13. LA VERITA'

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"E' stato preso mio Signore.. Harry è stato portato ad Azkaban." Lucius Malfoy aveva la voce che tremava, sicuro che avrebbe subìto lui l'ira di Voldemort. Severus Piton guardava la scena, il piano di Silente non aveva funzionato. "Non è del tutto vero, Severus." Disse Silente marciando nel suo ufficio avanti e indietro, ragionando. "Non è del tutto vero che non ha funzionato! Harry adesso si sente vulnerabile, e Voldemort ancora più di lui.. Come ti è sembrato quando Lucius gliel'ha detto?" Piton riflettè. "Spaventato. Ma non per il ragazzo.." "Per se stesso." Concluse Silente. "Perchè sa che adesso Harry è facilmente raggiungibile dall'Ordine. E soprattutto da me." Si fermò e si sedette, tranquillizzandosi. "Domani ci sarà l'udienza per Harry. Devo cercare di parlarci, appena possibile. Dobbiamo convincerlo a stare con noi, da adesso. E porterò la signorina Granger con me." "Non credo proprio che la signorina Granger accetterà, dopo quello che ha scoperto." Ribatté Piton. "Deve accettare, deve. Ne va della salvezza del mondo magico." Ginny saliva le scale con un vassoio in mano pieno di cibo. Hermione si rifiutava di uscire dalla sua stanza da tre giorni e mangiava raramente. L'unica a cui permetteva di entrare era la sua migliore amica. Bussò, non sentendo risposta entrò lo stesso. "Ti ho portato la cena, anche se so che non mangerai.." Ginny posò il vassoio vicino al letto, e si sedette affianco alla finestra, dove Hermione guardava fuori con le ginocchia contro il petto. Probabilmente aveva finito le lacrime. "Grazie.." Sussurrò. "Sta arrivando Silente, Herm. Sai che domani ci sarà l'udienza e.. Credo che venga qui per sentire la nostra versione, sai. Non è ancora andato ad Azkaban da lui, ci andrà domani per la prima volta.." Hermione non rispose, così Ginny continuò. "Vuole che siamo tutti presenti, anche tu Herm.." Hermione sapeva bene che chiudersi in se stessa in quel modo non avrebbe risolto un bel niente. Voleva solo dimenticare, e in fretta. Prima si sarebbe liberata di tutto, prima avrebbe dimenticato. O almeno così sperava. "Dammi il tempo di fare una doccia e scendo.." Rispose infine Hermione. Ginny le diede un bacio sulla fronte e uscì dalla stanza. Facendo la doccia, Hermione pianse di nuovo. Si promise che sarebbe stata l'ultima volta. Quando scese, erano tutti seduti nel salotto, compreso Silente. Si girarono tutti a guardarla, con quello sguardo comprensivo che Hermione odiò all'istante. Ron si alzò lasciandole il posto, e lei lo ringraziò con un debole sorriso. "Bene, direi che sono inutili i preamboli. Sappiamo tutti perchè siamo qui." Cominciò Silente. "Vorrei sapere chi verrà domani all'udienza, sono richiesti dei testimoni." Lupin, Arthur e Ron alzarono la mano. Il preside li guardò, sorridendo grato. "Vi chiederanno cos'è successo, niente di più. Harry sarà presente ma potrà parlare solo se interpellato." Hermione sussultò a sentire il nome, e Silente lo notò. "L'udienza sarà alle 9 in punto al Ministero, ho già predisposto la Passaporta che vi porterà li davanti." E indicò una vecchia spazzola per capelli appoggiata sul tavolino. Silente si alzò. "Bene, con permesso vorrei scambiare due parole con Hermione, se permetti." il preside la guardò intensamente, e lei non fu affatto contenta di quella richiesta. Non voleva parlare di Harry, non le andava. "Certo.." Disse alzandosi e seguendo il preside in giardino. Si fermarono al centro, illuminati dalla luna e dalle stelle. Silente la guardò insistentemente, senza parlare. Come se si aspettasse che fosse lei a farlo. E infatti così fu. "Mi dispiace, professor Silente, ma non mi va di parlare di.. lui." Hermione tolse lo sguardo. "Lo so, Hermione, e lo capisco. Capisco anche che tu non voglia venire domani. Ma lascia che ti dica che secondo me sbagli." "Come può dirmi che sbaglio, professore? Era un mangiamorte, ha ucciso Malocchio e chissà quanti altri, non ha fatto altro che mentire." Sentì le lacrime salirgli agli occhi. Maledette lacrime incontrollabili. "Era un mangiamorte, quindi?" Le chiese Silente. Hermione lo guardò, senza capire. "Certo, lo abbiamo visto e poi.." "No, non mi hai capito. Mi sono espresso male." La interruppe Silente sorridendo. "Volevo sapere se Harry era un mangiamorte per te." Hermione chiuse gli occhi e inevitabilmente gli apparve davanti Harry. Harry che le prende la mano, Harry che la porta su una scopa, Harry che le sorride, Harry che la protegge, Harry che la ama. "No.." Rispose con la voce rotta dalle lacrime. "Non lo è." "Sai, Hermione, ci sono pochissime persone che riescono a conoscerci davvero. A volte solo una. La maggior parte delle volte, siamo noi a decidere chi dovrà essere quella persona in grado di leggerci dentro. Be, credo che Harry abbia scelto te." Tornarono dentro, senza bisogno di dirsi altro. "Domani dopo l'udienza tornerete a Hogwarts, e questa brutta faccenda sarà solo un ricordo.." Silente si congedò, dando appuntamento con chi sarebbe andato al Ministero e salutando chi invece avrebbe rivisto più avanti. La mattina dopo Ron, Lupin e Arthur erano pronti vicino alla Passaporta già dieci minuti prima della partenza. "Ron, la tua roba è già ad Hogwarts.. Mi raccomando, fai il bravo e.." Si girarono sentendo qualcuno scendere le scale. Hermione stava portando giù il suo bagaglio. "Deve spedire anche questo a Hogwarts, signora Weasley, per favore." Lo lasciò in mezzo alla sala e si posizionò a fianco alla Passaporta. "Herm, ma che stai facendo?" Le chiese Ron incredulo. "Voglio venire anche io all'udienza." Rispose lei, decisa. Tutti spalancarono gli occhi. "Non credo sia una buona idea.." Provò a farla ragionare Remus. "E' una mia decisione, sarò io a pagarne se mai le conseguenze. Per dimenticare, bisogna prima affrontare." Ron le si mise a fianco e le prese la mano, protettivo. Lei gli fu grata per quel gesto, perchè voleva dire che l'aveva capita. La Passaporta li portò di fronte all'ingresso del Ministero. Entrarono con il signor Weasley che faceva strada. Lavorando li, conosceva quei corridoi meglio di chiunque altro. Presero l'ascensore e scesero di parecchi piani. "Ufficio Misteri." Annunciò la voce metallica dell'ascensore. Uscirono e si diressero verso un aula grande e circolare, non completamente piena ma con parecchia gente, soprattutto giornalisti. Al centro dell'aula spiccava una gabbia, dove per adesso non c'era ancora nessuno. Presero posto dalla parte dei testimoni dell'accusa, ed Hermione cominciò ad agitarsi e a tremare. Ron le strinse la mano. Dalla parte opposta alla loro, la giuria era già al completo. Appena scoccarono le 9, un uomo parlò. "Diamo inizio all'udienza per la carcerazione di Harry Potter (cognome non certo). I testimoni dell'accusa sono presenti, testimoni della difesa assenti." Hermione si girò e vide, con una stretta al cuore, che nessuno si era presentato per difendere Harry. Sarebbe stato solo contro tutti. "Facciamo entrare l'accusato, prego." Nella gabbia centrale si aprì una botola, dalla quale risalì una piattaforme. Sopra a quest'ultima una figura accovacciata si alzò lentamente. Harry era in pessime condizioni, aveva mani e piedi legati da pesanti catene. Hermione ebbe un tuffo al cuore. "Harry Potter, figlio di genitori ignoti, con cognome ignoto, dimora ignota, sei qui per essere giudicato da una giuria di tuoi pari. Ne è consapevole?" Harry non era nessuno. Era senza identità, era senza nessuno. Fece il possibile per tenere gli occhi bene aperti. "Si, signore." Sentì la sua voce roca e debole. "E' stato accusato di essere un mangiamorte, assassino e in diretto contatto con Lei-Sai-Chi, non che possibile infiltrato nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Non avendo testimoni per la sua difesa, lascio la parola al portavoce dei testimoni dell'accusa. Remus J. Lupin." Lupin si alzò e cominciò a raccontare ciò che era successo al matrimonio di Bill, delle cose che Harry aveva ammesso tramite Veritaserum. Harry cercava di prestare attenzione, ma la sua debolezza si faceva sentire sempre di più. Si voltò verso Lupin per vedere se ancora stava parlando e la vide. Aprì gli occhi e tornò pienamente in quell'aula. No.. Perchè era venuta? Perchè.. "Lei conferma tutto ciò che il signor Lupin ha detto, Potter?" Ma Harry non lo ascoltava, stava guardando altrove. Si mosse all'interno della gabbia usando tutta la forza che aveva per potersi avvicinare per quei pochi centimetri alle grate. Sarebbe stato più vicino a lei. "Potter, presti attenzione!" Hermione, che fino a quel momento aveva guardato tremando davanti a se, si voltò. I loro sguardi si incontrarono. Lui appoggiò la fronte alle grate, dicendo con il labiale il suo nome. Le guardie presero le catene e lo tirarono violentemente di nuovo al centro della gabbia. I segni sui suoi polsi gli facevano un male cane. "Potter, per l'ultima volta, lei conferma tutto ciò che il signor Lupin ha detto?" "Confermo, signore." Disse Harry. Sembrarono tutti sorpresi, mai nessun mangiamorte si era arreso così velocemente all'evidenza. "Dichiaro il mangiamorte Harry Potter colpevole dell'assassinio di Alastor Moody e associazione con Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Verrà rinchiuso ad Azkaban per il resto dei suoi giorni." Battè il martelletto sulla scrivania, concludendo l'udienza. Le guardie aprirono la gabbia e tirarono Harry, come fosse un animale. La cercava, ma la folla che stava uscendo copriva ogni cosa. Tirava più che poteva, per poter stare ancora qualche secondo in più in quella stanza, per poterla vedere ancora una volta. Tirava contro la forza di tre uomini, tirava quelle catene disperato. Cominciarono a picchiarlo sulle gambe per farlo cedere, ma non ce l'avrebbero fatta. E infine, eccola li. Sulla porta, piangeva. Lo guardava delusa, impaurita, incredula. Ma Harry quello bastò. Si lasciò trascinare via, si fece riportare in quella prigione dannata dove la disperazione che infondevano i Dissennatori lo avrebbero ucciso prima del tempo. Silente l'aveva spinta ad andare a quell'udienza, e adesso si sentiva solo che peggio. Perchè l'aveva fatto? Che cosa aveva voluto dirle? Hermione camminava nei corridoi di Hogwarts, che sembravano così vuoti e senza importanza in quel momento. Decise che era meglio concentrarsi sullo studio, doveva conseguire tutti i MAGO possibili per poter intraprendere la carriera di Medimago e lavorare in un futuro al San Mungo. Ogni giorno che passava, non riusciva a levarselo dalla testa. Più cercava di darsi pace, più mille domande gli piombavano in testa. Più cercava di dimenticarlo, più sentiva di amarlo. Ron cercava ogni modo per tirarla su di morale, ma con scarso successo. Era come se Hermione se ne fosse andata, ed era stata sempre questa la sua paura più grande. Un mese dopo quella sera maledetta, Hermione si diresse all'ufficio del professor Silente. Non sapeva neanche la password, ma non le importava. Doveva parlarci e basta. Arrivata davanti al gargoyle si fermò, senza pensarci disse: "Devo parlare urgentemente con il professor Silente." Il gargoyle si mosse all'istante. Stupita ma soddisfatta, Hermione salì le scale. La porta era aperta, e chiedendo permesso entrò. "Oltre alla parola d'ordine, se il visitatore dice sinceramente di aver bisogno di parlare con me senza cattive intenzioni, il gargoyle si muove. Vieni, Hermione." Silente rispose alla tacita domanda della ragazza e la fece entrare. "Come posso esserti d'aiuto?" "Io devo vederlo, professore." disse Hermione senza indugiare. Silente aspettava quel momento da parecchi giorni ormai. Annuì, sorridendo. "Molto bene. Andiamo?" Hermione era scossa. "Come.. Come scusi? Adesso?" Si alzò, e prese il mantello che il professore le aveva indicato. "Sono impulsivo, non mi piace attendere. E poi, anche io devo vederlo in effetti. Quando sei pronta, attaccati al mio braccio Hermione. Non guardarmi così, so che dentro Hogwarts non ci si può smaterializzare. Ma essere presidi ha i suoi vantaggi." Hermione afferrò il braccio del preside e si smaterializzarono. Finirono proprio sulla scogliera ventosa e fredda dove l'imponente prigione si ergeva nella sua spettrale e cupa maestosità. I Dissennatori giravano pacati tutto intorno, e loro si mossero riparati dal Patronus di Silente. Il preside bussò. Pochi istanti dopo un uomo incappucciato di cui non si vedeva il volto aprì la porta, puntando la bacchetta. "Identificatevi." Disse con voce glaciale. "Albus Silente con una giovane accompagnatrice, Hermione Granger. Siamo qui per fare visita a un detenuto, Harry Potter." Hermione sapeva che pochi maghi o streghe avevano la facoltà di entrare nella prigione di Azkaban, e Silente era uno di quelli. L'uomo fece alcune domande a Silente per verificare che fosse davvero lui, e quando entrarono li perquisirono e gli ritirarono le bacchette. "Le riavrete all'uscita." Li rassicurò quell'uomo, da cui Hermione stava lontana. "Stanno portando il detenuto nella cella riparata dai Dissennatori, entrerete uno alla volta e per 10 minuti solamente." "Molto bene." Esordì Silente. "Credo sia il caso che vada prima tu, Hermione." La ragazza non se l'aspettava, ma anche lei voleva andare per prima infondo. Annuì e si mise il cappuccio. Con un ultimo sguardo a Silente, Hermione si avviò in un corridoio buio e freddo seguendo quell'uomo che le metteva i brividi. Harry venne legato alle catene, così che non potesse attaccare il visitatore con mano o piedi. Non ne avrebbe avuto neanche la forza. Sentiva il vento fischiare fuori, era in arrivo un temporale. Ma adesso i temporali non gli piacevano più. Lo lasciarono solo, e Harry si mise in ginocchio non riuscendo a stare più di tanto in piedi. Gli erano cresciuti i capelli e aveva un chiaro bisogno di radersi. Quasi sorrise a quel pensiero, come se radersi fosse davvero un problema primario. Sentì la porta aprirsi e poi subito chiudersi. Alzò lo sguardo,sicuro di vedere Draco. Ma invece vide una figura esile e incappucciata. Era nell'angolo buio, non riusciva a distinguerne i lineamenti. "Se non fossi ridotto così, ti avrei già preso a schiaffi." Harry si alzò immediatamente al suono di quella voce. Non poteva essere. Fece per avvicinarsi ma dopo pochi passi le catene si tesero, bloccandolo. Il respiro gli si fece corto, il cuore ricominciò a battere dopo un mese di letargo. "Hermione.." Sussurrò. Lei avanzò di poco, fino a mettersi sotto quella fonte di luce debole. Harry provò ancora ad avvicinarsi, sicuro che con la forza di ciò che stava provando in quel momento avrebbe potuto spaccare mille e mille catene. Ma infondo era solo una sensazione, e le catene vinsero ancora. "Voglio che tu rispondi alla mia domanda, adesso. Alla domanda a cui tu non hai risposto mai. Chi sei tu?" lo guardò negli occhi, e sentì le gambe cedere. "I genitori di Draco mi hanno cresciuto. Sono stato addestrato fin da quando ero piccolo dal Signore Oscuro, ha sempre detto che ero destinato a qualcosa di grande. I miei genitori sono stati uccisi quando ero piccolo da due Babbani, o almeno così mi hanno sempre detto." Dovette fermarsi a riprendere fiato, non parlava così tanto da un mese. "Non so niente del mio passato, non so da dove vengo e non so se il cognome che porto è davvero il mio. A 16 anni sono stato fatto mangiamorte e sapevo già fare le peggiori e le più difficili magie oscure che un ragazzo di quell'età si sogna." Tossì, poi riprese. "Il Signore Oscuro mi ha mandato a Hogwarts come infiltrato, avrei dovuto uccidere Silente e conquistare la scuola per Tu-Sai-Chi. Era tutto pronto, tutto scritto. Avrei avuto la gloria eterna, sarei diventato finalmente il Primo Mangiamorte al fianco del Signore Oscuro. Ma poi.." S'interruppe di nuovo, e la guardò. "Poi ho incontrato te. E tutto il mondo che credevo mi appartenesse, è crollato." Il viso di Hermione si cominciò a rigare di lacrime. "Hai ucciso Malocchio.. Hai ucciso un uomo.." Sussurrò lei, in modo impercettibile. "Non mi aspetto il tuo perdono Hermione, so di non meritarlo. Silente mi aveva offerto una possibilità di uscita, tempo fa, ma io l'ho rifiutata. Non gli ho creduto, e adesso invece le sue teorie mi sembrano più vere che mai." Hermione lo guardò perplessa, ma Harry non aveva tempo di spiegare. Il tempo era quasi scaduto. "Vederti stasera è stata la cosa più bella che potesse capitarmi.." Fece per muovere una mano, dimenticandosi che era legata. Abbassò la testa. "Avrei voluto darti di più, avrei voluto farti felice come meritavi. Sei l'unica cosa vera che mi sia mai capitata nella vita." Sentirono dei passi avvicinarsi, ed entrambi si resero conto che quelli erano gli ultimi istanti che avevano a disposizione. "Mi hai fatto felice, Herm. Tanto felice. Sei una donna meravigliosa." Harry si rese conto che lei non riusciva a parlare da quanto piangeva. "Sii felice e vivi sempre la tua vita. Non tornare mai più qua. Me lo prometti?" Entrò la guardia che cominciò a spingere Harry lontano da Hermione. Non aveva potuto toccarla neanche l'ultima volta. "Promettimelo!!" Disse ad alta voce. "Te lo prometto." Disse lei guardandolo prima che richiudessero la porta della cella e sparisse dalla sua vista. Tornarono all'ingresso, e Silente li stava aspettando paziente. Vedendo Hermione così, le offrì un fazzoletto. "Aspettami qui, arrivo subito." Si diresse verso la cella che Hermione aveva appena lasciato. Entrò, e la guardia li lasciò soli. Harry era accovacciato a terra e guardò Silente. Sorrise scuotendo la testa. "Portare qui lei è stato un colpo basso.." Disse mentre si rialzava a fatica. "Avevo bisogno di farti capire." Disse Silente tranquillo. "Capire cosa?" Chiese Harry guardandolo. "Per cosa noi combattiamo Harry, e per cosa eri destinato a combattere anche tu. L'amore. Le persone a noi care." Si avvicinò e lo guardò serio. "17 anni fa ti è stato rubato il diritto di avere una famiglia, di avere una vita normale, di avere la possibilità di crescere in un ambiente caldo. Nonostante tutto, grazie alla ragazza, o meglio, donna che è appena uscita da questa stanza il vero Harry è uscito. Ed è qui, davanti a me. Non lasciare che ciò che è successo ai tuoi genitori sia stato inutile." Harry cominciò a riflettere velocemente. "Erano davvero loro i miei genitori? James e Lily? Quindi io mi chiamo davvero Potter?" "Proprio così." Affermò Silente. "E l'intelligenza limitata di Voldemort lo ha spinto a darti il tuo vero cognome, sicuro che così avrebbe confuso noi tutti." Fece una pausa, assicurandosi di avere l'assoluta attenzione di Harry. "Lord Voldemort quella notte di quasi 17 anni uccise i tuoi genitori brutalmente e prese te con se, convinto che ti avrebbe cresciuto a sua immagine. Ma la tua vera natura sarebbe venuta fuori, prima o poi. Ti prese con se perchè eri il suo più temibile avversario, perchè tu sei l'unico che può sconfiggere il più grande mago oscuro di tutti i tempi." Silente si rese conto che stava correndo con le informazioni, ma il tempo scarseggiava. "Che cosa devo fare?" Chiese Harry, convinto. "Sto per chiederti molto Harry. Sto per chiederti qualcosa che probabilmente ti porterà alla morte. Verrai liberato dai tuoi compagni mangiamorte a breve e tornerai a stare con loro, al fianco del Signore Oscuro. Porterai a termine la tua missione, Harry, entrando con l'esercito di Voldemort a Hogwarts. Ma noi saremo pronti, perchè tu dovrai informarci costantemente, e sapremo quando e come arriverete. Non chiedermi come so che verrai liberato dai tuoi, spero, ex-compagni. Chiediti piuttosto se credi di poter fare ciò che ti ho chiesto." Harry respirava a fatica. Sarebbe stato uno contro tutti i mangiamorte, creature oscure e Voldemort stesso. Silente aveva ragione, sarebbe morto senza dubbio. Ma non prima di aver compiuto la missione, quella missione che Silente gli stava affidando. Quella per cui davvero era nato. "Lo farò." Il tempo stava per scadere. "Fidati di Severus Piton, solo e solamente di lui Harry." Sentirono di nuovo i passi della guardia che si stava avvicinando. "Professore. Le chiedo una cosa in cambio, una cosa che per me sarà vitale. Protegga Hermione, protegga i suoi amici. Io le darò tutto me stesso." Entrò la guardia. "Lo farò." Disse Silente, esattamente come aveva detto Harry poco prima. Si voltò e se ne andò. Harry fu riportato nella sua piccola cella, guardò fuori. Il temporale impazzava. Si era sbagliato, ancora una volta il temporale aveva giocato a suo favore. Adesso aveva un'altra missione, doveva fare l'esatto contrario di ciò che aveva sempre creduto. E in quel momento, nel buio della prigione e con alcune gocce di pioggia che gli cadevano sul viso attraverso i buchi del muro, Harry sentì finalmente di avere la sua vera ragione. Rientrati nello studio del preside, si scrollarono i mantelli dall'acqua presa. "Non siamo andati solo per me stanotte, vero professore?" "No, Hermione. In effetti no. Posso solo dirti di fidarti dell'uomo che hai conosciuto e amato, e che ti ha amata a sua volta." Ma ad Hermione quello non bastava. Se ne andò dall'ufficio salutando e ringraziando. Forse vederlo gli aveva fatto male, o forse no. Una cosa era certa: Harry era stato sincero fino alla fine quella notte.

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