Namid
Namid Cox.
Nonostante ciò che avevo detto a Russell il giorno prima, quel nome mi era rimasto in testa per tutta la notte. La mattina dopo udii il campo svegliarsi e pensai che forse era ora di chiamare anche lui, per evitargli un'altra sfuriata.
Aveva massacrato i miei amici solo due giorni prima e io avevo cercato di sfruttare ogni occasione per fuggire da quello che ritenevo un mostro; non negavo di volerci provare ancora, ma avevo notato quanto quell'uomo bianco fosse diverso dagli altri.
Mi aveva salvata, si era preso una grande responsabilità con Camicia Blu ed era rispettato dai suoi compagni; e allo stesso tempo era l'essere più sgarbato e cinico che avessi mai incontrato.
Era un uomo buono, anche se aveva ucciso. Anche se non lasciava mai la pistola nella tenda.
All'improvviso fui stordita da un ricordo e rimasi paralizzata a stringere con forza le coperte sotto di me.•••
Non erano passati neanche due inverni da quando mia madre se n'era andata, lasciandomi sola con mio padre.
Stavo giocando con le altre bambine, quando il vecchio Viho si avvicinò alla nostra tenda e io mi nascosi lì vicino per origliare: mi piaceva il vecchio Viho, era saggio e buono con noi bambini.
Ma quando andava a parlare con qualcuno della tribù senza chiamare un consiglio, allora la cosa era personale e segreta.«Waquini, questa notte il Grande Padre mi ha fatto visita in sogno, sotto forma di un magnifico cavallo dal mantello dorato.»
«È una grande cosa, Viho, ma perché sei venuto a dirlo a me?»
«Perché il Grande Padre mi ha parlato di tua figlia.»
«Della piccola Namid? Perché?»
«Sai il perché, Waquini. Non ha solo il tuo sangue nelle vene, ma anche quello di sua madre... Una donna bianca.»
«Elizabeth se n'è andata, ormai. Non tornerà e la bambina crescerà con la nostra tribù. Così deve essere, è mia figlia!»
«La nostra tribù è forte perché apparteniamo a questa terra come un branco di lupi o una mandria di bisonti. Ma lei? Lei non appartiene alla terra dei Cheyenne. Forse non appartiene neanche al popolo degli uomini bianchi, ma arriverà il giorno in cui sentirà il suo richiamo.»
«E quindi cosa suggerisci di fare? Non ha nessuno al mondo, anche se il suo sangue è misto sta bene qui!»
«Tu non puoi e non devi fare nulla: sarà lei a dover intraprendere la sua ricerca, per capire chi è e cosa vuole veramente. Io sono solo venuto ad avvertirti: quando sarà il momento, non metterti sulla sua strada!»
«Mia figlia non lascerà mai il suo popolo!»
«Lo spero, Waquini, lo spero.»
•••
«Namid? Cosa succede?»
Russell mi fissava perplesso dall'ingresso della tenda. Lo guardai smarrita, mentre la mia mente iniziava a collegare i pensieri e a comprendere le parole di Viho; senza rendermene conto le lacrime iniziarono ad uscire dai miei occhi, mentre io maledicevo il destino che mi aveva messo in quella situazione.
Russell si avvicinò cauto, ma io non volevo avere a che fare con lui o con gli uomini bianchi:
"Io sono una Cheyenne, maledizione!"«Namid! Ti senti male?»
La sua voce era bassa e roca, impossibile da ignorare.
Incrociai nuovamente il suo sguardo e vi lessi tutta la preoccupazione che in quel momento dovevo procurargli, rannicchiata sul giaciglio pallida e tremante.
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The Railroad
Historical FictionWyoming, 1866. Russell 'Colt' Walker sa bene cosa significa sopravvivere: da quando la Guerra Civile è finita, lasciandogli in dono ferite più o meno visibili, non ha fatto altro. E come lui molti altri dipendenti della Union Pacific, una delle d...