5. Da soli

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"Andiamo, andiamo. Non puoi lasciarmi adesso. Devo guardare mio figlio!" mi lamentavo contro il computer da almeno mezz'ora. Avevo preso lo streaming del concerto di Melbourne di Thomas, ma quell'affare elettronico non sembrava collaborare. Mi stupivo quanto dopo tutti quegli anni, la tecnologia fosse rimasta immutata. Lo sviluppo avveniva troppo lentamente.

"Uhh, sì!" la linea mi stava finalmente permettendo di avere il collegamento con lo stadio di Melbourne.

Era sempre un'emozione grandissima vedere Thomas su un palco, il suo modo di interagire con i fan, il suo sorriso continuo. Quando stava lì su mostrava la parte più spensierata di sé, riuscendo a trasmettere la sua felicità a tutti.

Guardare mio figlio mentre cantava mi metteva dei brividi assurdi. L'allievo aveva decisamente superato il maestro. Thomas non l'avrebbe mai ammesso, ma mi aveva battuto alla grande. La sua voce era più bella della mia e riusciva a raggiungere le note alte senza problemi, al contrario mio.

Non riuscivo a staccare gli occhi dallo schermo del computer quando la porta d'ingresso si era aperta.

"È iniziato?" mi chiese Spencer. Non mi ero neanche voltato verso di lei. Avevo solo annuito. Tanto sentiva la voce di nostro figlio che usciva dalle casse. Quella domanda era decisamente inutile.

La sentii avvicinare a me e mettermi le mani sulle spalle. "Ciao, amore" mi disse, baciandomi la guancia.

"Ciao, Spence. Com'è andata oggi?" le chiesi, senza prestarle la minima attenzione visiva.

"Come al solito. Il signor Martin ha...". Spencer aveva iniziato a raccontarmi qualcosa che le era successo in studio, ma il mio cervello era ancora concentrato sulla voce di Thomas, che adesso stava interagendo con i suoi fan. Non riuscivo a fare due cose di quel tipo contemporaneamente. "E poi sono passata dal parrucchiere".

"Bene". Come se la stessi ascoltando. Se fossi stata in mia moglie mi avrei tirato qualcosa addosso. Povera Spencer.

Lei sospirò, probabilmente perché aveva capito che stava parlando da sola. "Niall" disse soltanto.

"Mmh?".

"Sto per tirarti qualcosa".

"Va bene".

"Niall! Guardami per un dannato secondo!". La sua voce improvvisamente alta mi fece sobbalzare.

"Spence, non c'è bisogno di ar..." la mia voce si interruppe di colpo, nel momento esatto in cui i miei occhi si erano posati su mia moglie. Moglie che aveva qualcosa di diverso da quella mattina. "Oh mio dio" dissi, portandomi una mano al petto.

Lei si mise a ridere, mentre io pensavo che stavo per morire di infarto. "Come sto?" mi chiese.

"Spencer..." riuscii a dire.

"Lucas dice che mi stanno benissimo. E mi ha detto anche che ti avrei spiazzato. Penso che avesse ragione".

"Dove diavolo sono i tuoi capelli?!" praticamente urlai e lei fece un broncio triste.

"Non ti piacciono?". Spencer aveva tagliato i suoi capelli lunghi rendendoli cortissimi, quasi quanto i miei. Era un taglio femminile, ma data la lunghezza e il suo colore, la rendevano più simile a Thomas. O almeno, in quel modo la somiglianza tra madre e figlio era decisamente più palpabile.

"Io..." mi alzai in piedi e cercai di calmarmi. "Non me l'aspettavo" dissi, passandomi una mano sulla faccia e avvicinandomi a lei. "Avresti potuto avvertirmi".

Lei ridacchiò e mi mise le braccia intorno al collo. "Adesso non mi ami più?".

Io sollevai gli occhi al cielo. "È da più di vent'anni che ti amo, Spencer. Pensi che smetterei adesso?".

Avrò Cura di Te 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora