Capitolo 8: Prima prova

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Mi sveglio e cerco di togliermi dagli occhi la pezza bagnata che qualcuno mi ci ha messo, ma una mano me la sposta sulla fronte.

-Non osare alzarti finché non te lo dico io e, fidati, non sarà molto presto.- la voce sembra preoccupata.

-Cento?- azzardo aprendo un occhio per metà ma ho ancora la vista appannata, quindi lo richiudo.

-Chi altri potrei essere?- sembra sollevato ora che sa per certo che sono ancora viva.

-Per quanto tempo sono rimasta priva di sensi?- chiedo, e lui risponde: -Tutto il giorno, è sera. Tengo a precisare che oggi il giorno è durato tredici ore, durante le quali hai fatto stare tutti in pensiero.

-Ti sei preoccupato? Che carino.- ridacchio prendendolo in giro e facendolo arrabbiare ancora di più: -Mi avrai fatto perdere dieci anni di vita per lo spavento, Zero! Mi avevi appena parlato della tua morte ed ecco che... BUM! Arriva un Gralichio che, puntualmente, minaccia di ammazzarti. Non ho fatto altro che scorrazzare per il bosco a raccogliere ortica per tutto il giorno.

-Ma allora non mi hai proprio ascoltato!- sbotto rimproverandolo -Ho detto che sarei morta durante una Minaccia. Quello era solo uno stupido Gralichio, ne ho già ammazzati a decine e... aspetta, sei andato nel bosco?

Balzo a sedere ma Cento mi costringe a tornare stesa.

-Che c'è di male? Ho colto l'ortica e ti ho salvato la vita.

-Il bosco è la tana dei Gralichi! Ce ne sono a decine! Avrebbero potuto ucciderti! Sei un incosciente!

Mi alzo in piedi, ignorando le sue proteste, ma barcollo e Cento mi prende al volo prima che cada.

-Te l'avevo detto.- sussurra sulle mie labbra, ma io volto la testa dall'altra parte.

-Ce la faccio anche da sola.- ribatto allontanandolo con una spinta e spiccando il volo rimanendo a qualche centimetro dal pavimento. Così facendo, però, l'impacco di ortica cade e una fitta di dolore mi trafigge. Mi piego in due e Cento mi prende in braccio, posandomi con delicatezza sul letto.

-Vai in cucina e prendi della melassa.- ordino tamponando la ferita con una foglia di ortica e lui esce. Le dita mi si riempiono di bolle ma il dolore è nulla se paragonato all'acido che scioglie muscoli e nervi in una poltiglia violetta. Cento torna con un barattolo in vetro pieno di una densa crema gialla con riflessi dorati. Apro il contenitore, intingo due dita nella melassa e spalmo quella roba appiccicosa sulla ferita, che smette immediatamente di sfrigolare come la frittura di pesce comincia a cicatrizzare. Tiro un sospiro di sollievo appena finisce di rimarginarsi, lasciando solo una lunga linea chiara che mi attraversa la coscia.

Cento è rimasto a bocca aperta e l'unico commento che riesco a fare è: -Che peccato, adoravo questi pantaloni.

-Fammi capire.- dice lui con una calma pericolosa -Hai giaciuto agonizzante nel mio letto per tredici ore, facendomi spaventare a morte, e l'unica cosa che dovevo fare era impiastricciarti la gamba di melassa?!

-Anche da agonizzante e in fin di vita non ti avrei permesso di sfiorarmi nemmeno con un di...- non ho ancora finito di parlare e Cento mi interrompe, una sfumatura di rabbia nella voce: -Sono stato io a portarti in braccio fin qui, io sono per il bosco fino a perdere il fiato per raccogliere ortica, io ti ho medicato le ferite, io ti ho cambiati l'impacco di ortica affinché le foglie non fossero mai secche, io ti sono restato accanto per tredici ore, in pensiero per te, attanagliato dai sensi di colpa, io...

-Cento.- lo interrompo posandogli una mano sulla spalla -Grazie.

Sorride e una ciocca di capelli corvini scivola davanti ai suoi occhi che, in fondo, non sono poi così spaventosi: l'occhio sinistro, quello rosso, ha un particolare luccichio che ha un che di rassicurante, come se promettesse protezione; l'occhio destro, color ghiaccio, non è freddo come sembra e, se si è attenti, ci si accorge che cambia impercettibilmente a seconda dell'umore variando da un azzurro talmente chiaro da sembrare bianco ad un blu profondo come l'oceano. Molto, molto lentamente, gli scosto la ciocca dietro l'orecchio, beandomi della sua pelle morbida sotto le mie dita. Mi avvicino a lui, annullando con una lentezza di un dolore straziante la distanza che c'è tra le nostre labbra e, un attimo prima di baciarlo... il Signor Brown apre la porta.

Gli Eredi di Peter PanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora