Capitolo 9

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Più guardavo il mio disegno e meno mi rendevo conto di come potessi essere riuscito a farlo. Avevo sempre avuto una pessima memoria. Ad ogni modo, decisi di portarlo ad Alice. Anche se avevo passato la nottata in bianco mi sentivo stanco, perciò andai a fare una doccia, feci colazione e uscii di casa, diretto all'ospedale. Mentre entravo in macchina mi arrivò un messaggio di Marta, che mi chiedeva come stavo, e nel leggerlo mi resi conto che era ancora presto. Non mi avrebbero fatto entrare se non nell'orario delle visite. Misi in moto e andai al centro commerciale, perché non avevo voglia di stare a casa, e d'altra parte sarebbe stato inutile passare allo studio, visto che ero in anticipo con il lavoro, nonostante i giorni in ospedale.
Parcheggiai e mi diressi subito al negozio di CD. Trovavo sempre qualcosa di interessante tra i vecchi vinili, e ci passavo interi pomeriggi.
Mi ricordai del nuovo album dei Muse, che mi ero ripromesso di comprare dopo averlo visto in camera di Alice, e mentre ne prendevo una copia l'occhio mi cadde nello scaffale accanto. Ariana Grande e Justin Bieber troneggiavano in cima, con tanto di cartonati formato gigante. Più in basso c'erano dei vecchi album degli Oasis, un paio di raccolte dei Queen, e altre cose random tipo Fedez, Ligabue e Renato Zero.
Quegli scaffali erano incredibilmente disordinati, non esisteva un ordine alfabetico, ma mi piace per questo. Mi fa andare a sentimento.
Osservando quel pot pourri di musica, mi chiesi che genere di musica potesse piacere ad Alice. Ovviamente oltre la sua. Certo, avevo visto i Muse...Ma poi?
Decisi di farmi guidare dal mio gusto. Afferrai Mezzanine dei Massive Attack, e andai alla cassa con i miei acquisti. Misi l'album dei Muse in una busta, e l'altro lo feci incartare. Erano le undici passate, e contando il tempi per la strada, sarei arrivato all'ospedale giusto in tempo per l'orario di visita. Mi rimisi in macchina e, accompagnato dai Muse all'autoradio, presi la statale.
Dopo circa mezz'ora, arrivai a destinazione. Non sapevo esattamente perché, ma mi sentivo come al primo giorno delle superiori, in ansia, agitato, ma allo stesso tempo curioso e impaziente di entrare a scuola per scoprire cosa mi aspettava. Mi sentivo sciocco.
Presi il pacchetto che avevo appoggiato sul sedile del passeggero ed entrai. Ovviamente stavolta mi ricordai che non dovevo più salire all'ultimo piano, e trovai quasi subito il reparto giusto. Mi fermai un metro più indietro della porta della stanza di Alice. Feci un respiro profondo, e mi accorsi che stavo quasi tremando. Mi presi di coraggio ed entrai nella stanza, con un sorriso ebete stampato in faccia. Ma il mio sorriso si trasformò in una smorfia di delusione. Alice non era lì. Al suo posto, un signore sulla sessantina dormiva sul letto nel quale il giorno prima c'era lei. Uscii dalla stanza, guardandomi intorno in cerca di un infermiere che potesse dirmi in che camera era stata spostata, dato che non potevo andare per tentativi. Percorsi il corridoio avanti e indietro per tre o quattro volte, quando finalmente vidi un infermiere.
- Mi scusi! Ieri in quella stanza c'era una ragazza di nome Alice! Può dirmi dov'è stata spostata? -
L'infermiere mi fissò per un attimo. Era un uomo non molto alto e con una chioma di capelli in stile Caparezza.
- Lei è un parente? - mi rispose infine.
- No, sono un amico! Ero venuto a trovarla... -
- Mi dispiace, non si trova più in questo ospedale! Ma non posso dirle altro, certe informazioni sono riservate! -
Mi sentii morire. Non avevo la minima idea di dove cercarla. Avrei potuto girare tutte le cliniche e gli ospedali della città, ma senza sapere nemmeno il cognome di Alice ci avrei messo una vita per ritrovarla.
- Ah...capisco. Non si preoccupi, grazie lo stesso! -
Saluti l'infermiere e tornai verso l'uscita dell'ospedale a testa bassa. Camminando, fissavo il pacchetto bianco e blu che tenevo in mano, così mi distrassi e andai a sbattere contro qualcuno.
- Mi scusi! Mi scusi! Non l'avevo vista! - dissi frettolosamente.
- Ah! Signor Mengoni! Ma non era andato via ieri?? -
Sgranai gli occhi. Era Elvira, l'infermierona formato Nico.
- Signora Elvira! Oh si, oggi ero venuto a trovare... sa, Alice...quella ragazza in coma...cioè ora non è più in coma, vabbè ma lei lo sa meglio di me... però mi hanno detto che non è più qui e... -
Elvira mi guardò, poi guardò il pacchetto che tenevo in mano, dopodiché prese un blocchetto e una penna dalla tasca. Scrisse qualcosa su uno dei foglietti, lo piegò in due e me lo porse.
- Io non le ho detto niente - bisbigliò sorridendo, poi mi fece l'occhiolino e tornò al suo lavoro, lasciandomi letteralmente immobilizzato e senza parole.
Sul foglietto trovai il nome di una clinica.
Appuntai mentalmente di mandare un grosso mazzo di fiori alla signora Elvira.

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Tutto Quello Che Ho Di Te Il Marco MengoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora