Capitolo 39°

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Punzie

Non appena sono cosciente comincia tremendamente a farmi male la testa. Tendo di aprire gli occhi ma la luce è troppo accecante.
Porto una mano sul viso e mi stupisco della mia forza fisica, sono troppo debole persino per stendere un braccio.

- Punzie? -

Un rumore fastidioso fa aumentare il mio mal di testa. Ma ascoltandolo bene non è semplicemente un rumore, è il suono di una voce.

- Per l'amor del cielo si è appena svegliata dalle almeno il tempo di riprendersi. -

- Ho aspettato fin troppo tempo! -

- Potete smetterla di fare tutto questo chiasso?! -

E' la prima cosa che riesco a dire non appena trovo la forza di aprire bocca.
Subito dopo sento delle mani fin troppo fredde stringere la mia.

- Stai bene adesso? -

Cerco di annuire debolmente.
Mi guardo intorno cercando di capire dove mi trovo, non credo di essere a casa mia.

- Ti ho portato a casa mia subito dopo averti salvata da quel posto. -

Sembrava come se mi avesse letto nel pensiero. Non aggiungo altro.

- Sai Punzie...volevo chiederti se ricordi qualcosa, ecco. -

Mi scappa quasi un sorriso ironico. Sapevo che non aspettava altro che chiedermelo dal mio risveglio, purtroppo sarebbe rimasto deluso.

- Mi dispiace, ma non ricordo assolutamente nulla. E' come un incubo lontano e sfogato. -

- Capisco, mi dispiace per tutto, quello che hai dovuto passare e sopportare...è solo colpa mia. -

Mi tiro un po' dal lettino accigliandomi, non capivo le parole di Jack.

- Ma cosa...perché dici così? Io non credo affatto che quello che mi è successo è stata colpa tua e non dovresti pensarlo neanche tu. Mi hai salvata, è questo che conta. -

 Jack cercò di sorridere, ma sapevo che le mie parole non l'avevano convinto abbastanza da pensare che non fosse colpa sua.

- Credevo di averti perso... -

Lo guardo seria stringendogli la mano fredda.

- Non mi perderai mai. -

Dico decisa delle mie parole. Gli accarezzo il viso mentre lo vedo avvicinarsi, senza neanche pensarci lo bacio sulle labbra.

- Mi dispiace interrompervi, siete così carini ma...Jack non credi sia ora? -

Jack guarda male la sorella ma annuisce arrendendosi.

- Di cosa state parlando? -

Intervengo confusa guardando prima Emma e poi Jack.

- Dei tuoi genitori. Non sai come sono in pensiero per te Punzie.L'ultima volta che gli ho fatto visita erano distrutti. -

Abbasso lo sguardo quasi con le lacrime agli occhi. La mia famiglia era distrutta ed io ero sana e salva, ma loro ancora non lo sapevano.

- Hai ragione, non dovrei stare qui un altro minuto in più. Quanti giorni sono passati dal mio rapimento. -

- Io direi all'incirca quattro settimane. -

Quasi sobbalzo giù dal letto, era passato troppo tempo.

- Andiamo. -

- Ehm...dovresti prima vestirti. -

Aggiunge Jack con un tocco di malizia.

- Penserò anche a quello. -

In un'ora all'incirca sono pronta e vestita, ma non del tutto pronta ad affrontare i miei genitori.

Mi dispiaceva ammetterlo ma avevo paura di rivederli, cosa gli avrei potuto dire?

- Vuoi che ti accompagno o preferisci andarci da sola? -

- No accompagnami, ti prego. -

Avevo bisogno ancora una volta di Jack, della sua forza anteriore.
 Così insieme ci incamminiamo verso la stradina che portava nel mio giardino di casa.

Per tutto il tragitto lo tengo per mano, come per alleviare la mia tensione e lui sembra capirmi e non aggiunge altro.

Il cancello stranamente era aperto, così decidiamo di entrare e bussiamo alla porta.
Un rumore di passi si fa sempre più vicino e sulla soglia compare la figura di mio padre.

Mi fissa per un istante. Non mi aveva ma guardato così. Nei suoi occhi c'era dolore, ansia e immensa tristazza.
Ma quando mi guardò i suoi occhi azzurro chiaro si illuminarono, un sorriso comparve sulle sue labbra e delle lacrime rigarono il suo volto.

- Punzie sei proprio tu? -

Annuisco mentre sento già le lacrime bagnarmi il viso, subito dopo vedo correre mia madre verso di noi sentendo pronunciare il mio nome.

- Oh mio dio sei viva! -

Urla abbracciandomi con una forza che non avrei mai ritenuto possibile.

Ero davvero felice. Per un istante avevo come dimenticato di essere stata adottata, era la mia famiglia. Non mi importava qual'era il mio passato, non avrei mai potuto sognare di avere una famiglia migliore di questa.

Ancora abbracciati entriamo in casa.
Mio padre guarda Jack, allunga il braccio e gli stringe la mano.
Jack rimane sorpreso, ma stringe altrettanto la mano.

- Me l'hai riportata a casa Jack. Grazie. -

E cogliendo tutti di sorpresa, lo abbracciò.

- Non volete dirmi cosa succede, ne come sei riuscita a tornare.Bene... Ma so che il merito è tuo, Jack. -

Lui resta in silenzio come gli avevo pregato e fortunatamente non chiedono altre spiegazioni. Erano solo felici di riavermi a casa, questo gli bastava.

Jack resta anche a cena da noi, perché mio padre aveva insistito troppo per poter rifiutare.
Va via verso sera e lo accompagno fino al cancello del vialetto.

- E' stato divertente e... commovente. -

Sorride ironico mentre lo spingo ridendo.

- Allora buonanotte. -

- Buonanotte Jack. -

Lo abbraccio improvvisamente stringendolo forte a me, mi era mancato così tanto. Lui ricambia il mio abbraccio accarezzandomi i capelli dolcemente.

- Non ho mai smesso di credere in te, anche quando sembravi sparita nel nulla. -

Rimango in silenzio a guardarlo negli occhi mentre appoggia la sua fronte contro la mia.

- Come non ho mai messo in dubbio quello che provo per te...Ti amo è una frase così complessa, ma anche così stupida...-

Lo guardo perplessa, quasi preoccupata da quelle parole così vaghe.

- Perché amare è apprezzare davvero tanto una persona. Ma se ti dicessi ti amo, sminuirei il sentimento che provo per te. -

Il battito del mio cuore inizia ad accelerare improvvisamente. Non riesco nemmeno a rispondere o a dire qualsiasi cosa che le nostre labbra si sfiorano per poi toccarsi appassionatamente.
Sento le mie guancia andare in fiamme, come se fosse di nuovo  la prima volta che lo baciai.



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