissavo lo schermo assorto in stupidi pensieri fin quando delle luci fluorescenti non cominciarono a venirne fuori vibrando nell'aria. Erano luci strane; si muovevano come serpenti ubriachi in fuga da un incendio forestale. Emanavano un colore opaco e intenso. Erano verdi, rosse, gialle, blu e probabilmente di tutti i colori dell'arcobaleno. La stanza ne fu subito pervasa. Stavano dappertutto. Vicino ai muri, sul soffitto, sui mobili. Uscivano dallo schermo e strisciavano via silenziose fluttuando alte qualche metro.
《Le vedi?》dissi a Pierre.
《Cosa?》
《Le luci》
《Quali luci?》
《Le fottutissime luci, sono ovunque》
《Io non vedo un cazzo》
《Lascia perdere》
I due ora erano in un Casinò.
L' etere esercitava sul calvo - interpretato da Johny Depp - uno strano e catastrofico effetto che per qualche ragione percepivo con virile enfasi. Cominciai a sudare e deglutire morbosamente. Dieci minuti dopo però, mi ero già abituato alla visione di quegli esseri volanti; anzi, a dirla tutta, mi ci ero pure affezionato. Adesso fra le spire colorate riuscivo a scorgere il seguito del film. Mi asciugai la fronte e tastai il comodino in cerca di liquidi. Trovai qualcosa, una bottiglia. Me la portai alle labbra e tracannai un bel sorso. Era birra. Sapeva di cenere e tabacco ma oramai era scesa e non c'era nulla che potessi o volessi fare ler cambiare l'esito delle cose. L'altro attore era un personaggio ancor più strano del primo. Poco dopo l'arrivo nel Casinò s'era fatto dare una suite e aveva comiciato a spaccare tutto in preda ad un attacco di panico. Il mio cuore sussultava di tanto in tanto. Era come esserci dentro, adesso. Ad un certo punto,
il Vuoto. Una sensazione di pura vertigine mi attraversò il midollo per poi esplodermi in testa come una supernova. Una vampata improvvisa. Mi alzai di scatto; cercai di respirare profondamente allargando a dismisura le narici. Sgranai gli occhi in preda all'estasi e assaporai l'attimo di delicata follia scaturito dalla distruzione del quieto disincanto. Mi portai le mani sul viso. Tastai la fronte, le labbra, le guance. Tutto apposto. Pierre intanto mi fissava.
《Che cazzo fai?》 chiese,
《Zitto!》dissi 《sento qualcosa, qualcosa sotto pelle》
《Tu sei partito, bello. Partito. Te lo dico io》
《Shhhh》.
Cercai invano dì sprofondare il mio indice nel polso, là dove pochi secondi prima avevo visto un'escrescenza muoversi. Pensavo fosse un insetto. Uno di quei schifosi scarabei egiziani divoratori di tessuti organici, ma nulla. Dovevo pisciare.
《Torno subito》dissi
e mi alzai.Poggiai la testa sul muro mentre con una mano mi sbottonavo. Cominciai a pisciare. Era la mia prima esperienza "in fungo" e non mi pareva vero quel che vedevo. Sentivo, tra l'altro, una piacevole sensazione di pace interna. Il mondo era buono, saporito come un pezzo di pane e nutella. L'urina cessò di sgorgare. Mi sistemai, chiusi il coperchio del cesso e mi ci sedetti sopra. Attesi qualche istante prima d'aprire l'acqua e sciacquarmi il viso. Osservai i miei occhi allo specchio. Le pupille erano piccole e ritratte, la pelle bianca e giallastra. A vedersi, non ero messo granché bene, ma cazzo se stavo bene! Stavo da dio! Tornai in camera e notai con stupore che non riuscivo a camminar dritto. Non era come essere ubriachi, però; era più una sensazione interna. Son quasi certo che i miei passi erano dritti ma che era la mia mente a farmeli percepire esageratamente scoordinati. Rientrai in camera.
《Tutto apposto?》chiese Pierre.
《Si》
《Sicuro?》
《Ti ho detto di sì》
《Ha chiamato Daniel. Dice se abbiamo voglia di fare un giro》
《Perché no》.
Sullo schermo intanto le scene si susseguivano in continuazione. Il tizio calvo - che se non erro si chiamava Paul - s'era tracannato qualcosa col contagocce e dopo un minuto era impazzito. Ora se ne stava sul letto con le lenzuola sulla testa, inginocchiato, sudato, che piangeva e chiedeva aiuto.
Il suo amico s'era seduto sulla sedia e dalla canna di una pistola aveva pippato un pò di coca.
"Ne hai presa troppa, bello, TROPPA! Ora non cercare di resisterle o ti farai venire un aneurisma al cervello!"
gli aveva detto.
《Hai ancora un pò di quella roba》chiesi a Pierre.
《cosa?》disse lui 《funghi?》,
《Si》,
《Altri 3g soltanto》
Immaginai il mondo là fuori.
Tutti quegli alberi e la neve e le donne. Come sarebbe stato? Cos'avrei visto? Sorrisi di gusto e nel mentre sentivo il cervello pulsare e scottare.
《Benissimo》dissi,
《dove hai messo le birre? Ho bisogno di bere》.
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Diario Di Uno Stronzo
Short StoryATTENZIONE: contenuto per adulti e linguaggio esplicito. Alcool, droghe e sesso...la strada per l'inferno è lastricata di piacevoli ostacoli.