Morte

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"Mi tormenterai fino alla morte, vecchia?" la apostrofò Sergio, non appena Farna varcò la soglia. "Sei una stupida, ora sono nelle mani di Sabino, e mia figlia è rovinata!" esplose, rovesciando le pergamene dallo scranno, facendo un gran fracasso. "Hai finito?" rispose la vecchia, gelida. Sergio, rosso in volto, attraversò a grandi passi la stanza, minacciandola con il dito grassoccio. "Come osi, vecchia..." Farna, veloce, fece scattare la sua mano ossuta, colpendolo al volto. Sergio, sbigottito, si portò una mano a coprire il volto arrossato. "Quanto avrei voluto che morissi tu al posto di tua sorella" sibilò Farna, gli occhi pieni d'odio. "L'hai condannata a un matrimonio infelice, e ora stai facendo lo stesso con Giulia" aggiunse. "Ma questa volta non starò a guardare. Si, sono io che ti ricatto. Devi pagare, Sergio. E oggi è venuto il giorno" stabilì, il volto deciso.

Cassio salì sul patibolo, accanto ai suoi compagni. Si scambiarono uno sguardo d'intesa, velato dalla paura che li attanagliava nel profondo. Erano soldati, erano stati abituati fin dal primo giorno d'addestramento all'idea della morte, e avevano imparato a conviverci, affrontando ogni battaglia con ardore, sfidando la Fortuna confidando che Plutone avrebbe accolto le loro anime tra quelle dei soldati coraggiosi. Ma questo era diverso: Non era la morte onorevole che si affronta nel corpo a corpo, ad armi pari. Un uomo aveva deciso a tavolino la loro morte. Non c'entrava il Fato, ma tutto era nelle mani di un uomo zoppo e curvo, che li guardava con aria annoiata. Sabino era tra la folla, non sarebbe mancato per niente al mondo. Avrebbe voluto esserci anche lui tra loro, affrontare lo stesso destino. Ma non poteva opporsi apertamente al volere di Claudio, o sarebbe stata Cornelia a farne le spese. Cassio abbassò lo sguardo verso di lui, sorridendo appena. Sabino digrignò i denti, non si era mai sentito così inutile. Ma li avrebbe raggiunti negli Inferi, e presto. Sul patibolo il centurione diede l'ordine, e un boato eccitato dal terrore sancì la morte dei suoi uomini.

Sergio era sbigottito. "Cosa dici? Non sono stato io ad uccidere Sergia! Ѐ morta di parto..." Farna scosse la testa: "l'hai venduta a quel mostro, che la picchiava ogni giorno! Era troppo debole per affrontare un parto, e infatti..." la vecchia si interruppe, passandosi una mano sopra il volto, come per cancellare un brutto ricordo. "Ma la bambina è sopravvissuta" aggiunse, all'improvviso. Sergio scolorì: "Ma... per gli Dei, tu sei matta, donna! Io c'ero, ho visto il fagotto immobile nelle mani della levatrice!" protestò con veemenza. Farna scosse la testa, lentamente. "Te lo abbiamo fatto credere. Quando ho visto la povera Sergia esangue, stremata dalla fatica, ho capito che non potevo lasciare la bambina nelle mani di suo padre ... così, pagando la levatrice, ho fatto uno scambio ... ti rammenti di una piccola schiava, terrorizzata dal parto? Mi mandasti ad aiutarla" insinuò. Sergio scolorì, rivendendo come per incanto il volto della sua amata Athena, la madre di Giulia. "Non è possibile..." disse, stropicciandosi le mani grassocce. "Mi stai dicendo che la mia piccola Giulia..." gli mancò la voce. "Non è tua figlia ma tua nipote, si" concluse Farna.

Nessuno dei due si curò di un movimento nell'ombra.

"Ѐ fatta" sancì Sabino, leggendo il rapporto della sua spia. Di fronte a lui, Cecilio e Cornelia si guardarono. "Cosa intendi, padre?" chiese Cornelia, speranzosa. Sabino si alzò e intinse il cartiglio nella fiamma di un braciere. "La promessa tra Cecilio e Giulia Sergia è rotta. Siete liberi di sposarvi" disse. I due innamorati si strinsero la mano, senza guardarsi. "Organizzerò oggi stesso il matrimonio. Domani sarà tutto pronto" aggiunse il pretoriano, voltandosi verso la figlia. Cecilio capì quella fretta improvvisa, ma rimase in silenzio. "Padre, forse preferisci aspettare qualche giorno. Oggi è un giorno triste, Cassio e gli altri..." cominciò Cornelia, ma il padre alzò una mano, interrompendola. "No, figliola. Quello che è stato è stato. Ѐ tempo di guardare avanti". "Cecilio, se non ti dispiace, vorrei parlarti in privato" disse poi. "Cose da uomini" aggiunse, scherzando, rivolto a Cornelia, la quale uscì dalla stanza.

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