35. Il fiore più bello

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Sali. 

Rilessi quel messaggio un paio di volte, subito dopo aver parcheggiato davanti casa di Sarah. Eravamo rimasti che sarei andato a prenderla e insieme avremmo raggiunto casa dei suoi, che vivevano appena fuori città. Quindi okay, ero in anticipo, ma non mi aspettavo che mi invitasse a salire.

Scesi in fretta dall'auto ed entrai nell'androne del palazzo, dove il vecchio custode mi fissava pronto per dire qualcosa. Non lo lasciai neanche cominciare: "Sì, sì. Secondo piano, so dove abita la mia ragazza. Buona serata anche a lei".

Non volevo fare lo sbruffone o il maleducato, ma quel vecchio, la prima volta che mi aveva visto, mi aveva ritenuto un pervertito che voleva solo approfittare di Sarah. E nonostante avessi saputo soltanto adesso dal suo precedente messaggio quale fosse il piano in cui abitava, volevo mettere in chiaro che lei era davvero la mia ragazza e che me la portavo a letto, ma sicuramente non nel modo in cui pensava lui.

Salii le scale a due a due per fare prima e per cercare di scacciare un po' di eccitazione, ma avevo solo peggiorato la situazione. Non avevo dovuto neanche suonare il campanello che la porta si era aperta e io avevo spinto Sarah indietro contro il divano del salotto, la stanza che mi si era presentata appena aperto l'uscio. Lo avevo richiuso con il piede.

Lei emise un urletto, cadendo indietro sul divano con me addosso. "Ciao, Sarah" dissi, cercando di non schiacciarla con il mio peso e facendo scontrare le nostre labbra, chiedendo l'ingresso con la lingua, che lei subito mi concesse per ricambiare il bacio.

"Benvenuto in casa mia" mi disse, una volta che ci allontanammo per respirare. Era la prima volta che mettevo piede nell'appartamento in effetti.

E io risi. "Grazie, sono pronto per un giro della casa".

Mi tirai su e le porsi la mano, che lei afferrò per tirarsi in piedi. La guardai: era già pronta per andare, con dei jeans a vita alta e una camicetta nera. Perché mi sembrava sempre più bella ogni volta che la vedevo? 

Staccai gli occhi da lei per guardarmi intorno, prima che il mio corpo reagisse in modo inopportuno in quel momento. Anche se forse era già troppo tardi. 

Lei sorrise e mi fece cenno di seguirla. L'appartamento era piccolino e niente di speciale, ma i colori caldi lo rendevano molto accogliente. "E questa è la mia camera" annunciò alla fine, restando davanti alla porta. 

Misi le braccia intorno alla sua vita e poggiai il mento sulla sua spalla, guardando la stanza e concentrandomi sul letto a due piazze. "Mi piace qui" dissi, mentre pensavo che quello sarebbe potuto diventare il nostro nido d'amore, dato che io vivevo ancora con i miei e lei no.

"Grazie" disse e io rimasi in silenzio. "Perché sei così eccitato?" mi chiese improvvisamente. E lei non intendeva eccitato nel senso di esaltato, elettrizzato. Lei intendeva proprio eccitato. Si era accorta evidentemente di ciò che era poggiato contro la sua schiena, esattamente dentro ai miei pantaloni.

"Non lo so, sarà l'ansia probabilmente" cercai di giustificami. 

Lei si voltò tra le mie braccia e mi guardò divertita.  "Non abbiamo tempo adesso. Dovrai aspettare stasera". Io mi imbronciai e lei mi baciò le labbra con un tocco leggero. "Dai, andiamo".

"E io come risolvo il problemino?".

"Pensa a qualcosa che te lo faccia abbassare, forza. C'è un po' di strada da fare. Faremo tardi se non ci muoviamo" mi disse, afferrandomi per il polso e trascinandomi fuori dall'appartamento, lasciandomi con uno sbuffo tra le labbra e i pantaloni stretti.

Mentre guidavo lei continuava a fissarmi e in un primo momento io la ignorai, ma poi le lanciai un'occhiata scostando gli occhi dalla strada per un attimo. "Cosa c'è?" le chiesi dolcemente.

Avrò Cura di Te 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora