Sono a Portopalo, in Sicilia. Ho voglia di fumare. L'aria vispa e trasparente puzza di pesce e alga secca. Vedo un'isola in lontananza e su di essa un faro. È uno di quelli vecchi, con la lampada rotante montata all'esterno. Conosco un tizio qui; uno che lavora in un bar. Si chiama Daniele. Ci vado. Dice che un amico di un suo amico può aiutarmi. Mi dà l'indirizzo e lo avvisa per telefono che sto per arrivare. Sul posto scorgo delle telecamere piazzate all'entrata, proprio sulla strada. Busso. Qualcuno mi apre; un vecchio sulla settantina. Mi fa cenno d'entrare. A vista non si direbbe che stia tanto bene. Si trascina a fatica una gamba. Noto che non parla, solo rimugina tra sé e sé e dì tanto in tanto per giunta. Lo guardo. Lui mi guarda. Non dico niente. Per la verità nessuno dice nulla. Sono in un paesetto sperduto nel buco del culo del mondo e fisso uno strano vecchio che a sua volta mi fissa e siamo a casa sua, in cucina, precisamente. Questo è tutto. Scorgo una porta semi-aperta alle mie spalle che lascia intravedere un computer su di una scrivania. Sul display, decine di video, ognuno inerente alla sua telecamera. Telecamere in cortile, telecamere in terrazza, telecamere nelle stanze.
Dove sono finito? Il vecchio intanto rimane sempre muto. Non ha fatto nulla da quando sono entrato. Non si è neppure seduto. Sta là e mi guarda. Mi ricorda tanto il vecchio messicano pazzo sulla sedia a rotelle di "bracking bad".
《Piacere》gli dico《 sono John》. Niente. Seguita a mordersi il labbro inferiore coi denti per poi passare a quello superiore ogni quattro o cinque volte. È strano, però; molto strano. I suoi occhi lo tradiscono. Due puntuni minuscoli e azzurri che non si staccano un millimetro dalla mia sagoma. "Costui non è pazzo" penso " pazzo sarei io a credergli". All'improvviso una porta si apre. Il vecchio non si gira. Sembra pure sordo. Nella stanza entra un ragazzo; lo intuisco dalla faccia che è più giovane di me. Mi si piazza davanti e allunga la mano.
《Piacere》dice 《sono Cory》
《John》gli dico. Gli stringo la mano e nel farlo percepisco i calli, grossi e duri, graffiarmi il palmo. Cory è bassino, scuro di carnagione e si muove con soave lentezza. È nel suo mondo che siamo, dopotutto.
《Allora》dice《è Daniele che ti manda?》
《Si》
《E lo conosci...da tanto?》
《Una decina d'anni. Da prima che partissi》.
《Perché parli come un ricchione?》
《Ho vissuto a Torino parecchio tempo》
《Ahhhh》. Cory mi squadra un altro poco. Io sono a mio agio. Fuori ho visto il mare e la cosa mi rende sempre molto sereno. Quel che voglio adesso è prendere la mia roba e andare in spiaggia. Nulla più. Forse è lì che troverò quel che cerco. Mi fa cenno di seguirlo nell'altra stanza e io eseguo. C'inoltriamo per un corridoio buio e sbuchiamo in un garage. Noto due moto e un auto coperte da grossi teli. L'auto è una di quelle sportive; lo si intuisce dal profilo della carrozzeria.
《Che ci fai da queste parti? 》mi domanda, e nel mentre fruga in un angolo della stanza.
《Me lo chiedo anch'io》.
Lui ride. In mano adesso ha una boccia di vetro; l'ha estratta da dentro una cassetta di plastica ben nascosta.
《Quanto?》
《Una decina di grammi》. Cory prende un bilancino e comincia a pesare la gangia.
《 4...6...8...10 e due. Va bene?》
《Perfetto》
《Vuoi che ti ci faccio la confezione regalo?》.
Rido. Cory estrae dalla tasca un pacchetto di Chesterfield e ne sfila la protezione di plastica. Comincia a infilarci dentro l'erba pressandola per bene, poi, alla fine, ne brucia l'estremità con un accendino ermetizzando il tutto.
《Ecco》dice《fanno cinquanta》.
Gli do i soldi.
《Grazie. Torna a trovarci se ti trovi nei paraggi》.
《Sicuro》.
Torno in cucina e trovo il vecchio sempre là; solo che ora fissa il vuoto. Gli lancio uno sguardo abbastanza indifferente e noto con stupore che mi strizza un occhio mentre esco.Ritorno da Daniel per ringraziarlo. È giusto a due passi ed è giusto farlo. Stacco mezzo grammetto e lo stringo in mano mentre entro. Daniel sta preparando un caffè.
《Fanne un altro》gli dico.
《Tutto apposto? 》mi chiede.
Annuisco.
《Bene》dice lui.
《Bene》 dico io.Il mare è in tempesta. Un forte vento soffia dall'africa e le onde arrivano incazzate sulla sponda come donne tradite in cerca di sfogo; sensuali danzatrici senza volto si fracassano sulla battigia una dopo l'altra. Mi torna in mentre Big Sur di Keruac e i suoi "dialoghi del mare". Ridicoli, per la maggior parte. Deleteri. Ma comunque , ci penso. Un triangolo di fenicotteri rosa sorvola l'azzurro scarlatto. Il faro è sempre lì e gli uccelli ci passano sopra starnazzando e cacando. La cappella è pronunciata e i calcinacci laterali rovinati e venosi. Sembra un enorme fallo in procinto d'eiaculare. Ma non lo fa. Mai. Solo sta fermo, in silenzio. Il sole intanto cala. Imbocco il viale del tramonto qualche ora dopo piuttosto stordito e felice. La strada per gli alloggi è abbastanza dritta e semplice da qui.
Accendo una Camel,
e me ne torno a casa.
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Diario Di Uno Stronzo
ContoATTENZIONE: contenuto per adulti e linguaggio esplicito. Alcool, droghe e sesso...la strada per l'inferno è lastricata di piacevoli ostacoli.