Capitolo 13

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- Certo che le vuoi proprio bene, vero? -
- Cosa? -
- Ad Alice. Ti sei affezionato tanto! -
Aveva ragione Peter.
- Si, è una ragazza dolcissima, dovresti conoscerla! -
- Dai, sputa il rospo. -
- In che senso? -
- Nel senso che la tua faccia è un libro aperto, dai, l'abbiamo capito tutti che ti sei innamorato! -
Beccato.
- Peter... Innamorato è una parola grossa. Lo sai, dopo di Claudia non c'è stata più nessuna... Non lo so, non so più nemmeno cosa significa essere innamorati. -
- Quanti pacchetti di sigarette hai fumato nell'ultima settimana? -
- E adesso che c'entra?? -
- Rispondimi! -
- Boh... -
Iniziai a fare mente locale.
- Solo questo. Non l'ho ancora finito. -
- Ecco, tu solitamente a quest'ora ne avresti fatti fuori almeno quattro. Lo so perché te le compro sempre io le sigarette. -

Mentre tornavo a casa riflettei su quello che aveva detto Peter.
Era indubbiamente vero che provavo qualcosa per Alice, ma non sapevo esattamente cosa. O meglio, avevo paura di ammetterlo a me stesso. In quei giorni avevo imparato a conoscere Alice, anche se solo tramite dei messaggi. Le affinità erano tante, lei era davvero bella, e desideravo passare del tempo insieme a lei, tempo reale, dal vivo, non dal cellulare. Questo era amore? Si? No?
Comunque, qualunque fosse stata la risposta non l'avrei certo deciso quella sera.
Tornai a casa, mandai un SMS della buonanotte ad Alice e andai a dormire.

Dopo l'ultima visita all'ospedale, passarono diversi giorni prima che riuscissimo a vederci. Alice era tornata a casa, ed era meglio che prima si riabituasse alle sue cose prima di andare a crearle altra confusione. Ormai, dal canto mio, non c'era giorno in cui non la chiamassi almeno per due minuti per sapere come stava. Certe volte sembrava tutto ok, altre sentivo che qualcosa la faceva stare male, ma non chiesi mai spiegazioni.
- Allora piccola guerriera! Come stai oggi? -
- Ehi Marco! Sto bene! Ma dentro casa adesso mi sembra di impazzire... Voglio dire, sono felice, ma non vedo l'ora di riuscire a fare le mie solite lunghe passeggiate in centro! Al momento è già tanto che riesca a vestirmi e attraversare il pianerottolo per andare da Annarita! -
- Ce la faresti a prendere l'ascensore e arrivare fino alla macchina se oggi pomeriggio passo a prenderti? -
- Ah...l'ascensore dici? Non credo che sia possibile... -
- Perché? -
- Perché sto al piano terra, scemo!! -
- Ah però di fare la spiritosa non ti stanchi mica! -
Alice mi spiegò dove abitava, così nel pomeriggio la raggiunsi. Abitava in un quartiere popolato da palazzine basse, il suo appartamento era esattamente di fronte a quello della sorella. La trovai che mi aspettava sul pianerottolo. Stava guardando il cellulare e non si accorse subito di me, così ne approfittai per osservarla. Il vestitino azzurro era palesemente troppo largo per lei, che era ancora molto indebolita dallo stato in cui si era trovata per sei mesi, ma era ugualmente bellissima. Aveva tirato su i capelli chiarissimi in una coda di cavallo.
Accostai al marciapiede e scesi dalla macchina.
Vedendomi, mi venne incontro sorridente.
- E quindi?? - mi disse, dopo avermi stampato un bacio sulla guancia - dove mi porti? -
- Ti ho promesso il cappuccino più buono del mondo, perciò cappuccino sia! -
- Ci sto! -
- In realtà è qua vicino, saranno dieci minuti a piedi... -
- Oh si ti prego, andiamoci a piedi! Ho voglia di camminare, c'è un sole bellissimo... -
- Sicura che te la senti? -
- Si, ce la faccio, giuro! -
Mi venne da ridere. Sembrava una bambina che voleva salire sulle montagne russe.
Le porsi il braccio, in modo che si affaticasse il meno possibile, e ci dirigemmo verso il bar a braccetto.
- Sembriamo due vecchietti! - dissi io scherzando.
- Oh parla per te! Io ho 22 anni, sono ancora una giovincella! Tu piuttosto...ormai stai con un piede nella fossa e ancora te ne vai in giro con il chiodo di pelle?? A quest'ora dovresti essere a casa con il plaid sulle gambe a guardare L'Eredità! -
- E con la camomilla in mano! Comunque siamo arrivati! -
Alice fece una smorfia strana.
- È tutto ok? - chiesi.
- Si. Cioè non proprio. È che ci venivo sempre qui... E hai ragione, il cappuccino è buonissimo! - disse poi, cambiando espressione, - dai entriamo! -
Ci sedemmo in uno dei tavolini, ma mi resi conto che era molto a disagio. Era diventata più taciturna e teneva gli occhi bassi. Giocherellava nervosamente con la catenina che aveva al collo, le lettere del nome "Manuel" scivolavano fra le sue dita.
- Sai Alice, ho cambiato idea! Qua vicino c'è il fast food e mi è venuta voglia di patatine fritte! Che ne pensi? -
Si alzò senza dire una parola e uscimmo dal bar.
- Scusami. - disse dopo qualche minuto, - è che ho dei ricordi legati a quel posto e...non ce la faccio a... - non riuscì a terminare la frase, ma non ce ne fu bisogno.
L'abbracciai, e non la lasciai andare finché non smise di piangere.

Tutto Quello Che Ho Di Te Il Marco MengoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora