Comunione di intenti

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Per tutto il viaggio di ritorno, Giulia era stata in silenzio. Nascosta dietro al velo, piangeva lacrime silenziose ed amare. Tutti, a partire da sua madre, suo padre e anche Cecilio Metello, avevano il potere di decidere della sua vita. Ma lei? Nessuno si chiedeva cosa desiderasse lei. Nei mesi passati era stata sicura di amare Cecilio, e ne aveva bramato il ritorno. Ma da quando aveva visto come guardava quella Cornelia, non ne era più così convinta. Era però sicura di una cosa: non voleva un uomo che amasse un'altra. Sapeva di meritare di più, molto di più. Ma come fare? Ormai si era compromessa, e suo padre non si sarebbe smosso dalla sua posizione. «A cosa pensi, mia cara?». La voce di Sergio la fece sussultare, scuotendola dai suoi pensieri. «A niente. Sono solo stanca» bofonchiò. Il senatore le strinse un braccio, in segno di comprensione, e tacque, tornando a guardare fuori dalla lettiga. Giulia si morse un labbro, sempre più determinata.

Sabino si riscosse, sbattendo le palpebre. Un odore pungente ma gradevole ferì le sue narici, aiutandolo però a respirare. D'improvviso, si ricordò della decisione di Claudio, e della condanna a morte di Cassio. Cassio. Si portò una mano sul collo irrigidito, massaggiandolo. Uno schiavo, solerte, gli porse un calice di vino, e lo aiutò a tirarsi su. «Mia figlia?». «Dorme, padrone. Il centurione Metello è con lei» rispose lo schiavo, abbassando lo sguardo, temendo che il padrone sfogasse su di sé la propria rabbia. Ma Sabino stava elaborando il suo piano, e la notizia che Metello fosse lì vicino gli fu, anziché di fastidio, di conforto.

Appena Farna vide i suoi occhi, sussultò. «Bambina mia! Cosa succede?» le chiese, asciugandole le lacrime che si erano mischiate al bistro, creando due aloni neri sotto gli occhi di Giulia. La ragazza si fece pulire il viso, in silenzio. «Devi aiutarmi, Farna» la pregò, prendendole le mani. La vecchia, impietosita, annuì. «Aiutami a far saltare il matrimonio» aggiunse Giulia, facendola sussultare. «Oh no, cara ... anche volendo, come potrei? Tua madre è irremovibile!» protestò, facendo scoppiare in lacrime Giulia, disperata. Farna l'abbracciò, contrita. «Va bene, va bene, ti aiuterò. Ora smetti di piangere» la spronò. «Come possiamo fare, Farna? Mi sento morire, al pensiero di dover sposare quell'uomo». La vecchia cominciò a ragionare: tradire i suoi patroni era una follia, lo sapeva. Se avessero scoperto un suo coinvolgimento nella faccenda, sarebbe stata punita duramente. Ma come poteva abbandonare quello scricciolo di ragazza? Le ricordava così tanto Sergia, la sua padroncina! Si adombrò, ripensando a come non era riuscita a salvarle la vita. Poteva provare a salvare quella di Giulia, però. «Ci vorrebbe un impedimento serio. Qualcosa che renda impossibile la tua unione con Cecilio» disse, risoluta. Non sapeva che Sabino, a poca distanza, stava pensando la stessa cosa.

La spia di Sabino entrò piano, scrollandosi il mantello dalla pioggia fredda che cadeva fina. «Ce ne hai messo di tempo» lo rimproverò, serio. La spia sorrise, pulendo con il mantello la lama insanguinata della sua sica. «Ti chiedo scusa. Ho dovuto sistemare una questione» rispose. Il suo sorriso vacillò quando vide Sabino avvicinarsi a passi veloci e assestargli un pugno, che lo prese in piena faccia. La spia sputò il sangue a terra, macchiando il pavimento. Il naso gli pulsava forte, e piccole macchie nere danzavano davanti ai suoi occhi. «Chi ti ha comprato? Dimmelo, o ti getto in pasto ai cani» ruggì Sabino, fuori di sé. La spia decise che la strada della sincerità era quella migliore. «Nessuno. Sapevo della lista, ma ho giudicato inutile informarti. Tu non ci sei, su quella lista». «Ma ci sono i miei fratelli!» ruggì di nuovo Sabino. La spia alzò le mani, tamponandosi leggermente il volto. Un vasto ematoma si stava già formando. «Mi dispiace, Sabino. Non so che altro dirti». Cornelio sospirò a fondo, bevendo del vino dal calice. «Vai da Cassio e dagli altri. Avvertili, anche se forse già sapranno» disse, e la spia, riavvolgendosi intorno al collo il mantello, si apprestò ad uscire. «Aspetta» lo fermò Sabino. «Cerca informazioni sul senatore Sergio. Qualsiasi cosa, economica o sessuale, possa metterlo in crisi. Vai!» esclamò, e la spia sparì, nella notte gelida.

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