Capitolo 20

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Diana, angosciata dall'urlo, s'infilò svelta nella grotta, scivolando sconvolta accanto al corpo disteso a terra: l'uomo, accaldato e sudato, si dibatteva disperato strappandosi le vesti di dosso. Non riuscendo a capire di che male soffrisse, la ragazza si diresse di corsa al fiume e tornata alla grotta accese un fuoco. Dopo avergli tolto gli abiti strappati, lo deterse con l'acqua ghiacciata dalla notte, finché non lo vide calmarsi e respirare più lentamente.

All'improvviso Massimo aprì gli occhi, afferrò la ragazza e la strinse tra le braccia, baciandola poi con infinita dolcezza, accarezzandole le labbra con le labbra, facendole scoprire un mondo sorprendentemente piacevole...


L'acqua densa di colore volò scintillando alla luce della Luna, spezzandosi in migliaia di gocce che abbrancarono Michele in un gelido abbraccio. Gaia trattenne il respiro per un attimo; poi, cosciente di averla combinata grossa, cominciò lentamente ad arretrare. Le spalle gocciolanti del mangiafuoco si alzavano e abbassavano al ritmo del respiro, sempre più velocemente. Lui non si muoveva e la ragazza cominciò a preoccuparsi sempre più.
La pazienza lo abbandonò all'improvviso. Totalmente, violentemente. Una carica pesante di adrenalina cominciò a farsi strada tra le vene e ad espandersi per tutto il corpo. Irritazione, rabbia e desiderio fecero il resto. Scattò improvviso, gli occhi assottigliati in un cipiglio minaccioso. La guardò per un secondo, trasmettendole tutta la voglia che aveva di lei: non avrebbe accettato obiezioni.
Gaia percepì perfettamente le sue intenzioni: il cuore che aveva cominciato a battere nella cassa toracica come se volesse uscire e scappare al posto suo; i piedi incollati a terra, gelidi per il contatto con il pavimento in pietra, incapaci di rispondere alle sollecitazioni del cervello; il sangue che pompava caldo sul suo viso e quella tensione, come una piacevole puntura, che le stava inondando il corpo di ansia.
Non si rese nemmeno conto dell'istante che lui impiegò ad annullare la distanza tra loro. Se lo trovò semplicemente appiccicato al corpo, le mani aggrappate disperatamente ai capelli, i denti sulle sue labbra, decisi a punirla per la sua stessa esistenza. La ribellione a quell'assalto la irrigidiva: con i pugni chiusi e gli occhi spalancati, stava raccogliendo le forze per reagire, quando il bacio cambiò.
Gaia vide quegli occhi scuri cambiare, diventare più neri ancora, socchiudersi mentre le sue labbra scivolavano languide sulle guance, sul mento, sul collo e ancora sulla bocca, provocandole brividi che s'irradiavano fino al seno. Rilasciando i muscoli contratti delle braccia, si lasciò sfuggire un gemito traditore.
A quel suono Michele perse completamente il controllo della situazione e il comando passò ad altre parti del corpo: le sue dita si lasciarono scivolare lentamente tra i boccoli scuri raggiungendo la schiena, immergendosi nella carne morbida, spingendola a schiacciarsi al suo petto. Il bacio che le depredò le labbra non era gentile, dolce, appassionato. Era rabbia pura; rabbia per essersi costretti a stare l'uno senza l'altro. Perché sapevano entrambi che sarebbe successo, prima o poi: che avrebbero abbattuto le dighe e lasciato scorrere il fiume. Gaia non aspettava altro. Non voleva che se ne andasse. Voleva provare ogni singola sensazione che lui potesse darle.
Il bosco, il torrente, il freddo scomparvero, lasciando esistere tra loro solo il rumore dei respiri, la sensazione di pelle straniera e gli occhi dell'altro.
Il rancore era stato messo da parte, rimandato al risveglio della mente. Sentire la lingua di lui sulle labbra le attorcigliava lo stomaco, facendole desiderare qualcosa di più, quel qualcosa che aveva cercato per anni e che ora sentiva veramente vicino.
Le mani di Gaia si infilarono sotto il gilet bagnato che ancora sapeva di limone e sudore e le unghie trovarono la pelle abbronzata, lasciandola ferita e arrossata nella loro corsa attraverso la schiena. Dalla gola del mangiafuoco scaturì un basso ruggito di protesta, ma si limitò a staccarle le mani dai capelli e attaccarle saldamente alle cosce nude, percorrendole verso l'alto, plasmando ogni singolo centimetro di pelle che incontrava nel suo cammino. Il corpo ipnotizzato da quella carezza, Gaia tentava di trattenere il gemito involontario che le risaliva la gola, ma cedette nel sentire quelle mani avvolgerle i seni e, con la bocca premuta su quella del mangiafuoco, mugolò tutta la sua resa.
Michele, sentendola, la circondò con le braccia in una morsa decisa.
«Gaia, se vuoi che mi fermi devi dirmelo adesso», le mormorò in un orecchio. Poi la guardò negli occhi. Vide il suo viso trasformato: gli occhi verdi lo divoravano con dolcezza, illuminati da un sorriso sereno e guance accaldate.
«Non voglio che ti fermi», disse lei in un bisbiglio; sollevando una mano gli accarezzò la guancia ruvida di barba. Lui la strinse ancora più energicamente.
«Devi essere sicura, scricciolo, perché dopo non si torna indietro. Per andare dove vorrei portarti, devi fidarti di me.»
No, non era sicura di essere pronta; ma si può mai essere preparati per qualcosa che non si conosce? La forza che aveva impiegato nel tenerlo a distanza ora lo avvicinava a sé; sapeva solo che lo voleva vicino, più di quanto potevano esserlo in quel momento i loro corpi abbracciati.
Lo fissò negli occhi cercando la sicurezza di una riposta, e le bastò un istante per scegliere di fidarsi di lui. Prima che la mente le ricordasse quanti difetti c'erano nella sua decisione, gli si affidò completamente, accettando l'istinto come linea guida.
«Insegnami, Michele, e proteggimi», gli chiese, appoggiandogli una guancia sul collo.
La risposta lo bruciò da dentro, quanto solo poteva farlo ingoiare una torcia accesa. Circondandole la vita, il mangiafuoco si sollevò la ragazza contro, cospargendole il viso di baci, mordendole il collo nell'improvvisa necessità di marchiarla come sua proprietà.
Poi le afferrò il bordo dell'inconsistente camiciola, alzandogliela sopra alla testa e sfilandogliela senza fretta. La sua attenzione si monopolizzò sulla vista del corpo di Gaia abbracciato dalla Luna.
Una pioggia di boccoli le scivolò attorno alle spalle, attirandolo come una falena alla luce. I suoi palmi vi s'immersero mentre la bocca di lei lo raggiungeva, sfiorandogli delicatamente uno zigomo, un labbro, la spalla, seguendo il percorso delle mani mentre gli sfilava il gilet.
La sua pelle implorava di toccare quella del mangiafuoco e Gaia pensò solo a esaudirla, facendole combaciare, strofinare, accarezzare. L'abbraccio con cui lei l'avvolse lo fece rabbrividire per l'urgenza di provare, sentire di più. Avvertì le mani della ragazza percorrergli i fianchi, infilandosi tra i pantaloni e liberandolo di quell'ultimo ostacolo. Michele attanagliò le sue gambe, percorrendole la curva del sedere senza alcuna delicatezza, issandosela prima contro e poi adagiandola su di una roccia di fronte a lui.
Sussultando nel sentire la freddezza del masso sostenerle la schiena, Gaia s'inarcò accogliendo i denti e le labbra del mangiafuoco che le percorrevano il corpo dal collo ai capezzoli, dal ventre alle cosce. Poi il suo respiro caldo la sorprese fra le gambe e la lingua le sfiorò le pieghe umide, facendole istintivamente spalancare le ginocchia. Si aprì a lui, alla mano che con decisione s'immerse dentro di lei, facendole improvvisamente scoppiare il cielo negli occhi. La vista appannata e i sensi concentrati su ogni singola cellula del corpo, stritolata da ondate di piacere, Gaia lasciò che il grido trattenuto in gola uscisse e si espandesse tra gli alberi.
Il mangiafuoco la guardò, gli occhi pieni di adorazione, abbandonata sulla roccia mentre lentamente recuperava fiato. Le concesse il tempo per riprendere contatto con la realtà, accarezzandole senza fretta la gamba abbandonata sulle sue spalle, baciandone distrattamente la caviglia o il collo del piede. Quando il respiro tornò normale, Gaia alzò lo sguardo e Michele si raddrizzò davanti a lei, obbligando i suoi occhi a percorrergli il corpo, lasciandola abituarsi alle loro differenze.
Lei lentamente si alzò, bloccandosi a pochi centimetri da lui. «Vorrei sentirti dentro me», sussurrò arrossendo fino al collo.
A Michele non restò che accontentarla. Cadde in ginocchio davanti a lei e, trascinandola con sé, si sedette tra le foglie, insegnandole a conoscerlo, permettendole di accarezzarlo con dita lievi. Consapevole del dolore che le avrebbe inflitto, se la portò infine in grembo, cingendosi con le sue gambe, e le concesse piena libertà.
Inginocchiata sopra di lui, Gaia venne presa dal panico, finché Michele non le circondò la vita con le braccia, posandole il viso tra i seni, baciandoli e mordendoli.
Entrò in lei all'improvviso, senza lasciarla ragionare, continuando ad accarezzarla. Il dolore le annebbiò per un istante la mente, presto sostituito da un massaggio ritmico che le riempiva il ventre e il cuore. Aprì prima un occhio, poi l'altro e vide il mangiafuoco guardarla intensamente.
«Lo sai quanto sei bella?», le mormorò lui abbracciandola stretta. Gaia perse la consapevolezza della realtà, iniziando istintivamente a oscillare assieme a lui. Il movimento li portava a cercarsi, a separarsi in una rincorsa infinita, inseguendo una promessa che sembrava nascere nel punto in cui si univano.
Il bosco li protesse quando infine si trovarono, mentre i loro gemiti e le urla liberate li avvolgevano, lasciandoli crollare l'uno sull'altro.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 04, 2016 ⏰

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