Scontri

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«Ti avevo ordinato di rimanere in casa, mi pare!» esclamò Cecilio, contrariato. Cornelia sedeva al tavolo della cucina, il bel volto atteggiato a una smorfia di rabbia, con gli occhi neri che brillavano di sdegno. Le guance erano leggermente imporporate di rosso. Al centurione parve una piccola Minerva arrabbiata, e fu sul punto di sorridere, ma si trattenne. Artemide, stupita dal loro litigio, lanciò loro un'occhiata perplessa, per poi decidere, saggiamente, di sparire in cucina. Cornelia gli indirizzò un'occhiata di fuoco, nello stile dei Cornelii: «Non puoi darmi nessun ordine, centurione. Ti è stato chiesto di sorvegliarmi, non certo di comandarmi a bacchetta» disse, glaciale. Cecilio sbatté le palpebre, perplesso. La proprietà di linguaggio e la sicurezza che aveva Cornelia erano rare in una ragazza romana: mentre i figli maschi erano educati sia alla retorica che alle politica, per essere dei perfetti Quiriti, le figlie femmine dovevano solo sposarsi e sfornare figli maschi. Era quindi evidente che Cornelio Sabino avesse educato la sua unica figlia in modo diverso. «Dici bene, sorvegliarti. Dovevi rimanere in casa per la tua sicurezza» replicò Cecilio, cercando di non rimanere ipnotizzato dal magnetismo di quegli occhi neri. Cornelia assunse un'espressione beffarda: «Per la mia sicurezza o per nascondermi la verità?» ribatté, decisa ad avere l'ultima parola. Il centurione sospirò, spazientito: «Mi dispiace per quanto hai sentito. Non ne sapevo nulla, te lo giuro» disse, in tono conciliante. La ragazza lo scrutò per qualche attimo, decidendo se credergli o meno. «Comunque sia, mio padre non è un assassino. Non ucciderebbe mai un uomo» sentenziò. «E poi, chi ci dice che l'imperatore sia morto davvero?» aggiunse. In quel momento, nel suo sguardo passò un lampo dubbioso, che subito si dissolse, e gli occhi tornarono a brillare di determinazione. Cecilio, che fino a quel momento era rimasto in piedi, si sedette davanti a lei. «Non ci sono dubbi che tuo padre sia coinvolto, Cornelia. Ѐ a capo dei pretoriani, che obbediscono solo a lui. Si, anche se ordinasse di commettere un omicidio. E non ho dubbi che quell'uomo dica il vero, perché sapeva troppe cose, che solo tuo padre può avergli detto. Caligola è stato tolto di mezzo, ed era ora, a mio parere», concluse. La ragazza intrecciò le mani davanti a sé, meditabonda, avendo capito ormai di dover accettare la realtà. «Ecco perché mi ha mandato qui. Per evitare che mi succedesse qualcosa» mormorò. Cecilio annuì. «Esatto. Una mossa di prudenza, anche se avrà il Senato dalla sua parte, e gran parte del popolo: Caligola era un pazzo sanguinario, le sue colpe non possono essere cancellate» disse. Cornelia sorrise, amara: «Anche Bruto e Cassio, inizialmente, furono accolti come liberatori. E guarda la fine che hanno fatto» disse, sorprendendolo: la frase di Cornelia era una perfetta sintesi della situazione politica di Roma dopo l'omicidio di Giulio Cesare, alla fine dell'età Repubblicana. Cornelia, oltre ad un'ottima cultura, aveva anche una testa sveglia e funzionante. «Smettila di sorprenderti per ogni cosa che dico» lo provocò. «Anche le donne sono in grado di ragionare, sai?» aggiunse, sarcastica. Cecilio sorrise, punto sul vivo: «Hai ragione. Ma sono poche quelle che conoscono la politica, e sanno di cosa parlano» ribatté. Per un momento sembrò che Cornelia lasciasse cadere la provocazione, ma poi rialzò lo sguardo e sorrise di nuovo: «Quindi la tua promessa sposa parla a vanvera?».

«Come fai a sapere che ho una promessa sposa?» chiese Cecilio, arreso al fatto che con quella ragazza era impossibile avere l'ultima parola. Cornelia si strinse nelle spalle: «Tutti ne hanno una. Ѐ nell'ordine delle cose». Nel cervello di Cecilio passò il pensiero che Giulia, per quanto fosse bella, amorevole e gentile, non poteva competere con Cornelia in quanto a temperamento. Per un momento, invidiò l'uomo che la ragazza avrebbe dovuto sposare. «Ne ho una, infatti. E in effetti non ha la tua parlantina. Come mai tuo padre ti permette di esprimere il tuo parere così liberamente?» chiese, sinceramente curioso. «Ha sempre desiderato un figlio maschio. Mia madre è morta dando alla luce mio fratello, che è morto qualche giorno dopo. Così, gli sono rimasta soltanto io. Ha investito tutto su di me» rispose Cornelia, con un sorriso di tenerezza. «Mi ha insegnato a pensare con la mia testa, ad avere le mie opinioni. Ha chiamato i migliori maestri di Roma, per darmi lezioni. Gliene sono grata» aggiunse, sospirando. «So che temi per la sua incolumità. Ma vedrai che non gli accadrà nulla» disse Cecilio, sentendo il bisogno di rassicurarla. Cornelia sorrise, ma non era convinta. «Speriamo».

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