21 ~ ANGELI E DEMONI pt. 3: SCONTRO DIRETTO ~

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"Angel of death,
Steed of white,
He rides the realms of unknown
He is just a messenger from Hell"
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-"Aaron Brittle, se non vuoi morire questa è la tua ultima possibilità di riscatto." Tuonò la voce della Regina in una cella nelle segrete del Palazzo di Asgard. Il mezzo demone teneva la testa bassa piegata in avanti in modo quasi inumano. La posizione in cui lo avevano legato in effetti non era comoda, e assomigliava a una delle posizioni che si utilizzavano per uccidere lentamente i detenuti per soffocamento. Aveva i polsi stretti in stretti e affilati bracciali d'acciaio coi bordi di lame, e la catena che congiungeva i due bracciali era appesa al soffitto ad un'altezza tale da non permettergli neppure di appoggiare le ginocchia per terra. Sanguinava da diverse ferire che gli erano state inflitte da incantesimi magici con lo scopo di costringerlo a parlare, eppure ancora nessuno c'era riuscito. Forse non erano stati abbastanza crudeli? Si domandò la Sovrana scagliando un ennesimo incantesimo che andò a squarciare un lembo di pelle sotto la gola del ragazzo corvino: un fiotto di sangue caldo fluì al di fuori della nuova ferita scorrendo impetuosamente verso terra con una smorfia da parte dell'ormai moribondo demone. Non aveva più nemmeno la forza di soffrire probabilmente.
-"Ti sei già arreso? Non vuoi più vendicare tua sorella?"

***

Quelle parole andarono dritte a segno nella mente di Aaron. Lui voleva ancora vendicare la morte ingiusta di sua sorella. Quell'angelo nero l'aveva strappata via dalla vita quando era solo una bambina. Lui aveva lottato tanto per sapere dove fosse finita la piccola Melanie... Ma cosa poteva importargli alla fine di quella mocciosa? Era solo la causa di tutti i suoi mali, era il motivo per cui lui aveva dovuto iniziare a subire la pressione delle cattiverie della vita. Eppure quella bambina Aaron non riusciva ad incolparla, era talmente dolce in fasce, una neonata come tutti gli altri, se solo non fosse nata in una famiglia piena di debiti...

Il carro procedeva velocemente sulle strade dissestate che mettevano in comunicazione l'estremo sud dell'Hel e il Caos. Il bambino era vagamente a conoscenza di ciò che gli stava succedendo: aveva sentito sua madre discutere con uno strano tizio... Chi era? Aveva degli occhi davvero bui, e sua madre invece sembrava stesse per scoppiare a piangere da un momento all'altro. "Perché mamma? Perché mi lasci portare via?" Aveva urlato in silenzio il bambino, urlava nella sua testa tenendo la bocca chiusa, guardando la madre ferma sulla soglia della porta di casa mentre un uomo lo trascinava via a forza di bastonate nello stomaco. Il piccolo non aveva neppure opposto resistenza, ma l'uomo non voleva saperne di smettere. Riusciva solo a sentirsi confuso da tutto quello... Le ruote del carro su cui stava viaggiando sobbalzavano ogni qual volta si imbattevano in pietre o piccole buche sul terreno, facendo venire la nausea a tanti dei bambini che erano stati rinchiusi lì dentro con lui. Alcuni avevano già vomitato, alcuni peggio ancora erano rimasti raggomitolati su sé stessi traumatizzati, e qualcuno tra quelli distesi inermi sul legno probabilmente doveva essere già morto. Aaron al solo pensiero si strinse le braccia attorno al corpo magro, tanto magro che si accorse di avere le costole e le ossa del bacino ben sporgenti, oltre anche alle clavicole e ai gomiti. Non mangiava da quasi una settimana, ed erano due giorni che nel vagone erano terminate le riserve d'acqua, tuttavia sentiva che quel viaggio stava per volgere al termine, che stesse per morire o che stesse per uscire "sano" e salvo da lì non lo sapeva, ma era sicuro che quello strazio stesse per concludersi. E fu proprio così che dopo un giorno, o forse anche meno, qualcuno venne a strattonarlo per il braccio tirandolo fuori da lì e scaraventandolo in malo modo su un terreno arido. Il bambino dispiegò le sue ali nere in modo che potessero attutire l'impatto col suolo, evitandogli altri gravi danni al suo fragile fisico già terribilmente provato. Qualche minuto dopo si rese conto che ormai tre uomini, o forse demoni, avevano svuotato completamente l'enorme carro su cui erano giunti. C'erano più cadaveri di quanti Aaron sospettasse a terra, tuttavia la maggior parte di loro erano salvi, non sani ma sicuramente salvi. Quei tre esseri si diedero da fare e velocemente gettarono a due a due i cadaveri dei bambini che non ce l'avevano fatta in uno strapiombo vicino, e subito dopo tornarono a strattonare quelli ancora vivi. Ma come si poteva essere tanto cinici e crudeli con degli esseri innocenti? In realtà l'angelo nero non sapeva perché tutti quei bambini erano stati coinvolti in quella situazione, forse erano piccoli criminali... o forse erano davvero innocenti malcapitati come lo era lui stesso. Ma in ogni caso quella crudeltà acerba poteva appartenere solo a dei demoni, inoltre c'era puzza di zolfo in giro e Aaron ne poteva avere la certezza dai loro occhi. I piccoli ribelli che riuscivano ancora a tenersi in piedi furono costretti a indossare catene metalliche alle caviglie e quanto prima furono scortati lontano da lì. Lui e pochi altri furono abbandonati alla sorte, in quel luogo arido e senza vita. I demoni sparirono in fretta dalla visuale del bambino dagli occhi verdi, ed egli non poté fare a meno di pensare a cosa fosse successo, e a cosa sarebbe successo dopo. Si rendeva vagamente conto di stare per morire, era un bambino d'altronde e ancora non aveva mai sperimentato la mancanza e la sofferenza nella sua famiglia perfetta, mentre adesso c'erano addirittura molteplici fattori a contendersi la sua morte: fame, sete, assideramento, ipotermia, emorragia interna dovuta ai colpi che aveva preso e alle ossa che gli si erano spezzate... Si trascinò stentatamente verso le radici di un albero poco distante, aiutandosi con gomiti e ginocchia, crollando e risollevandosi. Si accoccolò in una stretta e scomoda concavità del tronco, e restò in silenzio a guardare gli altri bambini rimasti che si lamentavano e morivano mentre le ore scorrevano. Aaron non aveva mai parlato molto, ma ormai erano due settimane o più che non apriva la bocca; non aveva aperto bocca neppure per gridare di dolore quando qualcuno un poco più in forze nel carro lo aveva picchiato pur di prendersi anche la sua misera razione di cibo. Non parlava da così tanto che ormai nella sua testa aleggiava il pensiero che avesse perso davvero l'abilità di parola. Tuttavia riusciva ancora a tossire, e dopo poche volte passate a tossire sul terreno si rese conto di sputare sangue, sentiva il sapore in bocca, era caldo... L'udito e la vista stavano andando via via scemando, quindi l'angelo nero cercò invano di sputare tutto il sangue che aveva in bocca e poi si ripulì le labbra con un lembo della maglietta lercia e stracciata, ma era tutto inutile, il sangue riaffluiva in continuazione, gli riempiva la bocca e gli annebbiava i sensi. Stava morendo? Sarebbe stato bello o brutto? Cosa sarebbe successo dopo? Cos'è la morte? Pensava a vuoto.
-"Mamma..." Sussurrò mentre il sangue gli colava dagli angoli delle labbra. Era sorpreso dal fatto che avesse ancora la forza di far vibrare le sue corde vocali... Una lacrima silenziosa scese lungo la guancia del bambino. Perché?
-"No tesoro, da ora puoi considerarmi tua sorella maggiore." Disse una voce ovattata, o forse era chiara e lui la avvertiva troppo distante, ma il corvino aveva già abbandonato la forza necessaria a distinguere ciò che gli accadeva intorno. E si ritrovò a vagare nel buio, trasportato da braccia esili, ma allo stesso tempo ferme e salde.

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