Rivelazioni

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L'alba calò su Roma alla sprovvista. In giro, per i vicoli, c'erano solo le galline, che becchettavano qua e là il mangime diventato stantìo. Piano piano, l'Urbe cominciava a risvegliarsi, e di tanto di tanto si sentivano dei rumori: una finestra che si apriva, le ruote di un carro sul selciato. Cassio Cherea guardò la luce filtrare da fuori. Sbatté la palpebre, passandosi una mano sul volto assonnato. Non aveva chiuso occhio. Era rimasto lì, immobile, seduto accanto alla porta, una mano sul gladio, pronto a scattare. Gli venne da ridere: avevano ucciso un tiranno per vederne sorgere un altro. Non era cambiato niente. Dal cortile, sentì un rumore di passi. Si mise in allerta, sentendo il cuore accelerare i suoi battiti. Silenzio. Era qualcuno esperto, che non voleva farsi sentire. Cassio si avvicinò alla porta, in mano il gladio. Avrebbe colpito per primo, non gli avrebbe dato il tempo di pensare. Poi sentì bussare alla porta: due colpi, poi una pausa, poi tre colpi. Si rilassò all'istante. Aprì la porta, piano, e Sabino fu lesto ad intrufolarsi. Appena i due amici si trovarono faccia a faccia, Cassio sentì le forze venire meno, e cominciò a piangere, lasciandosi cadere.

Giulia era seduta sul bordo della fontana. Giocherellava con l'orlo della sua toga, svogliata. Farna le apparve accanto, lievemente ansante. Si sedette accanto a lei, tenendosi una mano sul petto, per calmare il respiro. «Ѐ fatta» mormorò. Giulia la guardò, interrogativa. «Abbiamo un alleato prezioso. Sabino vuole impedire questo matrimonio quanto noi». La sua espressione divenne titubante, e si bloccò. «Giulia, c'è una cosa che dovresti sapere ...»

Cassio bevve avidamente il vino che Cornelio gli aveva versato nella coppa sbeccata. «Questa vecchia bettola serve ancora a qualcosa, dunque» commentò Sabino, guardandosi intorno. «Mi ricordo quando venivamo qui a divertirci» aggiunse, con una punta di rimpianto nella voce. Cassio si asciugò la bocca con il manico del mantello. «Già. Caligola l'ha fatta chiudere perché il proprietario non si era inchinato al suo passaggio. Peccato che il poveretto non avesse più una gamba». Scoppiarono a ridere, ma poi ricadde il silenzio. «Cosa hai intenzione di fare?» chiese poi Sabino. Cassio alzò le spalle, con una smorfia indifferente. «Non lo so. Giocherò ancora un po' al gatto con il topo, credo. Ma oramai ho un piede nella fossa» rispose. Di nuovo un silenzio denso di significati cadde su di loro. In quella, si udì il suono acuto delle trombe che accompagnavano il declamatore di editti. Il suono giunse lontano ed ovattato, ma fece comunque sussultare entrambi. «Sembra che questa sia la mia ultima bevuta» commentò Cassio, alzando la coppa in un amaro brindisi.

Giulia era rimasta stupefatta a quella rivelazione. Dunque Claudia non la sua vera madre. «Chi, allora?» chiese, ma Farna strinse le labbra. «Questo non te lo posso dire. Non ancora. Ti prego, ho fatto un giuramento». La ragazza annuì, leggermente, ma si ripromise di tornare sull'argomento. «Perché questo dovrebbe cambiare le cose?» chiese. La vecchia liberta le sorrise: «Perché sei, di fatto, una figlia illegittima. Non temere» aggiunse poi, scorgendo il timore negli occhi della fanciulla «Nessuno verrà a saperlo. Ѐ sufficiente che tuo padre, messo alle strette, rinunci a pretendere la tua unione con Cecilio Metello». La ragazza sorrise, tiepidamente.

Sergio contemplò il biglietto con un misto di rabbia e preoccupazione.

So la verità su tua figlia. So che sei ricattato.

La vena sulla tempia prese a pulsare in maniera dolorosa, e Sergio appallottolò il biglietto con un ghigno rabbioso, prima di gettarlo in un braciere, dove si dissolse. Come aveva fatto, Sabino – perché era chiaro che fosse lui il mittente - a scoprire la vicenda? Si addossò allo schienale della poltrona, prendendosi il viso nelle mani. Se sua moglie avesse scoperto i ricatti, si sarebbe infuriata. Credeva di essere il sicuro, ma evidentemente non era così: ormai il suo patrimonio si stava estinguendo, e presto sua moglie avrebbe cominciato a fare domande. Domande alle quali non avrebbe potuto fare altro che dire la verità. Prese un foglio di pergamena e cominciò a vergare alcune parole in codice. Poi lo chiuse e suonò un campanello. Uno schiavo entrò, con un piccolo inchino. «Portalo a chi sai» disse Sergio, porgendo il biglietto. Lo schiavo uscì come era entrato, e si diresse verso la stanza di Farna. Bussò, e dopo qualche minuto il viso della vecchia fece capolino. Lo schiavo le porse il biglietto e se andò.

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