Capitolo 5

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Tornai in camera mia.
Non poteva essere una coincidenza. Quell'infermiera aveva detto che erano sei mesi che non dava segni di vita, e giusto adesso di punto in bianco doveva decidersi?
Ne ero certo, mi aveva sentito. Non riuscivo a prendere sonno per l'emozione e, deciso a tornare la mattina dopo, mi sdraiai sul letto con le cuffiette. Mi addormentai dopo ore con gli Oasis nelle orecchie.

- Marco sveglia! Sono le 10, ma come fai a dormire così tanto?? -
Era Giovanni, il mio bassista.
- Oh, Giovanni! Le 10?? Tra poco ho la TAC! -
Cercai una maglietta pulita, ma mi resi conto che avevo solo quella di Davide.
- Per caso Marta ti ha dato della biancheria pulita?? Dimmi di sì!! -
- Certo, tieni, ha messo tutto in questa busta! -
Grazie al cielo. Mi cambiai, mangiai qualcosa e aspettai il dottore per la visita. Ormai era tardi per tornare da Alice.
La TAC andò bene, era la prima volta che ne facevo una, ma non fu particolarmente tragica come pensavo. Quasi mi addormentavo.
Ovviamente dovevo aspettare per avere l'esito ma il dottore mi rassicurò che comunque era certamente tutto a posto, dal momento che quella mattina non avevo avuto capogiri.
Giovanni nel frattempo andò via, dicendomi che nel pomeriggio sarebbe passata Marta.
Aspettai il pranzo in camera, e dopo sarei andato al piano di sopra.
Come al solito non era nulla di che ma, pur mangiando poco e niente, riuscii a macchiarmi la maglietta.
- Fantastico. -
Rovistai tra la roba che mi aveva mandato Marta, ma non trovai un'altra maglietta.
Rassegnato, indossai l'unica pulita rimasta.
- Destinazione Paradiso... Non poteva regalarmene una con la scritta Keep calm come tutti gli altri?? -
E così, maledicendo il mio batterista, andai per continuare la mia "missione" come avevo iniziato a chiamarla.
L'ospedale, essendo giorno, era molto più affollato e questo mi agevoló.
Arrivato davanti alla porta della camera di Alice, la trovai aperta. Dentro, insieme a lei, c'era una ragazza anch'essa bionda. Stava seduta sul letto e leggeva ad Alice ad alta voce il libro che aveva sul comodino. Era "Jane Eyre".
Spinsi leggermente la porta, che cigoló, e la ragazza si voltò di scatto. Vidi che somigliava molto ad Alice, era una sua versione più grande di almeno una decina di anni, e capii che doveva essere la sorella.
- Chi è? Dottore? -
- No...no - dissi io.
- Salve, ascolti mi dispiace disturbarla ma io... - iniziai, deciso a raccontarle cosa era successo la sera prima.
- Ma... Marco? Sei Marco Mengoni?? - chiese fissandomi.
- Si! -
- Oh, piacere, Annarita! Come mai ti trovi in ospedale?? - chiese, confusa.
- Ho solo preso una botta! Senta... C'è una cosa... Ecco, ieri sera, forse le sembrerà strano, ma sono capitato qui per errore e ho visto il mio CD... -
Mi ascoltava completamente in silenzio, con la faccia incredula.
- ...così ho pensato che se le avessi parlato magari mi avrebbe sentito... -
- Ieri sera le hai parlato?? Ha reagito dopo sei mesi, sei stato tu?? -
- Io...non lo so. Credo di sì. Le ho cantato una canzone. -
- Oh... Oh mio Dio. Stavano per dichiarare la morte cerebrale. Ti prego! Marco ti prego riprovaci!! -
A quel punto mi prese il panico. Avevo fatto tanto lo spavaldo, ma adesso ero terrorizzato. La faccenda era decisamente più grande di me.
- Sei il suo cantante preferito. Le ho fatto ascoltare la tua musica ogni giorno da quando è qui, ogni giorno per nove mesi.
Nei primi periodi aveva delle reazioni quando le mettevo le cuffiette, ma pian piano si sono fatte più rare fino a scomparire. Pensavamo che non ci fosse più molto da fare... -
Adesso ero io che ascoltavo sbigottito.
- Se c'è una piccola possibilità che si risvegli... Canta per lei Marco, per favore! -
Guardai i grandi occhi verdi di Annarita pieni di lacrime trattenute a stento.
Mi avvicinai ad Alice, accomodandomi sulla stessa sedia della notte prima. Le presi la mano fredda e sottile, e la strinsi piano.
Guardai nuovamente Annarita, che mi fissava speranzosa, poi tornai a guardare Alice.
- Alice, sono Marco, Marco Mengoni... Sono venuto anche ieri sera, ricordi? - dissi in un sussurro vicino al suo orecchio.
- Ti ho cantato "In un giorno qualunque", mi hai sentito è vero? C'è Annarita qui con me! Adesso canterò un'altra canzone, una che ti piace tanto... -
Mi voltai verso Annarita, che capì subito.
- 20 sigarette. La adora. -
Sorrisi. Se ero là, era proprio per colpa ( o grazie?) alle sigarette. Iniziai a cantare piano.

'Non è poi per sempre
Voglio vivere ogni istante
Eri tu
Lei non è speciale
Almeno so fingere bene
Ero io
E soffia un vento di levante
E gli alberi si svestono
Piegandosi un po'
E fumo 20 sigarette
Guardandoti su foto che io
Io mai scorderò
E non c'è niente di speciale su nel cielo
Solo un aquilone che resiste al vento gelido
Se a portarlo ero solo io
Come sai non è per sempre
Per sempre
Non più...'

Sentii una lieve pressione.
Alice mi aveva stretto la mano per un attimo, Annarita se n'era accorta.
- Ti sente Marco... Vado a chiamare uno dei dottori, devono esserne informati! -
Il cuore mi balzò alla gola. Continuai la canzone.

'...case viaggi e poi l'amore
Due occhi che guardano i miei
E non sono i tuoi
È una notte rosa neve
Ho voglia di camminare
Solo con me'

Esattamente come la sera prima, iniziò una sinfonia di bip e suoni di tutti i tipi.
- Alice! - dissi, stavolta più forte.
- Alice mi senti? Svegliati! Alice sono Marco! -
Le palpebre di Alice si mossero. Per un brevissimo attimo si aprirono, mostrando due occhi dello stesso verde di quelli di Annarita, poi si richiusero.
- Marco! Cos'è successo?? - disse Annarita rientrando in camera con il dottore (era lo stesso che avevo incrociato in ascensore) e l'infermiera-Nico.
- Aveva aperto gli occhi... - dissi io, ormai con la testa che mi girava, e non certo per la botta.
- Alice! - gridò Annarita andandole vicino.
- Tesoro svegliati! -
Il dottore e l'infermiera armeggiavano con i macchinari.
- Signore le devo chiedere di uscire - mi intimò lui.
- Oh si, certamente... - dissi io.
Mentre uscivo dalla camera sentii un mormorio quasi impercettibile.
- Anna... Mamma... -
- È sveglia! - sentii dire all'infermiera.
Girai la porta della camera senza chiuderla e mi allontanati di qualche metro verso un finestrone, senza però staccare gli occhi dal punto in cui mi trovavo prima.
Scoppiai a piangere.

Tutto Quello Che Ho Di Te Il Marco MengoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora