Capitolo 17

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Una volta alla settimana Massimo disponeva la legna su un vecchio carro trainato da un imponente cavallo e la trasportava fino al vicino villaggio per scambiarla. I suoi viaggi erano anche un'ottima occasione per far rifornimento di vettovaglie; perciò, un dì, prese la decisione di portare con sé la ragazza. Mentre trattava i suoi affari all'emporio del paese, Diana, lasciata ad aspettare accanto al cavallo, fu avvicinata da due figure incappucciate: avevano le vesti lacere e sudice ed emanavano un forte odore di terra e putridume. Erano volgari ladri che, avendo visto i bei capelli della ragazza, volevano rapirla per venderla come schiava. Il più veloce dei due la tramortì con un pugno, se la issò in spalla e fuggì nel bosco...


Sole, asciugami le ossa dalla pioggia e toglimi queste maledette occhiaie.
S

draiata scompostamente su un telo, Gaia sonnecchiava vicino ad Ambra, grigliandosi nel vano tentativo di far prendere colore alla pelle. Il cestino con la merenda giaceva vuoto accanto a loro e Gatto ci si era infilato dentro, alla ricerca delle briciole.
Non avevano bisogno d'altro: caldo, un leggero venticello, il mormorio del torrente e la pancia piena. Mancavano solo le chiacchiere degli amici, ma se ne accorsero nel momento in cui se le trovarono tutte all'improvviso nelle orecchie.
Melita e Perla arrivarono cicalando: l'una abbagliante, raggiante, esplosiva e radiosamente perfetta, l'altra moderata, serena, candida e silenziosa. Erano amiche perché i loro ragazzi si conoscevano da tempo, ma non si erano mai viste due ragazze così opposte tra loro e così incredibilmente in sintonia. Si diceva che in passato Stefano, prima di conoscere la sua ragazza, avesse trascinato fuori a forza Federico da una buca in fondo al torrente, salvandolo da un annegamento non del tutto accidentale. Erano diventati amici e poi gli aveva fatto conoscere Perla. Da allora il quartetto non si era più separato.
Li seguivano i Single Per Scelta: Simone, il fratello di Ambra, l'intellettuale del gruppo, l'aria da saccente e il naso fin troppo sollevato per i gusti di Gaia; Andrea, così piccolo da arrivare a malapena, senza dispiacersi, al seno della maggior parte delle ragazze e che per compensare parlava per tre volte la sua altezza; Matteo, cui bastava strizzare un occhio per venir attorniato da una folla di ragazzine con la bava alla bocca, ed Elia. Elia, il biondo taglialegna dallo sguardo assassino. Avanzava indolente, le piume sfavillanti di una bella coda a ruota che potevano quasi intravedersi dietro di lui. La sua pelle luccicante di crema solare riportava a Gaia il ricordo sfocato di una notte di un paio d'anni prima.
La Festa d'Estate. Quanti anni aveva aspettato per partecipare alla ricorrenza più antica e più esclusiva di Sirene! Unico requisito, avere un'età compresa tra i 18 e i 30 anni; si cominciava ai 12 con il conto alla rovescia.
In origine si celebrava l'arrivo della stagione calda, il 21 giugno, poi ogni generazione l'aveva trasformata di anno in anno nel festeggiamento del proibito per eccellenza. Iniziava nel primo pomeriggio e durava fino la sera successiva: tende di ogni tipo e colore spuntavano in ogni angolo di una radura in mezzo al bosco e, oltre al focolare gigantesco posto al centro, che poteva ospitare fino a cinquanta braciole, l'altra cosa che non poteva mancare era la birra, fontane di birra, castelli di birra. E la musica. Questo era dato sapere ai Fuori Età, niente di più.
La realtà, poi, era ben diversa. Appena maggiorenni, Gaia e Ambra avevano contato le settimane che le separavano dalla Festa Senza Regole, ma raggiungendola si erano subito rese conto che i racconti non arrivano nemmeno a sfiorare quello che stavano vedendo. Prima di tutto i vestiti erano considerati un dettaglio irrilevante, soprattutto a sentire i gemiti carichi di piacere provenienti dalla foresta, che riuscivano a tratti a superare l'impianto stereo; poi la leggera nebbiolina che offuscava la radura non doveva esser composta solo da vapore acqueo perché, se a lungo inalata, elargiva felicità; infine, i cocktail colorati che proponevano in alternativa alla birra erano di una bontà assoluta ma piegavano la gente al secondo bicchiere, letteralmente.
Nonostante non fossero abituate a quel caos, le ragazze si erano lanciate nella mischia accompagnate da Simone e dai suoi amici e, a parte la prima mezz'ora di ambientamento, la serata si era confusa tra calore, fame, sete, luci e colori. Ed Elia.
L'anima peggiore della festa, lo sguardo più scuro e sarcastico della radura, il massiccio figlio del boscaiolo di Sirene se ne era rimasto al solito in disparte, attirando l'attenzione di Gaia più che se fosse stato nudo e fluorescente. In seguito, si era giustificata che con tutta probabilità quella sera aveva bevuto un bicchiere di troppo, perché a un tratto un vecchio amico era diventato appetibile come un'intera, cremosa, grondante torta al cioccolato. Non le era stato più possibile allontanarsi dalla sua presenza, nonostante Ambra continuasse a lanciarle occhiate di avvertimento.
Lui di certo non aiutava. La sua pelle abbronzata sembrava fatta apposta per essere toccata, graffiata, morsicata, i suoi occhi chiari promettevano delizie e moriva dalla voglia di strappare quella stupida maglietta per vedere cosa c'era nascosto sotto. C'era riuscita alla fine, provocandolo in ogni modo a lei conosciuto, le mani che tremavano dalla voglia di piantare le unghie nei muscoli del suo sedere, di assaggiare il sapore della sua pelle.
Elia aveva accolto senza esitazioni il suo invito e, lo sguardo serio e scuro, l'aveva bruscamente trascinata tra gli alberi. Gaia si era affrettata dietro al suo passo lungo, le dita umide, gli occhi confusi, il respiro ansimante. Svoltando dietro a un cespuglio di rovi il ragazzo si era appoggiato a un vecchio ponte di pietra e lei aveva fatto appena in tempo a chiedersi dove fossero, che lui l'aveva attirata senza tanta grazia verso sé. Le sue braccia le avevano circondato le spalle, imprigionandola, mentre una mano saliva a bloccarle la testa infilandosi tra i capelli sciolti. L'aveva baciata, bagnandole la bocca con la lingua, facendole seccamente intuire di dover aprire le labbra. Inspirando profondamente, Elia aveva poi perso ogni gentilezza: con una mano le aveva afferrato dolorosamente un seno, con l'altra le aveva raggiunto la gonna; oltrepassandola, aveva tentato di penetrarla senza alcuna esitazione.
Lanciando un urlo spaventato e piantandogli le mani sul petto, Gaia si era allontanata da lui di scatto e aveva cercato di tornare alla radura, correndo incerta lungo il letto del torrente quasi secco, finché non aveva trovato un grosso masso franato e si era fermata a prendere fiato. Sapeva di doversela prendere solo con se stessa.
Voltandosi, aveva sussultato sorpresa vedendo, tra i tronchi caduti coperti di edera, la bocca di un'ampia grotta; con l'oscurità della notte era apparsa ancor più nera, intimorendola e attraendola. Illuminata a malapena dalla Luna, si era seduta sull'entrata giocherellando con qualche vecchio mattone rotto, segnando la pietra di polveroso arancione. Aveva svuotato la mente in un istante, seguendo linee insensate, poi si era alzata, decisa a trovare il sentiero di ritorno.
Con la mente più chiara, aveva seguito la musica ed era tornata alla radura della Pazza Gioia mentre rifletteva su quali provvedimenti prendere circa il suo comportamento futuro: a partire da un bel corso di difesa e dall'eliminare qualsiasi tipo di gonna dal suo armadio.
In seguito si era trovata spesso nei pressi della grotta, soprattutto durante le passeggiate che l'aiutavano a scaricare le tensioni della giornata. Aveva cominciato con il portarsi dietro cavalletto, tele e colori, scoprendo in quel posto la tranquillità che non poteva trovare in casa. Con il tempo era diventato l'unico luogo in cui poter essere veramente se stessa e vi aveva relegato qualsiasi emozione troppo intensa.
Lentamente Gaia tornò alla realtà, rendendosi conto che Elia si era girato dalla sua parte e la stava guardando, sorridendo con malizia.
Maledizione a lui e al suo fascino animale...
Con una smorfia irritata si riaggiustò gli occhiali da sole sul naso.

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