16. 7 ANNI DOPO

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Aveva imparato che fare le flessioni lo aiutava a passare il tempo, anche solo per mezzora. Ogni minuto passato in prigione diventava importante, perchè ti portava sempre più vicino alla fine di tutto. Aveva imparato che la solitudine ti uccide più della morte stessa, e che parlare raramente non aiuta a non pensare. Aveva imparato tante cose, evidentemente sette lunghissimi anni dentro ad Azkaban erano serviti a fargli capire di quanto il tempo sia prezioso. 105, 106, 107.. Quella quattro mura vecchie e fredde erano state le sue uniche compagne per tutti quegli interminabili giorni, ed erano impregnate di risate, nomi e pianti ormai impolverati dal tempo. Non aveva mai voluto vedere nessuno di quelli che erano andati a trovarlo, perchè non gli serviva parlare cinque minuti con persone che poi sarebbero tornate alla loro vita felice mentre lui doveva tornare li, sempre li. Aumentò la velocità. 126, 127, 128, 129, 130.. Lui era segregato li, fuori dal mondo ma conosciuto ovunque. Leggeva i giornali, nei primi periodi, e il suo nome spuntava tra le righe quasi sempre. Ma con il passare degli anni anche la stampa aveva smesso di sperare nella sua scarcerazione, smettendo anche di scrivere di lui. Ormai regnava la pace nel Mondo Magico, ed era giusto che tutti se la godessero dimenticando il passato. Aveva imparato anche un'altra cosa, adesso che gli veniva in mente. Hermione Granger mantiene sempre le promesse. Si fermò di colpo mettendosi seduto con il fiatone, completamente sudato e affaticato. Quel nome apparso prepotentemente nella sua mente lo aveva scosso, ma lo scacciò con non troppa difficoltà. Si, aveva imparato anche quello. "Harry Potter." Una guardia lo chiamò dallo spioncino presente sulla porta della sua piccola cella. Harry non rispose, sapeva che se lo chiamavano era perchè qualcuno era venuto a trovarlo. Non succedeva da quasi due anni ormai. "C'è una visita." "Non mi interessa." Rispose piatto Harry asciugandosi il sudore dalla fronte. Doveva essere giugno, secondo i suoi calcoli. "Questa volta non hai scelta." La porta si aprì, Harry guardò accigliato le due guardie che lo presero e gli legarono le mani. Non capiva, non potevano obbligarlo e vedere qualcuno. Lo portarono in una stanza poco distante, così illuminata che a Harry bruciarono gli occhi per un istante. Un uomo decisamente basso e con una notevole pancia lo guardava seduto ad un tavolo sporco e rotto. Le guardie misero Harry a sedere di fronte a questo sconosciuto, e si misero ferme dalla porta per controllare la situazione. "La sua fama la precede, signor Potter. E' un onore conoscerla, davvero." L'uomo parlò con voce calda e piena. Voci del genere Harry non le sentiva da tanti anni. "Immagino che lei invece non sappia chi sono io, ovviamente. Mi chiamo Albert Mornwood, sono il Ministro della Magia in carica da alcuni mesi." Chiaramente il Ministro si aspettò una qualche reazione da Harry, che invece non arrivò. "Accidenti, se lo sapevo mi sarei messo la camicia. Cosa posso fare per lei, Ministro?" Chiese senza alcuna enfasi Harry indicando il suo abbigliamento squallido da carcerato. "Oh, be.. In realtà le cose di cui discutere non sono poche." Il Ministro cominciò a tirare alcune pergamene dalla sua valigetta. "Albus Silente, che lei conosce molto bene, non si è mai arreso all'evidenza, signor Potter. E le farà piacere sapere che ha sempre combattuto per la sua scarcerazione." Harry annuì piano. "Il professor Silente è stato il primo e forse l'unica che ha sempre creduto in me. Gli devo molto." Disse sinceramente. "Già, e a quanto pare anche lui. Mi dispiace molto dirglielo, ma il professor Silente è deceduto poche settimane fa." Il Ministro guardò Harry, dispiaciuto. Un pugno allo stomaco. Harry si odiò per non aver mai accettato di vedere il preside tutte le volte che era venuto a trovarlo anni prima. Adesso non avrebbe più avuto la possibilità di dirgli grazie, per ogni cosa. Vedendo che Harry non parlava, Mornwood continuò. "Ma le ha lasciato un dono, signor Potter. Un dono davvero prezioso." Srotolò con la bacchetta una lunga pergamena, che fluttuò subito a mezz'aria. Harry si girò curioso a guardare. "Tutta questa documentazione" Disse il Ministro scorrendo velocemente la pergamena. "Attesta la sua innocenza, signor Potter. Partendo dalla famosa profezia, alle preziose testimonianze del signor Draco Malfoy che adesso lavora per il Ministero dopo essere stato estremamente utile alla cattura di una miriade di mangiamorte.." Mornwood continuò ad elencare tutto ciò che Silente era riuscito a fare per lui, fino ad arrivare a consegnargli il documento di scarcerazione firmato dalla stessa commissione che lo aveva condannato sette anni prima. Harry era confuso, non capiva. Non poteva essere vero. "Lei mi sta dicendo che.." "Che il professor Silente è riuscito a liberarla, signor Potter. E' riuscito a manifestare la sua innocenza e la sua estraneità ai fatti e, ovviamente, il suo merito di aver salvato l'intero Mondo Magico da Lord Voldemort. Il suo reato, ovvero l'uccisione dell'ex auror Alastor Moody, l'ha scontato in questi sette anni" Il Ministro fece arrotolare di nuovo la pergamena. "Quella che ha in mano lei è una copia, naturalmente. Il documento ufficiale è stato consegnato proprio pochi istanti fa a chi di dovere per provvedere alla sua immediata scarcerazione." Mornwood sorrise, vedendo il chiaro stupore nello sguardo di Harry. La sua speranza era morta anni prima, e adesso in cinque minuti gli avevano consegnato le chiavi della libertà. "Ma io.. Io non ho dove andare." Disse Harry pensieroso. "Oh, ma certo che ha dove andare!" Il Ministro riaprì la sua piccola borsa e tirò fuori una chiave e un'altra pergamena, più piccola. "Silente si è anche mosso per farle riavere la sua legittima casa, a Godric's Hollow. E' stata rimessa completamente a nuovo." Gli consegnò la chiave e la pergamena dove c'era scritto tutto. "La casa dei suoi genitori, ovviamente. Li dentro potrà trovare già tutti i suoi effetti personali." Tirò fuori un'altra chiave dalla valigetta, questa volta più piccola. "E questa è la chiave della sua camera blindata alla Gringott, dove i suoi genitori le avevano lasciato l'eredità. Come può notare, il professor Silente si è dato decisamente da fare." Il Ministro sorrise di nuovo e consegnò tutto ad Harry, che non sapeva dove mettere le cose. Era a bocca aperta, avrebbe voluto dire tante cose ma non gli usciva niente. "Molto bene." Mornwood si alzò. "A meno che lei non voglia restare qui, l'aspetto all'uscita con la sua bacchetta tra cinque minuti." Si congedò uscendo dalla stanza. Le guardie accompagnarono Harry alla sua cella, ma senza più tenerlo per le braccia e liberandogli le mani. Da quel momento, non era più un detenuto. Prese le poche cose che aveva sempre tenuto con se, si guardò intorno. Non provò il minimo dispiacere a lasciarsi quel buco alle spalle. Mentre percorreva i corridoi che l'avrebbero portato all'ingresso, vide Bellatrix avvicinarsi felinamente alla porta della sua cella. "Dove vai, Potter?? Ti hanno liberato? Non sarai mai libero, mai! Ti uccideranno i nostri compagni rimasti fuori. Ti uccideranno!!" Urlava come un'ossessa, ma Harry proseguì. Arrivato dal Ministro, si rese conto di com'era ridotto dandosi un'occhiata da solo. "Non si preoccupi, signor Potter. Ci smaterializzeremo direttamente davanti al portone della sua nuova casa, o meglio, vecchia casa. E da quel momento lei sarà di nuovo un uomo libero." Harry annuì in direzione di Mornwood, incapace ancora di parlare. Prese la sua adorata bacchetta in mano, e fu percorso da una scossa che lo fece sentire di nuovo completo. Sorrise felice e la ficcò in tasca, al sicuro. Uscirono, e il rumore del mare soffocò i rumorisi battiti del cuore di Harry. Prese il braccio del Ministro, e senza voltarsi indietro neanche una volta, si lasciò trasportare da lui via da quel posto maledetto. Pochi istanti dopo erano di fronte a una villetta, molto simile a quelle intorno e con un bel giardino fiorente sul davanti. Harry provò una strana sensazione dentro di se, quasi come se quella casa la conoscesse bene e ci fosse ritornato dopo molto tempo. "E adesso le nostre strade si dividono, ma ci vedremo molto presto signor Potter." Il Ministro allungò la mano verso Harry. "La ringrazio davvero." Harry gliela strinse, sinceramente grato. Con un sorriso, Mornwood si smaterializzò. Harry prese un respiro profondo e superò il cancelletto, attraversando il giardino. Infilò la chiave nella toppa ed entrò in quella casa che ormai apparteneva completamente a lui. Profumava di buono, di un profumo che aveva sempre avuto dentro di lui probabilmente. Niente gli sembrava nuovo, tutto gli dava una felicità inspiegabile. Cominciò a percorrere tutti gli angoli della casa: salotto ben arredato, cucina, piano di sopra con due stanze e un bagno grande. Li erano morti i suoi genitori. Li era cominciato tutto. E proprio li, in quel momento, avrebbe ricominciato a vivere. Chiuse gli occhi, pensando che quella mattina si era svegliato carcerato e senza speranze, e quella notte si sarebbe addormentato da uomo libero e tornato alle sue vere origini. Non sapeva assolutamente cosa avrebbe fatto, da dove sarebbe partito. Per prima cosa, si disse, si sarebbe fatto un bagno di almeno mezza giornata. Hermione si lasciò cadere senza ritegno su una sedia, facendo quasi cadere il caffè che teneva in mano. Sbuffò sonoramente, attirando l'attenzione di due sue colleghe li affianco. "Giornata lunga, eh?" Chiese la più vicina, una bella donna con i capelli neri. "Lascia perdere, Kate, sono diciotto ore ormai che non stacco. Avevo un estremo bisogno di caffè." Rispose Hermione sorseggiando la sua bevanda calda. "Io sto andando a casa proprio adesso, dovresti andare anche tu Herm! Sono sicura che Greg te lo permetterà, sai bene che stravede per te.." Rise l'altra collega mentre cercava di sistemare i suoi ribelli capelli biondi. "Molto spiritosa Jane.." Le fece la linguaccia Hermione. "Ho ancora un paziente che è arrivato poco fa a cui devo far ricrescere le ossa, e poi sono libera anche io di andare." Buttò via il bicchiere di carta alzandosi. "Va be, comunque l'invito per domani sera è confermato eh.. Tutti a casa mia per il compleanno di Tom!" Jane sorrise nominando il suo futuro marito. Hermione e Kate annuirono felici "Assolutamente si, immagino già quanta gente ci sarà! Ci vediamo domani allora.." Hermione le salutò agitando la mano e uscì velocemente, ributtandosi nei corridoi adesso meno affollati del San Mungo. Si sistemò il camice e rilesse il numero della camera sul foglio che le avevano dato poco prima. "Buona sera, signor Barney. Sono la dottoressa Granger." Disse Hermione entrando e sorridendo con cortesia. "Buona sera a lei. Scusi se la guardo così, ma credo che questa sia la prima volta che mi capita una dottoressa tanto bella." Rispose l'anziano signore sorridendo. "Lei è molto gentile.." Si avvicinò e lo visitò. Non ci mise molto a preparargli la dovuta pozione. "Bene, domani vedrà che starà già meglio. Si riposi, ci vediamo domani signor Barney." Lui la salutò un po' troppo calorosamente, e Hermione chiudendosi la porta alle spalle non potè fare a meno di ridere scuotendo la testa. "Chi è che ti diverte tanto, Herm?" Gregory Alcoot, il suo caporeparto, si affiancò a lei camminando. "Niente, semplicemente un signore di 80 anni stava per chiedermi di uscire poco fa!" Sorrise continuando a camminare. "Lo vedi, lo dico sempre che fai colpo su tutti.. Peccato che sei già occupata però, eh?" Gregory era insistente come sempre. "Eh già. Io allora vado, ho finito tutto. Ci vediamo domani!" Hermione si allontanò velocemente, per evitare di rimanere immischiata in qualche situazione imbarazzante. Si tolse il camice e lo lasciò nel suo armadietto personale, dove sulla parte interna dell'anta spiccava una grande e bella foto di lei con il suo fidanzato. Sorrise alla foto, e chiuse l'armadietto. Salì in macchina e si diresse velocemente a casa, aveva bisogno di una doccia e di una bella dormita. Guidava nell'oscurità di Londra, lasciandosi trasportare dalle canzoni che trasmetteva la radio. Le piaceva vivere alla Babbana, proprio per questo aveva deciso di prendersi un bell'appartamento nel centro cittadino. Non era distante da un ingresso di Diagon Alley, così poteva andarci quando voleva. Viveva sola, anche se sapeva che sarebbe stato così ancora per poco probabilmente. Entrò in casa, appoggiò la borsa e si diresse in camera sua. Prese il cellulare e schiacciò sul nome della persona che doveva chiamare, chissà se stava cominciando a capire sempre di più come si utilizzava un tale oggetto Babbano. "Miseriaccia.. Ma che caz.. Amore? Mi senti? Non so se ho fatto giusto con sto coso.." Hermione rise di gusto, non c'era verso che Ron capisse come usare un cellulare. Era senza speranza. "Si che ti sento! Te l'ho già spiegato mille volte.. Non capirai mai!" "Lo sai che non sono portato per questa cose! Come stai? Hai finito tardi.." Chiese Ron, felice di sentirla. "Già, è stata una giornata impegnativa." Hermione si lasciò cadere nel suo letto. "E tu? Tutto bene in ufficio?" Ron lavorava sotto a suo padre al Ministero. "Si si, solite cose sai.." Parlarono un po', poi Hermione gli ricordò della festa della sera dopo. "Non è distante da casa tua, comunque verrò prima da te e poi andiamo insieme." "Va bene. Ora amore vai a riposare, e ci sentiamo domani. Mi manchi, sai? Vorrei poterti avere con me tutti i giorni." Le disse dolcemente Ron. "Mi manchi anche tu.. A domani allora, buonanotte amore." Chiusero la comunicazione ed Hermione buttò il telefono sul letto. Cominciò a spogliarsi già in camera, e poi finalmente si immerse nell'acqua calda e piacevole della doccia. Chiuse gli occhi rilassandosi, e cominciò a vagare con i pensieri. Erano tre anni che stava con Ron ormai, giorno più giorno meno. Subito dopo Hogwarts si era buttata nello studio e nel praticantato in ospedale, senza avere la minima voglia di fare nient'altro. Voleva stare sola, non le sembrava neanche di aver più voglia di vivere. Ron le era stato così vicino, era stato così presente, che inevitabilmente aveva ceduto al suo amore. L'amava da tutta la vita, e lei questo lo aveva sempre saputo. L'amava così tanto e così profondamente che era impossibile non essere felici con lui. Ma lei l'amore l'aveva provato una sola volta, e non riusciva a provarlo più. Sapeva in cuor suo, però, che l'amore di Ron sarebbe bastato per tutti e due. Harry guardava fuori dalla finestra, le prime luci del mattina gli illuminavano il volto. Dormire in un letto comodo e grande non era stato molto semplice, infatti aveva dormito più che altro per terra. Doveva ancora abituarsi, ci voleva tempo. Anche per spegnere tutti gli incubi che lo svegliavano continuamente. Bevve un sorso di the, non si ricordava più il gusto di quella bevanda calda che tanto adorava. Si era tagliato i capelli con l'aiuto della magia, erano tornati ad essere corti e ribelli come sempre. Si era curato la barba, decidendo di lasciarne un po' perchè ormai ci aveva fatto l'abitudine. Era già pronto per uscire e andare a Diagon Alley, la chiave della sua camera blindata della Gringott era già nella sua tasca. Uscì nella freschezza e nel silenzio di quella meravigliosa mattinata londinese, fece qualche passo in quel villaggio che ancora conosceva così poco e, prima di smaterializzarsi, si promise che quel pomeriggio ci avrebbe fatto un bel giro. Comparse davanti al Paiolo Magico, entrò e attraversò il locale senza fermarsi. La gente lo guardò allibita e parlava fittamente. "No, non può essere lui.. Ti stai sicuramente sbagliando!" Riuscì a sentire Harry. Fece finta di niente e continuò a camminare, fino ad arrivare al grande muro di mattoni. Battè con la sua bacchetta nei punti che anni prima gli aveva mostrato Draco e il muro si aprì, lasciandolo passare. Diagon Alley era ancora mezza addormentata, poche persone erano in giro a quell'ora. Però era decisamente diversa da come la ricordava Harry: era più colorata e più viva. Proseguì per la strada, la Gringott si trovava proprio infondo. "Non ci posso credere! E' Harry Potter.. E' Potter!" "No, non può essere lui!!" Harry abbassò lo sguardo. Si era dimenticato che al di fuori di Azkaban era diventato così famoso che tutto il Mondo Magico lo conosceva. La cosa lo metteva estremamente a disagio e sperò che tutti pensassero che non poteva essere lui. Entrò velocemente alla Gringott, e il silenzio di tomba della banca lo invase rassicurandolo. Non era mai entrato li, e aveva sempre visto i Folletti da lontano o in foto. Proseguì lungo il corridoio, guardando di sottecchi i Folletti che scrivevano ai lati su alte scrivanie senza mai alzare lo sguardo. Arrivò alla srivania più alta di tutte, dove un Folletto lo stava fissando senza il minimo pudore. Come si parlava a un Folletto? Gli avevano sempre insegnato che erano essere inferiori, come tutti i non maghi o i non Purosangue daltronde. Quindi non ne sapeva molta. "Buongiorno. Vorrei accedere alla mia camera blindata." Harry consegnò la chiave al Folletto che la esaminò subito. "Credevamo che nessuno avrebbe più aperto quella camera. La camera di Harry James Potter." Appena il Folletto ebbe detto il nome, tutti i piccoli occhi di tutta l'immensa sala erano puntati su Harry sbalorditi. Ecco, perfetto. "Mi segua, prego." Harry obbedì, contento di levarsi da quella soggezione per la seconda volta. Lo accompagnò giù per i sotterranei e gli aprì la camera blindata. Appena Harry entrò, rimase a bocca aperta. I suoi genitori gli avevano lasciato un'eredità immensa. Prelevò il necessario, e se andò subito. Era sconcertato, adesso che finalmente aveva tempo doveva sapere di più sui suoi genitori e sul suo passato. Voleva anche sapere dove si trovava il corpo di Silente, voleva ringraziarlo di persona per tutto ciò che aveva fatto per lui. Non aveva mai avuto un padre per sfortuna, ma il preside ci era assomigliato molto. Appena arrivò a casa, trovò una lettera sotto la porta. L'aprì, e quella subito parlò da sola con la voce del Ministro della Magia. "Signor Potter, mi dispiace disturbarla già nel suo primo giorno di meritata libertà. Ma stamattina è stato visto a Diagon Alley da diversi maghi, e si sta già formando un'incredibile fuga di notizie. Come lei ben sa, è diventato una persona estremamente famosa e appena l'hanno vista hanno subito avvisato il Ministero. Per evitare che la gente creda ad una sua fuga da Azkaban, pubblicheremo la notizia della sua scarcerazione immediatamente. Tra pochi secondi apparirà proprio davanti a lei un fotografo e giornalista del Ministero, la prego di collaborare. A presto, Albert Mornwood." La Strilettera si stracciò all'istante, Harry non ebbe neanche il tempo di ragionare che apparve il fotografo sull'uscio di casa sua. "Signor Potter, è un onore conoscerla." Fece un profondo inchino, e subito si mosse. "Presto, presto! Non abbiamo molto tempo. La Gazzetta del Profeta verrà pubblicata tra meno di mezzora e i migliori giornalisti stanno già concludendo l'articolo su di lei." Harry non aveva neanche parlato, ma rimase impressionate di come le notizie potessero essere veloci. Il fotografo lo sistemò davanti a un muro bianco, gli disse di stare a suo agio. Ma non lo era affatto. Si mise una mano in tasca e semplicemente guardò in macchina. Un flash accecante invase il salotto. "Molto bene, signor Potter. Lei è molto fotogenico per fortuna! Spero di rivederla, arrivederci.. arrivederci!" Scomparve all'istante. Harry non aveva avuto neanche il tempo di dire buongiorno, che era già tutto fatto e finito. Sorrise scuotendo la testa, quella situazione infondo era stata quasi comica. Hermione si stava preparando per la festa, era uscita di nuovo tardi da lavoro e adesso faceva le corse per non arrivare in ritardo da Ron. Le squillò il cellulare, era proprio il suo fidanzato. Rispose mentre si truccava. "Lo so lo so sono in ritardo, ma massimo 15 minuti e sono li!" disse velocemente. "No, si.. Non ti preoccupare.. Senti ma, non hai letto il giornale oggi?" Chiese Ron con voce strana. "Certo che no, non ho avuto neanche il tempo di mangiare quasi! Perchè? E' successo qualcosa?" Hermione cominciò a preoccuparsi. "No, niente.. Era così per sapere.." Rispose Ron, che era a casa sua con la cravatta ancora da legare e la Gazzetta del Profeta in mano, dove in prima pagina un Harry Potter venticinquenne, con una barba incolta che lo rendeva ancora più maledettamente bello lo guardava con sguardo serio e profondo. "Dai ok, allora a tra poco!" Hermione buttò giù subito, e Ron rimase con il cellulare all'orecchio. Rilesse, per ventesima volta, il titolo gigante del giornale: LA SCARCERAZIONE DEL SALVATORE DEL MONDO MAGICO. "Sei strano.." Disse Hermione mentre aspettavano che gli aprissero la porta per entrare alla festa. "Non è vero.." La baciò lui sulla bocca. Una festosa Jane aprì la porta, abbracciando e baciando Ron e Hermione. Si scusarono per il ritardo, e poi entrarono. Era già pieno di gente, chi rideva, chi mangiava, chi parlava. Salutarono tutti i loro amici e colleghi e presero anche loro da mangiare. "Io per cominciare ho bisogno di un bel bicchiere di Prosecco!" Disse Hermione prendendo un bicchiere dal tavolo più vicino. "Questa storia ha del pazzesco, non credi? Ti giuro che vorrei conoscerlo per parlarci! Un uomo solo non può avere subito tutte queste cose.." Disse il fidanzato di Jane a un suo collega. "Ancora parlate di lui?! E' tutto il giorno che praticamente non parla d'altro.." Jane si rivolse a Hermione, che non capiva. Ron tolse lo sguardo. "Non sai niente, Herm?" Le chiese dubbiosa Jane. "Hanno scarcerato Harry Potter!" Ad Hermione cadde il bicchiere per terra, andando in frantumi. Non sentiva quel nome, quel dannato nome da anni ormai. Aveva rinunciato a leggere i giornali dove sapeva avrebbero parlato di lui e aveva proibito a tutti quelli che sapevano di parlargliene. Jane con un colpo di bacchetta pulì, mentre il suo fidanzato le mise il giornale in mano. Hermione si sentì mancare mentre guardava la foto. Erano almeno tre anni che non piangeva più, e adesso sentiva di nuovo quella sensazione dietro agli occhi. Harry la guardava, con quegli occhi verdi, quella mano in tasca, quei capelli neri e ribelli. Si sentì male. "Io.. scusate.. devo.. devo.." Ridiede il giornale al fidanzato di Jane e si girò subito correndo fuori verso la macchina. Ron si scusò con tutti e la seguì, si mise alla guida e partì. Nessuno dei due parlava, era come se un fantasma scomparso da anni si fosse ripresentato prepotentemente nella loro vita. Appena arrivarono a casa di Hermione, salì anche Ron. "Lo avevo appena saputo anche io.." Disse Ron, quasi a scusarsi. Hermione sorrise e gli accarezzò il viso. "Sono sola rimasta scossa, tutto qui.." Disse lei, con la voce che la tradiva. "E' normale.." La prese tra le braccia per abbracciarla, e lei inevitabilmente pensò alle braccia di Harry. Si staccò subito. "Aspettami qui, arrivo.." Andò verso il bagno e ci si chiuse dentro. Si bagnò i polsi, le guance. Si guardò allo specchio, truccata e vestita bene per la festa a cui non era rimasta più di 5 minuti. Vide una lacrime nera scendere sulla guancia. Che strano, piangere di nuovo. Doveva vederlo. Voleva vederlo. Corse verso il water e vomitò. Si accasciò per terra e pianse in silenzio, odiandosi a morte e odiando tutto e tutti. Ma soprattutto odiando lui. Lo avrebbe visto, solo una volta. Poi mai più.

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