5 • IL GALA

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"Ed io ti ho subito notato,
perché c'è qualcosa di diverso
negli occhi di chi è stato abbandonato."



Sembrava che quella stanza fosse stata travolta da un tornado. C'erano scatoloni ovunque sul pavimento, alcuni di essi erano aperti e rivelavano il loro contenuto tra vestiti e oggetti personali. Le otto grandi ante dell'armadio si erano spalancate durante "l'esplosione" e Shane notò che i suoi vestiti ora erano quasi totalmente in disordine e pendevano coprendo i cassettoni che si aprivano sotto le ante del mobile. Gli abiti di Lex invece erano sparsi per tutta la stanza; la maggior parte di questi aveva sommerso i letti dei due angeli, il restante era diviso tra il pavimento, il davanzale della finestra e il ripiano della credenza di vetro.
Shane sgranò gli occhi, poi sbatté diverse volte le palpebre per assicurarsi nuovamente di non star sognando. Una volta constatato che la realtà era effettivamente quella che gli si prospettava davanti, strinse i pugni tenendo a bada un'improvvisa crisi isterica, di quelle tipiche nelle donne incinte. Provò a parlare, o meglio, ad urlare, ma la sua bocca emise solo degli striduli gemiti di disapprovazione, farfugliando qualche parola senza senso a cui Lex non prestò la minima attenzione. Se solo avesse provato a prendere sul serio quella reazione così drammatica probabilmente sarebbe soltanto scoppiato a ridere.

— Calmati Sindria, in fondo è solo un po' di disordine. — disse guardandosi intorno con aria disinvolta, quasi fosse nel suo habitat naturale. E, difatti, un po' lo era. Da quando viveva perennemente da solo casa sua assomigliava sempre meno ad una casa e sempre più a uno sgabuzzino disordinato.

— Un po'? Solo un po'!? — Furono le uniche parole che pronunciò l'angelo bianco, con voce acuta, contenendo l'incredulità per quanto si presentasse davanti ai suoi occhi. — Stai scherzando, vero? — Avrebbe voluto dirgliene quattro, ma quando incrociò il suo sguardo si rese conto che anche urlandogli contro tutti gli insulti del mondo il menefreghismo del corvino avrebbe vinto e la situazione non sarebbe cambiata. — Hai anche sbagliato il mio nome, mi chiamo Sindre ma puoi chiamarmi Shane e basta se è troppo difficile. — sbuffò il biondo, nel tentativo di calmarsi. Lex gli parve alquanto sconcertato, forse perché Shane aveva effettivamente reagito come se fosse accaduta la peggiore delle tragedie. Allo stesso tempo, però, non era certo di ciò che riuscisse a intuire del ribelle, quindi non capiva se la sua espressione in quel momento volesse prenderlo in giro o meno. Al contrario, un qualcosa dentro di lui gli suggeriva che l'angelo nero potesse facilmente accorgersi dei pensieri che il biondo aveva su di lui. Si fissarono per pochi istanti negli occhi, poi l'angelo bianco spezzò il silenzio, parlando con molta più pazienza rispetto a prima: — Va bene, calma e sangue freddo — sussurrò più a se stesso che all'altro angelo. — Adesso sistemo tutto io. — affermò infine, pieno di convinzione. Lex lo guardò stranito, pareva non aspettarsi per niente una cosa del genere.

— Contento te... — si limitò a rispondere alla fine. Ripiegò con noncuranza i vestiti sparsi sul suo letto - o meglio, li attorcigliò - facendo finta di sistemare, poi li spostò su una mensola, seguito dallo sguardo attento di Shane. Infine si buttò sul letto, mettendosi a guardare il soffitto bianco con un tale interesse che sembrava non avesse mai visto una cosa del genere prima d'ora.

 

Quella sera avrebbero dovuto partecipare a un incontro generale per discutere le strategie di indagine che avrebbero portato avanti. Il Re era stato quello che aveva parlato di più, nonostante fosse probabilmente la persona meno indicata a dare consigli strategici. Altri ambasciatori di corte e generali di immense legioni di serafini avevano partecipato alla riunione, per confermare i ruoli di supporto anche a livello battagliero. Non avevano davvero idea di cosa avrebbero incontrato durante quel percorso, ma l'unica certezza era proprio che avrebbero avuto bisogno di tutto l'aiuto possibile. In molti momenti Lex avrebbe voluto contraddire affermazioni fuori luogo o false informazioni riguardo i loro nemici, ma alla fine aveva optato per il tacere. Grazie alla loro posizione privilegiata, gli angeli bianchi non si trovavano spesso a dover affrontare demoni, mentre i ribelli li avevano alle calcagna giorno e notte. Per quel motivo, spesso le loro deduzione erano sbagliate, o comunque solo parzialmente corrette. Il riccio non era per niente così benevolo da voler condividere i suoi trofei di guerra con chiunque; ciò che aveva appreso in anni e anni di esperienza sul campo di battaglia era un tesoro che voleva tenere per sé e per pochi altri eletti. Inoltre, ancora non si fidava di nessuno di quei pennuti dalle ali bianche, quindi non avrebbe mai giocato a carte scoperte, tantomeno avrebbe mai svelato le sue tecniche affinate con precisione grazie al tempo e alle cicatrici che si portava addosso. Solo Lillian si era azzardata a proporre suggerimenti, probabilmente sentendosi in colpa del fatto che nessuno dei ribelli stesse aprendo bocca. La verità era che Lex gli altri angeli bianchi non li aveva nemmeno ancora ben inquadrati e nemmeno riusciva a guardarli in faccia. Gli otto prescelti erano in posizioni molto lontane l'uno dall'altro, ciascuno ad occupare una delle estremità della stella ad otto punte disegnata sul pavimento della sala circolare. Il re era seduto al centro, gli altri si premuravano di evitare sapientemente l'uno lo sguardo dell'altro, quasi a voler prolungare quanto più possibile il momento in cui avrebbero dovuto rivolgersi la parola. Non era stata affatto una buona idea quella "pace". Forse la decisione peggiore che Trine avrebbe potuto prendere, secondo Lex.

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