Le intenzioni di Sabino

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Cornelia si era addormentata quasi subito, sfinita. Cecilio l'aveva coperta con il suo mantello, accarezzandole i capelli. Una schiava entrò nella stanza, per aiutare la padrona. «Va' pure. Ci penso io a lei» le sussurrò il centurione. La ragazza gli porse un calice di vino e si ritirò, con un breve inchino. Cecilio rimase da solo a vegliare Cornelia. Lo tormentava il pensiero di non poterla sfiorare mai più, di non poterla stringere, di non poter essere dentro di lei, gustandosi il calore del suo ventre. Ripensò a quanto stava accadendo: Claudio aveva mostrato il suo vero talento: lo zoppo, lo scarto dei Giulio-Claudii aveva tirato fuori il vero carattere. Ci teneva al potere, e voleva tenerselo stretto. Per quanto Cecilio ritenesse sacra la figura di ogni imperatore, doveva riconoscere che Sabino e i suoi avevano liberato Roma da un pericolo. Si erano macchiati le mani di sangue per il popolo, non per un proprio tornaconto. E senza il loro gesto, Claudio non sarebbe mai diventato imperatore. Cecilio sospirò, preoccupato. Si ricordava di come Cornelia fosse legata a Cassio Cherea, che per lei era come uno zio. Come avrebbe reagito alla sua morte? Non poteva starle vicino come avrebbe desiderato. Strinse i pugni, contraendo la mascella. Aveva le mani legate, non poteva fare nulla.

Un fruscio lo mise in allarme, e per istinto portò la mano dalla sua spada. Sabino fece il suo ingresso, e Cecilio sospirò di sollievo. Cornelio guardò la figlia, e il suo viso, reso ancora più cupo da due profonde occhiaie, si increspò in un lieve sorriso, per poi tornare serio. «Usciamo un attimo, per favore» gli sussurrò.

Una volta in corridoio, Sabino fissò a lungo negli occhi Cecilio. «Tu ami Cornelia?» gli chiese, a bruciapelo. Metello aggrottò la fronte, impensierito dalla domanda. «Si. Ma credevo che tu disapprovassi la nostra relazione» replicò. Sabino sorrise. «Quello che io credo non ha più alcuna importanza» replicò. «Voglio sapere se sei disposto a lottare, per sposarla. A prenderti cura di lei per il resto della vita» aggiunse. Cecilio, scosso da quelle parole, aggrottò la fronte. «Non capisco, Sabino ... Sei stato tu a consegnarmi a Sergio. Perché ora queste parole?». Cornelio lo afferrò per un braccio, spingendolo contro il muro. «Ѐ cambiato tutto, non capisci? Di quello che vuole Sergio me ne fotto!» esplose, per poi lasciare la presa. «Che cosa vuoi dire? Il tuo nome non è sulla lista» replicò Cecilio, massaggiandosi il braccio. Sabino sorrise, amaro. «Ma c'è Cassio, ci sono i miei compari. Ѐ come se ci fossi anche io». Gettò lo sguardo verso la camera di Cornelia. «Sono stato un pessimo padre, lo so. Le ho dato motivo di disprezzarmi, eppure credimi ... voglio soltanto che sia felice. Che sia felice con te, se è quello che vuole. Non sopporto il pensiero che rimanga da sola». Metello iniziò a capire, e un'espressione di orrore gli si dipinse sul volto. «Che cosa intendi fare, Sabino?» Cornelio si voltò verso di lui, e nel suo sguardo Metello lesse una conferma. «Vuoi morire?» chiese, sbalordito. «Non c'è altra soluzione» replicò Sabino, lapidario. «Non posso sopravvivere a Cassio e a tutti gli altri. Sono stato io ad averli guidati, e non me ne pento. Morirò come loro, fieramente». Cecilio era sempre più sconvolto: «Ma non pensi a Cornelia, al dolore che le darai?». Sabino rise, triste. «E cosa se ne fa di un padre come me? Anche se non sono sulla lista, tutti sanno chi sono e cosa ho fatto. Cornelia non si merita un padre vigliacco. Le sono più utile da morto che da vivo» concluse. «Ma ci sarai tu con lei. Giurami che la sposerai, che la renderai felice!» esclamò, determinato. «Lo vorrei tanto, Sabino. Morirei per tua figlia. Ma sono promesso a Giulia . Come posso slegarmi? Sono disposto a tutto». «A questo ho pensato io. Seguimi: la mia spia ci sta aspettando».

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