Capitolo 18

3.7K 169 2
                                    

Tessa pov's

Nell'esatto momento in cui spengo l'asciugacapelli, sento un rumore di vetri rotti provenire dalla stanza da letto. Mi assale il panico. Mi avvicino a passo felpato alla porta e la apro leggermente, lasciando uno spiraglio da cui poter vedere cosa sta succedendo: Lauren è in piedi di fronte a una donna sulla quarantina, vestita con l'uniforme dell'albergo. Ai loro piedi, il vassoio della colazione, i bicchieri e le tazzine frantumati.
Lauren ha un'espressione confusa e sorpresa. «Mamma, sei davvero tu?» chiede con un filo di voce.
La donna sembra essere ancora più scioccata di lei: gli occhi sono sbarrati e la bocca è semiaperta. «Lau.. Lauren» boccheggia. «Tesoro..»
Negli occhi di Lauren si mescolano dolore e rabbia. «Non chiamarmi così» afferma autoritaria, a denti stretti, le braccia lungo il corpo mentre allenta e stringe i pugni. Ha bisogno di tirare un pugno al muro, lo so. Ho già visto quegli occhi, ne ho un ricordo ancora vivido, quando a Capodanno ha tirato quel pugno al muro. Spero si trattenga. Deve farcela.
«Lauren, ti prego..» Sua madre allunga il braccio verso di lei, ma Lauren lo blocca a mezz'aria.
«Non mi toccare!» ringhia. «"Lauren ti prego"?» scimmiotta. «È tutto quello che sai dire dopo quello che hai fatto?!» Il suo tono di voce comincia a salire, fino a urlare. «Vattene. Subito.»
Sua madre esita. «Lasciami spiegare..» supplica, con le mani giunte al petto.
Lauren non la lascia continuare. «Ho detto di andartene» ribadisce.
La donna sospira rassegnata. Raccoglie il vassoio con la colazione e lo appoggia sul letto disfatto. Prima di chiudersi la porta alle spalle, si rivolge ancora a Lauren. «Manderò una cameriera a portarti altri bicchieri e tazze. Ti aspetto a mezzogiorno in spiaggia, se vorrai parlare.» Detto questo, esce dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Non ci capisco più niente. Quando Lauren mi fece conoscere la sua famiglia, mi disse che sua madre era morta in un incidente stradale l'anno prima. Mi ha mentito? In realtà è viva, ma se n'è andata lasciando sola la sua famiglia?
Lauren rimane a fissare la porta ancora qualche secondo, prima di fiondarcisi addosso e colpirla a calci. Apro del tutto la porta del bagno e corro a fermarla.
«Lauren, no!» urlo, trascinandola verso il letto.
«Lasciami andare, Tess!» ordina, continuando a scalciare nel vuoto.
La immobilizzo sedendomi sopra di lei e tenendola ferma per i polsi. «No che non ti lascio andare! Faresti solo cazzate di cui potresti pentirti!» le urlo di rimando.
Mi ringhia contro digrignando i denti e tentando di liberarsi, ma non ci riesce. Alla fine si arrende, e io mi siedo di fianco a lei. «Vieni qui» sussurro, facendole gesto di avvicinarsi con la mano. Si accoccola tra le mie braccia prendendo un lembo della mia maglietta e stringendolo forte. La tengo stretta il più possibile, cullandola per calmarla.

Lauren pov's

Sento sempre nuove ondate di rabbia crescere dentro di me verso mia madre, quella donna che ha fatto credere a tutti di essersi suicidata per colpa mia. E invece è viva e vegeta, ha abbandonato la sua famiglia, per cosa? Per vivere la sua schifosissima vita senza preoccuparsi di chi la ama, di chi la riteneva un esempio da seguire nella vita? Usando me come scusa?
Nella mia testa di alternano le varie motivazioni per cui mia madre potrebbe aver mentito e la rabbia e l'odio. Ho voglia di spaccare la faccia a qualcuno, ridurlo in brandelli. Perché ho smesso di fare kik boxing?
Continuo a stringere la maglietta di Tessa sempre più forte, fino a far diventare bianche le nocche.
«Lau» Tessa mi alza il viso con un dito. «Te la senti di parlarne?» chiede titubante.
Mi dispiace così tanto di averle mentito. Non ho mai raccontato a nessuno la vera storia di mia madre. Nemmeno a Sam, si sarebbe sentita in colpa, e non avevo nessuna intenzione di scaricarle un fardello del genere sulle spalle. Era solo colpa mia, ero io che dovevo sopportare e resistere. Non potevo coinvolgere più nessuno. Solo io.
«Okay» mormoro. Mi alzo a sedere di fronte a lei e comincio a raccontarle ciò che successe un anno fa. Non mi interrompe neanche per un secondo, ascolta tutto con molta attenzione. A volte mi prende la mano e me la stringe, altre mi accarezza il viso. Quando finisco di parlare non dice "mi dispiace" o frasi che solitamente la gente dice in queste situazioni perché non sanno che altro dire. Si avvicina e mi abbraccia forte, stampandomi un bacio sulle labbra.
«Vai da lei. Ascolta quello che ha da dire» suggerisce.
Faccio una risata amara. «Ah, sì? E per cosa? Per sentirmi dire altre stronzate?»
«No» risponde calma. «Anche il più grande peccatore ha diritto a dire qualcosa in sua difesa. Magari c'è un motivo valido per cui ha fatto ciò che ha fatto. Non toglie il fatto che abbia sbagliato, ma magari aveva una ragione valida.»
Rifletto su ciò che ha detto. Ha ragione, ma al momento sono ancora troppo arrabbiata per prendere una decisione.
«Ci penserò, okay?» rispondo alla sua domanda inespressa. La sua bocca si allarga in un sorriso incoraggiante. Sorrido anch'io, anche se non è un sorriso vero e proprio. È più una smorfia. «Ti amo» le sussurro sulle labbra. «Cosa farei senza di te?» La bacio. «Chi mi fermerebbe dal spaccare tutto quanto?» le bacio il collo. «Chi riuscirebbe ad amarmi?» le bacio l'angolo della bocca.
«Troveresti qualcun'altra, penso» ridacchia.
Faccio finta di pensarci su. «Nah, non credo.» E la bacio di nuovo.

***

Non posso credere che io sia qui. Non posso essere veramente venuta. Sarà solo un gran perdita di tempo. Mi arrabbierò ancora di più. Avrò più voglia di spaccare il mondo. Ma devo farlo. Anche io voglio sapere cosa ha da dire. Voglio sapere perché ha mentito a tutti quanti. Probabilmente mentirà ancora, ma tanto non ho niente da perdere.
Vedo la figura snella di mia madre camminare fino in riva al mare e sedersi sulla sabbia, aspettandomi. Mi passano davanti agli occhi i ricordi di me e lei mentre giochiamo a mamma casetta, mentre giochiamo con le bambole, mentre l'aiuto a cucinare e un sacchetto di farina mi cade in testa, sporcando me e il pavimento. A quel ricordo sorrido. Che bei tempi, senza problemi. Faccio un respiro profondo e mi incammino verso mia madre.

L'amore che cercavo ➳ lesbianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora