8. Stress

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Quando aprii la porta di casa, mi accorsi subito che non c'era il doppio giro di chiave, come l'avevo lasciata prima di uscire.

"Sei a casa?" chiesi a mia moglie che mi stava parlando dall'altro capo del telefono.

"Sei scemo? Ti ho detto che sono ancora in ufficio". Ovviamente Spencer mi rispondeva sempre con la sua amorevole dolcezza, tanto da farmi alzare gli occhi al cielo.

"Allora c'è qualcuno in casa".

"Ma chi vuoi che ci sia? Abbiamo telecamere e allarmi ovunque. In caso di scasso...".

La interruppi, prima di chiudermi la porta alle spalle. "Lo so. Sto solo dicendo che la porta non è chiusa per come l'avevo lasciata. Senza il doppio giro" le spiegai.

"Sarai solo tu che avrai dimenticato di farlo e la vecchiaia ti gioca brutti scherzi".

"Che moglie simpatica. Non devi tornare a lavoro?".

"Che marito stronzo".

Io mi misi a ridere, mentre salivo al piano di sopra. Notai subito la luce fievole che usciva dalla stanza di Lucas e illuminava il corridoio.

"Non è che i tuoi figli sono tornati?" le chiesi, non capendo.

"I miei figli me lo avrebbero detto" mi rispose lei, calcando sul possessivo.

"Bene, allora ti chiamo dopo".

"Se non mi richiami tra cinque minuti, ti do per morto e chiamo la polizia".

Io sbuffai. "Cretina". La sentii ridacchiare prima che chiudessi la chiamata.

Arrivai davanti alla camera di mio figlio e la vista che mi si presentò davanti mi fece schizzare le sopracciglia verso l'alto per lo stupore. Derek era lì e stava dormendo sul letto di Lucas, da solo, mentre dei fogli erano sparsi per terra.

Lo raggiunsi e mi sedetti sul bordo del letto. La sua espressione nel sonno non era affatto rilassata e cercai di ignorare la tracce di lacrime ormai asciutte sul suo viso.

Sospirai e portai una mano sui suoi capelli biondi, accarezzandoli dolcemente. "Derek" lo chiamai. Mi doveva delle risposte.

Il ragazzo mugugnò nel sonno, ma continuò a dormire. Lo chiamai una seconda volta.

"Un attimo, Lu" borbottò a stento coprendosi il viso con la mano.

"Derek, sono Niall" precisai.

E subito dopo il ragazzo aprì gli occhi e si raddrizzò, decisamente spaventato. "Signor Horan" disse con voce tremante, guardandomi con occhi spalancati.

"Ehi. Stai bene, Derek?" gli chiesi.

Lui annuì. "Sì. Io... Mi... Mi dispiace" balbettò.

"Come sei entrato?" chiesi senza poterne fare a meno.

"Io... Ho la chiave. È... Ehm, Lucas l'ha dimenticata a casa mia un giorno e mi sono scordato di restituirgliela" mi spiegò arrossendo.

Sapevo che mi stava mentendo, perché Lucas mi aveva lasciato le sue chiavi di casa prima di partire. Probabilmente il mio minore aveva fatto una copia della sua senza dirmi nulla.

"Capisco". Lasciai perdere. "Che ci fai qui?".

"Avevo bisogno di alcuni appunti di Lucas urgentemente, ma poi mi sono disteso un secondo e..." si fermò, guardando il cuscino con un'espressione vuota sul viso. Supponevo che quel cuscino gli fosse stato utile per sentirsi più vicino a Lucas, dato che il suo odore era ancora impresso lì. "Mi sono addormentato. Mi dispiace". Tornò a guardarmi.

Avrò Cura di Te 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora