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Love, time, death. Let's begin now.

La musica ad alto volume sovrasta le voci delle persone, rimbombando nei miei timpani. L'effetto dell'alcol inizia a sentirsi, amplificando i rumori attorno a me.
Le luci mi fanno girare la testa e per un momento devo reggermi a una ragazza mentre cerco l'uscita.

Un'altra serata in cui la paranoia mi tiene compagnia, facendomi soffocare.

Trovata la porta che dà sul retro, attraverso il giardino scalza, noncurante dei ragazzi stesi a terra a causa dei troppi drink.
Mi siedo sul prato con il viso rivolto alle stelle.
Osservo il cielo in silenzio, mentre la sensazione di solitudine, ormai abitudinaria, torna ad attanagliarmi.
Gli occhi cominciano a bruciare, per il troppo alcol mi dico, e sento le lacrime che lentamente bagnano le mie guance.
Ormai non ci faccio più caso.
Piango per nulla o forse per tutto. Stavolta però non a causa dei ricordi, che non mi fanno dormire da molto tempo ormai.
Piango per me stessa e per quello che sono diventata.
Brividi provocano scosse sul mio corpo freddo e le lacrime aumentano mentre il desiderio di tornare a qualche anno fa si insinua in me.

"Smettila."
Mi volto di scatto.
"C-cosa?" sussurro e tra i singhiozzi scorgo la figura dalla quale proviene la voce.
"Smettila di piangere, mi dà fastidio."

Mi accorgo solo allora di un ragazzo steso qualche metro in lontananza da me; il suo viso illuminato dal chiarore della luna. Fissa il vuoto, o forse scruta qualcosa nel cielo stellato. Non l'ho mai visto prima e dal suo accento marcato suppongo che non sia di qua.

Faccio un respiro profondo e tento di far cessare le lacrime. Che spettacolo patetico sarò sembrata alle persone che mi avranno vista passando di lì.

"Piangere è stupido. E poi hai tutto il trucco colato." dice con tono indifferente.

"Senti, non so chi sei e non mi interessa la tua opinione quindi no-"

"Luke Hemmings."

Lo guardo leggermente confusa e in mezzo all'oscurità riesco a vederlo roteare gli occhi.
"Non sapevi chi fossi? Bene, ora lo sai."
"Ok, Luke Hemmings, ora mi lasci stare?" chiedo infastidita e uno sbuffo esce dalla sua bocca.
Il mal di testa nel frattempo si intensifica.

"Come ti chiami?"

"Non si risponde a una domanda con un'altra domanda." ribatto, con mia sorpresa.
"Non giocare. Ti ho chiesto come ti chiami."
In questo momento preferirei giocare con la sua faccia. E una mazza.

"Alaska Gray"
Fa un ghigno.

Controllo l'orario. Le 2.47 del mattino. Come sempre bere fino a stare male per non far riaffiorare in mente i pensieri non ha funzionato.

Mi alzo dal prato per andare via.
"Hai come tornare a casa?" Mi osserva aspettando una mia risposta.
"Ti avrei risposto di farti i cazzi tuoi ma la testa mi scoppia e il pensiero di aspettare un taxi a quest'ora non mi va per niente."
Fa un sorriso e si alza.
"Vieni con me."

Mentre è intento a ripulirsi i pantaloni dall'erba del prato, ho occasione di osservarlo meglio.
È molto alto e la sua figura possente troneggia sul mio corpo minuto.
I capelli biondi, spettinati, sono rivolti all'insù. Mi soffermo poi sui suoi occhi e ne rimango estasiata. Con la poca luce emessa dalla luna riesco comunque a cogliere le varie sfumature dei suoi occhi cerulei. Sono di una tonalità di azzurro così freddo che mettono quasi in soggezione. Resterei ad osservarne i dettagli per ore intere.

Non appena si accorge del mio sguardo su di lui fa un sorriso e ai lati della bocca compaiono due fossette.
Ha un piercing al labbro: un anellino nero, semplice.
Devo ammettere che gli sta davvero bene.

Si avvicina a me ed entriamo nel locale, dove subito la pesante aria di fumo invade le mie narici.

Mi afferra la mano e intreccia le sue dita con le mie. A quel contatto rabbrividisco e lui se ne accorge, rafforzando così la presa.
Ci facciamo strada in mezzo alla folla e raggiungiamo l'uscita, dove c'è il parcheggio.
Si avvicina a una moto nera, la sua, e mi porge il suo casco.
Dopo vari tentativi falliti di agganciare la cinghia, alla fine riesco ad incastrarla e salgo. Infine gli spiego la strada da percorrere.
"Non accelerare troppo o giuro che non torni a casa." lo minaccio in tono serio cercando di essere convincente, ma a quanto pare non riesco nel mio intento perchè ride silenziosamente e mette in moto.

Il vento mi scompiglia i capelli e l'aria fredda mi fa sussultare.
Un senso di libertà e di leggerezza mi pervade e, per un momento, non penso a nulla.

Il fatto che sia salita sulla moto di uno sconosciuto adesso non mi importa, e neanche il pensiero di ciò che mi diranno i miei una volta tornata a casa.

Mi sento viva, e dimentico per qualche istante tutto il peso di un passato che si aggrappa con le unghie su di me, per non lasciarmi mai.

Luke accelera e mi stringo a sè. Ha un buon profumo.

Esco dal mio stato di trance e osservo il paesaggio. La città di San Francisco è davvero bellissima la notte.
Le luci che la avvolgono lasciano senza fiato.
In dieci minuti arriviamo nel mio quartiere e la vista della mia casa provoca in me un senso di angoscia. Tutto come prima.

Scendo dalla moto e gli restituisco il casco.

"Sai che voglio essere ripagato?" domanda e riesco a scorgere un sorrisetto.

"Sai che a mala pena ho i soldi per un panino al Mc?"

Fa un accenno di risata e scuote la testa.
"E chi ha parlato di soldi? A me va bene anche altro."
"Tipo?" chiedo con tono innocente, fingendo di non capire.
"Un bacio andrebbe bene."
Il solito coglione, perfetto.

"Fottiti Hemmings." trattengo un sorriso.
"In teoria dovrei essere io a fottere te." dice con tono divertito.

Mi volto cercando di non far notare il mio rossore e mi incammino verso la porta.

"Buonanotte." dico e senza aspettare la sua risposta entro in casa.

E ora a noi due, insonnia.

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Ciao a tutte, "Alaska" è la mia prima fanfiction ed essendo una luke's girl chi può essere il protagonista se non lui? Spero che questa storia possa piacervi. Scusate per eventuali errori, ogni critica è ben accetta.

all the love xx

Alaska |lrhDove le storie prendono vita. Scoprilo ora