Capitolo 37

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Punzie

Apro gli occhi finalmente. Mi bruciano, ogni parte del mio corpo brucia di dolore e lividi.

Non ricordo niente, forse mi avevano picchiato o semplicemente sbattuta ripetutamente su quella superficie solida.

Tutto intorno a me è buio, non ricordo quasi più la luce del giorno.
Al mio risveglio mi ritrovo imbavagliata e legata con delle catene ai polsi, sono talmente strette che mi sento sanguinare.

Respiro a fatica a causa del fazzoletto che blocca la mia bocca. Non posso urlare, lamentarmi o alzarmi da terra.

L'ultimo mio ricordo è legato a Jack. Dall'ultima volta che lo vidi quella sera, subito dopo qualcuno mi stordì portandomi in chissà quale posto.

Con le spalle al muro non ho la forza di rialzarmi, così rimango immobile pregando che sia uno dei miei incubi. Pregando di rimanere in vita.

Ho gli occhi pieni di lacrime ma non devo piangere, devo essere forte.
Penso a mia madre, al suo sorriso, al suo buonumore. E poi mio padre, con quell'aria seria e misteriosa che riesce a sciogliersi con un solo abbraccio.

E poi c'è Jack, non troverei neanche le parole per descriverlo. Semplicemente mi rendeva felice come nessun altro. Mi proteggeva, quando ero con lui non mi sentivo mai da sola. Riempiva perfettamente quel vuoto che avevo dentro quando mi sentivo sola.

Cosa sarebbe stato di me? Cosa potevano mai volere da me?

Sarei sicuramente morta prima del previsto.
Ero fin troppo realista, non ci sarebbe stato nessun principe a salvarmi da tutto questo. Questa era la realtà.

Ma una di una cosa ero del tutto sicura;fintanto che le stelle illuminavano il cielo,grazie alla luce proiettata dalla luna, non avrei mai temuto il buio. Non temevo l'oscurità di uno spazio, ma quella dell'animo umano.

Ad irrompere quel silenzio quasi da farmi impazzire fu il rumore di una porta di ferro, doveva essere molto spessa per non far scappare qualcuno facilmente.

Rimasi ferma dov'ero, cercai di non fiatare, di sopportare il dolore. Un rumore di passi si faceva strada verso la mia direzione.

Non riuscivo a vedere niente, c'era troppo buio per individuare chi fosse l'uomo che si nascondeva nell'ombra.

- E quindi...-

La sua voce melliflua e ingannatrice si insinuava nella mia testa,  offuscando ogni pensiero felice; la luce  che viveva in lei, era l'unica lucciola a illuminarle la via in quei momenti.

- Tu devi essere Punzie. -

Il mio nome, pronunciato da lui, da quell'essere, appariva così vuoto che quasi lo sentivo come non mio.Indietreggiava, senza volerlo, con lo sguardo dardeggiante di diffidenza e inquietudine.

Cercavo dentro di me la luce,perché le parole dei miei incubi mi scivolassero addosso.

Nessuno ti vorrà mai bene né ti amerà per chi sei veramente.

Sei solo lo scrigno che contiene il tesoro, nulla di più.

Non c'è posto per te in questo mondo ingiusto e oscuro.

Bill non comprende, Emma non comprende, Jack non comprende. Nessuno, Punzie, nessuno!

Può un fiore non perire in una gelida notte d'inverno?

Il mio cuore pulsava , pompava sangue, e mi appellavo a tutta la mia forza di volontà per non mostrarmi ai miei amici così.

Serravo la mascella, ingoiavo le lacrime, resistevo.

- La ragazza con la purezza nel cuore. -

E una profonda cicatrice si riaprì dentro di me.
Cos'era?
Chi era?

Semplice: ero la ragazza con la luce dentro, colei che può curare ogni male, che può indurre sogni e speranze.

Perché non potevo essere Punzie e basta?

Mi morsi il labbro inferiore quasi da farmi uscire il sangue, con tutta la voce che avevo in corpo urlo a quell'ombra maligna di andarsene via.

- Lasciami in pace! Vattene,vattene via! Sei solo un bugiardo. -

Urlando la benda che mi copriva la bocca si sfilò scivolando sul mio collo.

- Oh, come vuoi, raggio di Sole. Ma non credere, io sono sempre qui.-

Sorrise maligno , sfiorandomi con l'indice il petto , in prossimità del cuore.

- Non sei il solo.-

Con malagrazia, dopo una manciata di secondi,scaccio la mano dell'Ombra, la quale ghignò.

- Lo so, lo so: luce, Sole e blablabla. Vediamo chi vince, raggio di Sole?-

E sparì, inghiottito dal buio.

Mi portai una mano al petto, col respiro affannato. Con la mano libera mi  asciugo le guance; non mi ero accorta di aver dato libero sfogo alle lacrime.

Il mio cuore, così colmo di luce e al tempo stesso d'oscurità. Avrei mai smesso di guerreggiare con me stessa? No, ovviamente, altrimenti non sarei stata umana.

- Che cosa vuoi da me? -

Urlo con tutto il fiato che mi rimaneva.Il portone spalancato stava per richiudersi nuovamente ma quella voce fredda parlò per l'ultima volta.

- Non è te che voglio,giovane sognatrice. Sei solo un'esca. Tutto a tempo debito. -

No! No!

Ancora un'altra notte rinchiusa in quelle quattro mura e sarei impazzita.

Penso subito a Jack. Voleva lui forse? Era per questo che mi aveva rapita? Per attirare lui e fargli del male?

Non l'avrei permesso, avrei sofferto anche il doppio pur di non farlo arrivare da lui.

Tremando per il freddo sfrego le mani gelide e un raggio flebile di luce si fa spazio tra le mia mani.

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