22. SOS

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Italia. Ho sempre amato quella terra. Ogni volta che mi ritrovavo a guardare le tappe dei miei tour, speravo sempre che ce ne fossero di più in quella che ritenevo quasi una seconda patria. Eravamo andati lì in vacanza davvero tantissime volte e l'intera famiglia aveva un forte legame con essa: mamma per il nonno e la sua famiglia, io perché ci avevo vissuto nei miei primi anni di vita, papà per le emozioni che aveva provato negli anni con le tappe dei tour e per il cibo, Lucas... Beh, in realtà Lucas non aveva un legame stretto, ma amava l'Italia e aveva imparato la lingua a tutti i costi, non volendo restare indietro rispetto a me e la mamma.

Era fantastico, infatti, sapere quella seconda lingua e poter parlare con i miei fan italiani senza utilizzare l'inglese.

Ok, il mio accento non era perfetto, ma conoscevo la lingua tanto quanto l'inglese. Ringrazierò sempre mia madre per avermi insegnato entrambe le lingue quando ero piccolo. 

Lucas ci era rimasto malissimo quando aveva saputo che le tappe italiane non erano nel weekend e che se le sarebbe perse. Gli avevo detto di raggiungermi lo stesso, ma dichiarando la scuola un ostacolo, mi aveva detto di no. Avrebbe avuto altre occasioni per tornarci, aveva aggiunto.

Quando il nostro jet atterrò, ero stato il primo a scendere e fremetti tutto il tempo fino all'arrivo in hotel. Stavamo aspettando nella hall quando Sarah si era avvicinata a me. "Sei elettrizzato o è una mia impressione?" mi chiese e io le sorrisi, piegando la testa di lato e sporgendomi verso di lei un po' di più.

"Aspetto queste tappe da mesi".

"Milano ti piace così tanto?" mi chiese.

Sistemai il braccio sulle sue spalle. Potevo vedere l'indecisione sul suo viso: probabilmente stava valutando se mettere il braccio intorno alla mia vita o meno, ma alla fine restò immobile.

"A Milano ci sono nato".

"Dici davvero?" mi chiese, guardandomi con occhi sorpresi.

Annuii, prima di mettermi dietro di lei e portare entrambe le braccia intorno al suo collo, attirandola a me. Sarah si irrigidì sotto al mio tocco e portò le mani sul mio braccio, ma io non me ne curai.

Voltai la testa verso due ragazzi che lavoravano lì e che aspettavano solo di aiutarci con le borse. "Sarà la sua ragazza" lo sentii dire in italiano.

"Non lo è in realtà, ma lo sarà presto" dissi a voce più alta e i due si guardarono in panico, non pensando evidentemente che li avrei capiti.

"Che cosa hai detto?" chiese Sarah stupita, voltando la testa di colpo e avvicinando involontariamente le sue labbra alle mie. Se ne rese conto subito e spostò un po' la testa indietro.

Allontanai lo sguardo dalle sue labbra carnose e lo puntai nei suoi occhi scuri. "Che sei bellissima".

Lei arrossì all'istante e ridacchiò nervosa. "No, non è vero".

"Però è vero" borbottai, chiudendo un attimo gli occhi e facendo un'espressione convinta.

"È l'Italia che ti fa questo effetto, Tom?" mi chiese lei.

Non ebbi il tempo di rispondere che Paul, uno dei miei manager mi porse la chiave della mia camera. "Quinto piano. Ci augurano buona permanenza" disse e io mi allontanai mal volentieri da Sarah, che si diresse verso il banco della reception per recuperare la sua chiave.

"Grazie" dissi, afferrando la borsa che avevo abbandonato per terra, mentre i due ragazzi di prima afferravano le mie valigie.

Entrai nell'ascensore e incrociai ancora una volta lo sguardo della ragazza. Le feci l'occhiolino e la vidi sollevare gli occhi al cielo con un sorrisino divertito, prima che le porte metalliche si chiudessero.

Avrò Cura di Te 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora