The attack

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Erano passati tre giorni dall'attacco degli indiani ai nostri rifornimenti: i corpi dei conducenti dei carri riposavano sotto rozze croci di legno, sperdute in mezzo ai freddi campi del Montana.
Potevo quasi respirare la cupa tensione che gravava sui miei compagni e sul nostro lavoro: il campo era avvolto da un'atmosfera di allerta e terrore.
Eravamo tagliati fuori dal resto del mondo e non sapevamo se e quando sarebbero arrivati i rinforzi promessi... E senza i rifornimenti avremmo dovuto procurarci da soli il cibo, mentre polvere da sparo e proiettili erano razionati.
Fu in questo clima che uno dei nostri esploratori, la sera, entrò al galoppo al campo e smontò al volo davanti alla tenda del generale Dodge: aveva avvistato il bivacco di una brigata Cheyenne.
Ci fu un gran caos non appena la notizia si sparse per il campo, un misto di rabbia e paura che fu sedato solo dalla proposta del comandante.

«Gli uomini capaci di sparare mi seguano come volontari e riceveranno una ricompensa di quindici dollari!»

La folla rumoreggiò impressionata: era l'equivalente di un mese di lavoro!
Abraham si rifiutò di partecipare, ma Chuck, Lee e i fratelli Lynch furono tra i primi a mettersi in fila.

«Tu che fai, Colt? Non vieni?» mi chiese John. Riflettei per una manciata di secondi sotto lo sguardo insistente dei miei compagni di squadra.
Ad allettarmi non era tanto il pensiero dei soldi che avrei guadagnato, né ero infiammato da un qualche ardore patriottico, sebbene la morte di quei poveri diavoli mi avesse indignato; no, il mio unico pensiero, da tre giorni a quella parte, era l'interrogativo rappresentato dall'indiana dagli occhi blu. Non appena mi stendevo sul giaciglio la sera, quando il mio unico desiderio era sprofondare in un sonno tranquillo, il suo sguardo fiero e sorpreso mi appariva davanti agli occhi e mi perseguitava anche in sogno.
Se partecipando a quella spedizione avessi avuto anche solo una possibilità di vederla e porle le mille domande che mi assillavano...

«Vengo con voi!» esclamai, deciso, mentre Abraham scuoteva la testa perplesso.

«Sta' attento alla tua ferita e non fare gesti avventati!» si raccomandò mentre io sellavo il cavallo che mi avevano affidato.

«Sei peggio di una vecchia comare, Abraham»

•••

Gli indiani erano una ventina in tutto e sostavano in una conca tra le colline, un luogo riparato ma molto adatto, per nostra fortuna, ad un'imboscata.
Avevamo dalla nostra parte il vantaggio numerico e l'effetto sorpresa, ma i Cheyenne erano noti per essere combattenti agguerriti e instancabili, perciò l'esito dello scontro non era così scontato come si potrebbe pensare.
Il generale Dodge si accarezzò la lunga barba scura valutando la situazione e decidendo come attaccare:
«Bene, signori, preparatevi a lanciarvi su quei selvaggi con tutta la forza della cavalleria!»

Inarcai le sopracciglia e mi feci avanti:
«Con tutto il rispetto, signore, sarebbe una mossa avventata.»
Udii i miei amici imprecare sottovoce e il resto degli uomini trattenere il fiato: non si era mai visto un picconatore che teneva testa al generale Dodge.
Lui mi squadrò da capo a piedi:
«E tu chi saresti?»

«Il mio nome è Russell Walker, signore, ma al campo mi chiamano Colt!» risposi con un cenno del capo.

«Colt, eh? Ho sentito parlare di te: hai combattuto contro i sudisti.»

«Sissignore.»

«E dimmi, Colt, perché sei contrario a schiacciarli con la forza dei numeri?»

«Perché per quando riusciremo ad avvicinarli il nostro numero sarà stato decimato dalle loro frecce. Siamo in una posizione sopraelevata che da un lato ci favoreggia, ma dall'altro è una vera e propria trappola: non sono poi così pochi rispetto a noi, questi indiani, e lanciandoci giù dal pendio saremmo un bersaglio perfetto.»

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